In questo scenario si collocano i due quesiti referendari promossi dalla CGIL: quello sui buoni lavoro (Voucher) e quello sugli appalti. Il quesito sull’Articolo 18 invece, - forse quello più importante - è stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Per questo diventa ancora più importante la legge di iniziativa popolare sulla “Carta Universale dei Diritti dei Lavoratori”, promossa dalla CGIL, ancora da discutere in Parlamento, che rappresenta un nuovo Statuto dei lavoratori.
“Con il nuovo Statuto la Cgil vuole innovare gli strumenti contrattuali preservando quei diritti fondamentali che devono essere riconosciuti ed estesi a tutti, senza distinzione, indipendentemente dalla tipologia lavorativa o contrattuale, perché inderogabili e universali. Diritti che vanno dal compenso equo e proporzionato alla libertà di espressione, dal diritto alla sicurezza al diritto al riposo, ma anche alle pari opportunità e alla formazione permanente, un aggiornamento costante di saperi e competenze. Per ricostruire un diritto del lavoro a tutela della parte più debole nel rapporto di lavoro”1.
Difatti tra i vari punti compare anche quello che prevede la reintegra del lavoratore licenziato senza giusta causa. La Segretaria generale della Camera del Lavoro di Firenze, Paola Galgani, il Consigliere Comunale di Firenze Riparte a Sinistra Tommaso Grassi e il Segretario provinciale di PRC FIrenze Dmitrij Palagi sono intervenuti sulla questione, parlando delle rivendicazioni e delle proposte del sindacato e del ruolo delle forze antiliberiste all’interno del conflitto Capitale – Lavoro, per riporlo al centro dell’attenzione
Il quadro maggiormente tecnico-giuridico è stato illustrato dall’Avvocato giuslavorista Massimo Capalbi, mentre Margherita Bernardi ha fornito un contributo pratico e concreto alla tematica. La giornata è stata coordinata da Roberto Travagli, responsabile lavoro di Rifondazione per la Federazione di Firenze.
Travagli dopo aver espresso i motivi che stanno alla base di questo incontro – rimettere al centro dell’attenzione il mondo del lavoro a fronte degli attacchi inferti in ogni momento e da tutte le parti – ha aggiunto che già PRC Firenze, già dallo scorso giugno aveva lanciato una campagna chiedendo due cose molto semplici rispetto alla questione degli appalti: togliere la discrezionalità sulla clausola di salvaguardia che consente ai lavoratori di essere riassorbiti in caso di cambio di appalto e cancellare la migliore offerta al massimo ribasso. Su 44 comuni, a parte Firenze ed Empoli, la proposta è passata solo in quelli dove PRC è presente in Consiglio Comunale.
In seguito è stata passata la parola a Massimo Capalbi che ci fornito un quadro del percorso legislativo che ha condotto fino al Jobs Act. Il taglio dell’intervento si è posto fuori dal recinto della comunicazione giornalistica per entrare più nel merito di quegli elementi che silenziosamente vanno a smantellare i diritti e la dignità dei lavoratori nel contesto politico e sociale del nostro paese. La scelta di bocciare il quesito referendario sull’articolo 18 da parte della Corte Costituzionale rientra è una sorta di abdicazione di quest’ultima rispetto alla linea politica della maggioranza che si concentra sul regime sanzionatorio a favore del datore di lavoro (tenuto meramente a qualche risarcimento in caso di licenziamenti) rispetto a una disciplina più equa dal punto di vista della certezza del diritto. Entrando poi nel merito del quesito della prestazione accessoria (voucher) Capalbi ha ricordato la differenza dell’art.81 del Jobs Act rispetto al Decreto Legislativo 276/2003 – Legge Biagi – : mentre quest’ultimo disciplinava le prestazioni accessorie tenendo almeno come punto fermo la loro occasionalità e quindi non riconducibilità ad altri tipi di prestazioni (sebbene poi nella pratica non sempre purtroppo fosse così), l’articolo 81, anche attraverso una modifica semplicemente semantica, allarga il campo delle prestazioni che possono coperte dai voucher e ne legalizza l’abuso indiscriminato. Già la Legge 92 del giugno 2012 (nota anche come Riforma Fornero) andava ad estendere l’uso dei buoni lavoro a tutti i settori produttivi compresi gli enti locali, costituendo il preludio per l’incremento esorbitante dei voucher dopo il Jobs Act. Il voucher ha un valore nominale netto di 10 euro di cui 7, 50 vanno al lavoratore e corrisponde al compenso minimo di un’ora, dando diritto a copertura previdenziale presso l’Inps; copertura assicurativa presso l’Inail; riconoscimento ai fini del diritto alla pensione. Non dà invece diritto a maternità, disoccupazione, malattia, assegni familiari non essendo un contratto tra datore di lavoro e lavoratore, bensì una forma di pagamento che va nella maggior parte dei casi a soppiantare, non tanto il lavoro nero come si tende a far credere, quanto le tipologie contrattuali di lavoro subordinato, anche quelle precarie, che comunque garantiscono un minimo di tutele in più.
