Il ruolo delle socialdemocrazie europee di fronte all'austerità, la crisi di legittimità delle istituzioni europee, le difficoltà della sinistra nella desertificazione dei corpi intermedi.
Su questi e su altri temi, grande dibattito vi è a sinistra. Abbiamo ritenuto utile, ai fini della intensificazione della discussione sul futuro dell'Europa e sulle prospettive dell'europeismo “di sinistra”, raccogliere le proposte dell'eurodeputata Elly Schlein.
1) Le socialdemocrazie europee hanno contribuito alla costituzione delle politiche di austerità e tale scelta viene rivendicata con forza dalla famiglia dei socialisti e dei democratici europei. Tali posizioni hanno spinto esponenti provenienti dalla tradizione socialdemocratica, come Stefano Fassina, a mettere in discussione le capacità della socialdemocrazia europea di intercettare la rappresentanza delle classi più colpite dalla crisi economica. Ritiene vi sia ancora un ruolo da ricoprire per le socialdemocrazie europee nel ridisegnare un'alternativa all'attuale sistema economico?
Spero di sì, anche se siamo fuori tempo massimo. La gravità della vicenda greca, ad esempio, affonda le proprie radici ben più lontano ed ha portato alla luce, nei leader dei socialisti europei, quella che ho definito come una Sindrome di Stoccolma. Occorre però fare le giuste distinzioni: anche io appartengo al gruppo parlamentare socialista e democratico, un gruppo che sull'austerità ha una posizione di forte contrarietà. Questo continuo a ribadirlo in ogni circostanza. Il problema è che poi, ovviamente, occorre essere conseguenti con le posizioni che si assumono. La vicenda greca ha fatto emergere per l'appunto una Sindrome di Stoccolma perché ritengo che i leader socialisti al governo - penso agli esponenti più di spicco come Renzi e Hollande - hanno mancato completamente l'occasione di incidere su quel dibattito di modo da fargli avere un esito diverso da quello che ha avuto e che giudico negativo. Mi è sembrato di vederli innamorati dei propri rapitori.
Il futuro dell’Europa a tempo debito
C’è Possibile, il nuovo movimento fondato recentemente da Civati dopo la definitiva rottura col PD, dietro la kermesse di tre giorni (17-19 luglio) alla Limonaia di Villa Strozzi a Firenze. Tavoli di lavoro e conferenze aperte a tutti hanno reso il “Politicamp - Un altro mondo è possibile” un’esperienza di confronto su temi dell’innovazione e della partecipazione. Sullo sfondo, la necessità di fare un passo avanti verso un movimento unitario della sinistra italiana alternativa a Renzi e ai populismi e che possa contribuire a costruire una Unione Europea alternativa a quella del rigore e della finanza speculativa che sembra regnare sovrana sullo scacchiere geopolitico continentale.
Uno dei momenti più significativi è stata la conferenza di sabato sera intitolata “il futuro europeo a tempo debito” che ha visto la partecipazione, fra gli altri, di Sergio Cofferati, Paolo Ferrero, Marco Revelli e Maria Pia Pizzolante. La fuoriuscita dal PD Elly Shlein, in qualità di moderatrice, lancia nella sua introduzione alcuni spunti di riflessione, questioni aperte per il futuro dell’Europa riassumibili in quattro luoghi che simboleggiano la profonda crisi politica che l’Unione sta attraversando: Grecia, Ucraina, Lussemburgo e Lampedusa.
Estate lievito di novità per la scalcagnata sinistra italiana. L'assemblea di lancio, il 21 giugno, del movimento di Pippo Civati, Possibile, potrebbe (il condizionale a sinistra è sempre appropriato) rappresentare un momento di reunion di un pezzo importante di quanti si collocano a sinistra del PD. In primo luogo appare importante la possibilità, lanciata dallo stesso Civati, di costruzione di una rete che lavori a proposte referendarie (ad iniziare dal lavoro) e che, dunque, si concentri “sulle cose da fare” piuttosto che sulle formule organizzative, incrociandosi con la coalizione - sociale, cento volte sociale e non politica, sarebbe il caso di rassegnarsi - di Maurizio Landini.
Uno spettro si aggira per Bologna: lo spettro della scissione di Pippo Civati dal Partito Democratico di Renzi. E’ Bologna, infatti, la sede scelta dai civatiani per presentare “Il patto Repubblicano”, dieci punti per cambiare il PD o per costruire un nuovo centro sinistra.
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