Privato è peggio? Esternalizzazioni e crisi in Gran Bretagna.
Il fenomeno dell'esternalizzazione dei servizi è talmente diffuso ai quattro angoli del mondo Occidentale da non aver bisogno di troppe presentazioni.
Amministrazioni pubbliche, dalle scuole ai comuni, dalle biblioteche alle università, dalle caserme ai Ministeri, privatizzano parte delle loro funzioni appaltandole ad aziende esterne, che a loro volta spesso e volentieri subappaltano il contatto vinto ad altri soggetti terzi.
Lo scorso sabato 25 febbraio, Rifondazione Comunista Firenze ha organizzato presso la Sala Firenze Capitale di Palazzo Vecchio, la tavola rotonda “Liberiamo il lavoro”, per discutere e confrontarsi sui quesiti referendari lanciati dalla CGIL. In un momento in cui il dibattito pubblico è monopolizzato dai dissidi interni al centro sinistra, il più grande sindacato italiano rischia di rimanere isolato in questa importante battaglia che vuole riportare al centro il tema del lavoro contro un processo di sempre più aggressiva precarizzazione dei contratti e di smantellamento delle tutele e dei diritti del lavoratore.
Ci sono notizie che non fanno notizia e battaglie che sembrano provenire dalle retrovie, schegge, rumori di fondo di una società omologata e saldamente ancorata al buon senso e opinione comune. Un drappello di mamme del Comune di Impruneta contesta la chiusura dell’asilo nido comunale, con una lettera lanciata alla stampa, che pubblichiamo volentieri ritenendo che si tratti di un segnale da raccogliere.
La nostra riflessione parte dal caso in questione come segno dei nostri tempi.
Il governo Monti ha varato il 6 dicembre 2011 il decreto legge 201, il quale è passato alla cronaca con molti nomi, Manovra Monti, Spending Review, ecc. La manovra prevede che le amministrazioni pubbliche debbano razionalizzare la propria spesa nell’ ordine del 5% di risparmio annuo, una manovra lineare senza tener conto delle condizioni in cui versano le casse delle amministrazioni.
La Regione Toscana ha deciso, 24 anni fa, di appaltare i lavori di portineria ad aziende private. Molte pubbliche amministrazioni prendono questa via per abbassare i costi interni e scaricare queste spese come costi variabili. In questo caso però la situazione è anormale. La Regione ha varato nel 2007 la legge 38, la quale prevede per tutte le pubbliche amministrazioni, enti pubblici, ASL ed ESTAV sul territorio toscano l’impossibilità di bandire appalti la cui vincita sia basata sul massimo ribasso.
Dal 1999, anno in cui l’Università di Firenze ha deciso di appaltare i servizi delle proprie sedi, i lavoratori impiegati nelle pulizie e nel portinerie dell’Ateneo denunciano situazioni di sfruttamento da parte sia delle aziende appaltate sia da parte dell’ appaltatore. I suddetti lavoratori sono per lo più di età compresa fra i 30 e i 35 anni ma ci sono anche cinquantenni e venticinquenni.
Il percorso di lotta dei lavoratori è riuscito a conquistare alcuni importanti risultati. Le aziende appaltate nel 1999 erano 7-8 e con questa scelta l’Unifi ha continuato fino al 2010, quindi soprattutto nelle pulizie c’era una grossa difficoltà nell’ organizzazione del lavoro. Dal 2010 grazie all’ intervento dell’ FLC e della FILCAMS è cambiato molto, le aziende appaltate sono diminuite fino a ridursi a 2, una per il Centro Storico e Novoli, un’ altra per il Polo Biopmedico e Sesto. Una scelta positiva, vista dai lavoratori, perché permetteva maggiori possibilità di sostituire turni e sicuramente aiutava nell’organizzazione dei lavoratori afferenti tutti, o quasi, alla medesima ditta. La realtà è ben differente le aziende hanno scelto di subappaltare, sicuramente una cosa che i lavoratori non avrebbero voluto.
Ma dall’ avvento del governo Monti la situazione si è modificata. Nel decreto legge del 6 dicembre 2011, convertito in legge successivamente, si legge che le pubbliche amministrazioni sono obbligate ad usufruire del servizio di Consip S.p.a., un'azienda pubblica il cui scopo è quello di attuare i programmi di razionalizzazione della spesa pubblica per beni e servizi. Quindi si occupano di bandire gli appalti al posto delle normali committenze, le quali sono obbligate ad usufruirne a meno che con una gara di appalto diretta risparmino.