Margherita, in qualità di Responsabile dello sportello Orientamento al Lavoro, avendo a che fare con casi di disoccupazione e problematiche sindacali, è entrata nel vivo della questione dei buoni lavoro fornendo alcuni esempi concreti di lavoratori pagati con questo strumento. Anche lei ribadendo il fatto che i voucher non essendo contratti di lavoro e andando a coprire prestazioni che di fatto in molti casi occasionali non sono, ha paragonato la situazione dei “voucheristi” a quella di veri e propri disoccupati. Uno degli episodi citati è quello di un gruppo chiuso su Facebook composto da hostess e stuart (“chiudiamo agenzie che non pagano”) nel quale una hostess chiedeva se in caso di dolore alla caviglia, in una giornata di dodici ore lavorative in piedi nel corner, potesse appoggiarsi su uno sgabello (in assenza di mansioni). La risposta è No: infatti a meno che la caviglia non si rompa nelle ore di copertura del voucher, l’hostess perderebbe il lavoro proprio in quanto non esiste un contratto che assicuri certe tutele. Quindi anche in caso di lavoro occasionale come quello di un hostess il voucher non risulta uno strumento adeguato per i diritti della parte più debole. Un altro caso citato è invece quello di un lavoro non occasionale: Francesca di Empoli lavora per un’agenzia di ricerca che si occupa di progettazione, valutazione e pubblicizzazione di campagne di mercato avanzato e quindi richiede competenze e prestazioni di livello elevato. Francesca viene pagata a voucher soltanto per la parte finale del lavoro (la distribuzione di questionari), ma non per tutte le altre mansioni ad alto valore aggiunto che in realtà e di fatto svolge. La normativa, in termini generali, diventa sempre più permissiva e flessibile: le aziende che cercano manodopera hanno la possibilità di trovare qualsiasi strada disponibile per pagare sempre meno (o spesso per non pagare proprio) e con sempre meno tutele il lavoratore, prima attraverso il tirocinio o lo stage, infine tramite la modalità dei voucher, che, come abbiamo visto, potrebbe estendersi potenzialmente all’infinito. Per quanto concerne la tematica degli appalti al massimo ribasso, Margherita riconosce che questi ultimi possono considerarsi l’altra faccia dei buoni lavoro. Proliferano gare d’appalto contenenti errori funzionali e trucchetti tipici: lasciare invariato il lavoro da fare diminuendone però le ore necessarie per realizzarlo anche se fattivamente richiede più tempo. Questo permette alle aziende appaltatrici di pagare meno i propri lavoratori. Le società, le cooperative, le aziende etc. che lavorano in appalto sono le più deboli di tutta l’economia: contrattualizzazione a livelli molto basi e pagamenti in ritardi (fino addirittura a casi in cui si deve aspettare ben 36 mesi!), sia che si parli di ricerca nel settore privato che di servizi pubblici (come la pulizia negli ospedali). Occorre ripristinare il principio di corresponsabilità tra stazione appaltante e ditta appaltatrice.. È dunque necessaria una consapevolizzazione e una sensibilizzazione non solo per coloro che sono direttamente coinvolti in questo sistema malato ma per tutto l’insieme del mondo del lavoro, a partire dai soggetti più fragili.
Paola Galgani ha posto l’accento sul fatto che la Carta Universale de Diritti del Lavoro, che tra i suoi articoli prevede anche la reintegra del lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato, rimanga ancora indiscussa in sede parlamentare, laddove alcune riforme sono state discusse e approvate in tempi brevissimi (vedi Jobs Act, Legge Fornero, e la legge sul Caporalato). Con Il Jobs Act è stato definitivamente sbilanciato il rapporto di forza tra il datore di lavoro e il lavoratore in chiaro vantaggio della parte con maggiore potere contrattuale (il datore di lavoro) impedendo quindi un rapporto paritario tra le due controparti. Il problema principale del nostro Paese è infatti proprio il lavoro, anzi, la mancanza di creazione del lavoro. Lavoro che deve riacquisire la sua dignità contro l’ormai diventato senso comune che chiunque abbia almeno un lavoro debba accontentarsi, a qualunque prezzo. I dati Inps confermano che i contratti a tempo indeterminato, dopo la fine degli sgravi aziendali, siano precipitati a favore di una precarizzazione diventata ormai istituzionale. Quello che invece rimane strutturale sono la defiscalizzazione e la decontribuzione del welfare. Anche coloro che possiamo annoverare tra i più “privilegiati” –ovvero coloro che hanno un contratto a tutele crescenti” – che guadagnano in media tra i 1200 e i 2000 euro al mese rischino di ritrovarsi in una condizione di povertà relativa o disagio qualora perdessero quel lavoro o cambiassero certe condizioni. E se già il rischio è elevato per questa categoria che tendiamo a considerare fortunata, figurarsi per coloro che non hanno questo tipo di contratto. L’appello di Galgani è di riportare al centro del dibattito pubblico il valore del lavoro e della dignità umana del lavoratore.
Tommaso Grassi dalla sua ha parlato della necessità di uno sforzo a 360° per star dentro questa partita. Oggi i voucher sono legali ma illegale è l’uso/abuso che se ne fa. Alcuni casi vengono segnalati anche all’interno del Comune. Inoltre una delle difficoltà per poter contrastare l’abuso dei voucher, sta anche nella scarsità di controlli dovuta al numero insufficiente di personale all’interno degli ispettorati di lavoro e l fatto che tali controlli avvengano solo durante le ore coperte da voucher.
Per quanto riguarda invece la questione dell'appalti, il gruppo consiliare di Firenze riparte a sinistra ha lavorato molto sul tema: da molto tempo vengono portate avanti attività di monitoraggio e di denuncia inerenti l'utilizzo degli appalti da parte dell'istituzione.
In conclusione il segretario del PRC fiorentino Dmitrij Palagi ha evidenziato l’importanza del ruolo del Partito all’interno di questa battaglia: tenendo conto di fare sintesi tra le istanze delle rappresentanze istituzionali e quelle delle organizzazioni sindacali. Innanzitutto per il segretario è fondamentale riconferire centralità al conflitto capitale-lavoro partendo dalla necessità di stare all’interno delle battaglie referendarie senza però strumentalizzarla al solo scopo di creare consenso politico intorno all’una o all’altra forza politica. Pertanto la campagna referendaria non va messa al servizio alle scissioni in atto adesso entro l’universo del centro-sinistra. Per quanto riguarda la Carta Universale dei Diritti del Lavoro, c’è bisogno che il Parlamento abbia rispetto per la legge di iniziativa popolare anche per avversare l’idea comune che questo tipo di interventi di questo tipo. Occorre recuperare a dignità del lavoro dal punto di vista politico e rimanere all’interno della battaglia referendaria senza viziarla come strumento “della sinistra”, bensì come strumento per l ricostruzione di una coscienza di classe che gradualmente si è andata a perdere. Come Partito per tradizione, afferma Palagi, ci opponiamo al capitalismo proprio perche quest’ultimo tende a degradare il lavoro e il lavoratore a mera merce di scambio. Una simile riflessione trascende il “semplice” problema dei voucher e degli appalti in quanto comprende anche una lotta ad ogni forma di sfruttamento e di abbassamento dei livelli di diritti e tutela all’interno del mondo del lavoro. Sicuramente bisogna essere consapevoli de contesto storico-sociale e politico in cui versiamo e quindi adottare per lo meno quelle minime forme di garanzia e tutela che probabilmente nel XX secolo sarebbero state additate come conservatrici e penalizzanti, ma questo non comporta una sottomissione alle dinamiche neoliberiste incentrate all’abbattimento dei diritti che da qualche anno a questa parte in maniera sempre più aggressivamente e pervasivamente stanno minando le condizioni dei lavoratori. Il PRC è convinto che riporre al centro del dibattito la questione del lavoro non coinvolga soltanto la sfera strettamente lavorativa ma l’intera dimensione umana (che quindi comprende anche tematiche quali il diritto alla sanità, alla pensione, a una buona scuola – non in senso renziano! – etc.) la cui dignità è però data innanzitutto dalla possibilità di godere di quei diritti che sempre di più vengono negati. Per prendere un tipo di consapevolezza che includa l’intera dimensione dell’uomo va ricreata una coscienza di classe nell’ottica del conflitto tra capitale e lavoro.