Ma cosa vuol dire affidarsi alla Consip? Fondamentalmente vuol dire un risparmio molto alto per la committenza, quindi una diretta ricaduta sui lavoratori, sulla condizione di lavoro e sul numero di essi, ma vuol dire anche mancanza di garanzia, in quanto a differenza del passato, adesso non c’è nessun obbligo per le candidate di portare un curriculum o una documentazione, ma semplicemente sono gare elettroniche senza neanche conoscere il luogo fisico.
Ma una cosa buona c’era nel decreto: le aziende vincitrici non potevano subappaltare, ma le associazioni inalberate da questo provvedimento sono riuscite a modificare la legge. Il subappalto tende a far abbassare ancora di più la condizione del lavoro, per poter gestire lo stesso appalto con minori fondi, sono possibili più scelte, abbassare gli stipendi di tutti i lavoratori, abbassare il numero dei lavoratori oppure operare in modo tale che il lavoro venga eseguito in meno tempo. Normalmente la scelta ricade su una combinazione di queste, in particolare non potendo diminuire le ore di lavoro delle portinerie le quali sono aperte al pubblico per orari prefissati dalla committenza (l’Ateneo) lo sfruttamento maggiore ricade sui lavoratori delle pulizie, i quali denunciano un forte peggioramento delle condizioni di lavoro. Gli addetti alle pulizie devono compiere il lavoro prima svolto in cinque ore in tre e sono sottoposti a forti controlli da parte dell’azienda in modo tale da non sforare l’orario ridotto alle tre ore prestabilite. Il rispetto dei lavoratori non è una componente importante né per la committenza né per le aziende.
I lavoratori tramite l’RSU di Ateneo richiedono la reinternalizzazione di tutti i lavoratori oggi appaltati. Questa richiesta proviene da una forte presa di posizione da parte degli appaltati, in quanto essi denunciano il fatto di essere lavoratori somministrati in maniera fraudolenta. La somministrazione di lavoro è un rapporto di lavoro istituito nel 2003 in sostituzione del vecchio lavoro interinale, in cui l’università dovrebbe stipulare con un Agenzia per il lavoro un contratto, mentre l’Agenzia dovrebbe stipularne un altro con il lavoratore, l’università potrebbe intervenire nella gestione dei lavoratori e ciò non permetterebbe l’autonomia organizzativa.
Nella realtà il rapporto fra Università, appaltate e lavoratori non passa per la somministrazione di lavoro, perché l’ università non dovrebbe intervenire nell’organizzazione del lavoro fra appaltati e aziende. Però anche a logica essendo un contratto di servizi in cui l’università deve per forza obbligare i lavoratori ad avere determinati orari e determinate mansioni, non c’è reale indipendenza dell’azienda, ma l’Ateneo interviene fortemente sull’organizzazione dell’azienda.
Questa situazione irreale porta a delle storture molto forti: la pianta organica dell’università fiorentina è sottodimensionata rispetto a quella di tutta Italia, quindi l’Ateneo vorrebbe riuscire a trasformare le portinerie in Front Office, ma per poter arrivare a questa trasformazione i lavoratori dovrebbero passare da una fase di formazione. Il problema sorge a questo punto, in quanto questa formazione non può essere operata né dall’Unifi né dall’azienda.
L’ Ateneo non può occuparsi della formazione dei lavoratori perché si autodenuncerebbe come utilizzatore in un contratto di somministrazione di lavoro, mentre invece le aziende hanno diversi ragioni per non occuparsene: la prima è quella economica poiché non hanno nessuna intenzione di investire parte del proprio utile in formazione, la seconda ragione è basato sul fatto questo investimento non è giustificato poiché il personale non è i realtà suo dipendente. In questo rapporto a tre parti, si ricade nel contratto Multiservizi quindi esiste la clausola sociale, cioè l’obbligo di reintegro da parte dell’ azienda entrante dei dipendenti dell’usciente, quindi dalle associazioni gli addetti di pulizia e portineria non vengono visti come proprio dipendenti.
I lavoratori delle appaltate continuano a denunciare questa situazione e si preparano a far sentire le proprie ragioni sia alle aziende sia all’Ateneo. Visti i tagli sempre in aumento da parte del governo all’ istruzione, la mancanza di fondi ricadrà su tutti lavoratori dell’università e in modo ancor maggiore su quei lavoratori che vivono nell’università ma come appaltati ai privati, per questo quando si lotta per l’ università pubblica sarebbe necessario che ogni sua parte fosse pubblica.
Mentre l'articolo veniva preparato abbiamo già ricevuto una serie di strani commenti. Non abbiamo niente da nascondere e nessuna paura di intimidazioni, ci limitiamo a precisare che siamo una testata in fase di registrazione, basata sulla ricerca e l'inchiesta di collaboratori e che siamo a disposizione di eventuali richieste di replica.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).