Oggi chiude definitivamente uno storico asilo nido comunale sorto nel 1974. Tante le motivazioni portate dall’Amministrazione: costi elevati, numero esiguo di utenti, un pensionamento, l’impossibilità di assumere nuovo personale. Un coro di sostanziali motivazioni forti e legittime tutte indirizzate nel senso del buon andamento della pubblica amministrazione e del risparmio.
La tendenza è quella corrente, anche Firenze baluardo – esempio di grande impegno sul fronte della scuola pubblica e dell’educazione, che vanta ancora 94 nidi, sta andando in questa direzione e crescono le esperienze di gestione indiretta dei servizi. Infatti, nei servizi comunali a gestione diretta l’Amministrazione mette a disposizione le strutture, utilizza personale proprio e stabilisce le modalità di funzionamento con un regolamento; mentre nella gestione indiretta, l’Amministrazione, affida la gestione a soggetti privati tramite apposite gare di appalto, cercando di assicurare il rispetto degli standard qualitativi che contraddistinguono i propri servizi a gestione diretta.
Già, perché i Comuni sono schiacciati e lo Stato non eroga fondi, ma, in nome della razionalizzazione e del risparmio, invita gli enti ad avvalersi di privati, cui affidare tramite centrali vecchie e nuove di committenza, forniture le più disparate, che vanno dall’acquisto del bitume per chiudere le tante buche per le strade ai servizi più delicati che attengono alla sfera dei servizi alla persona e all’educazione.
Il Becco è solidale con le famiglie, non ce ne voglia l’Amministrazione di Impruneta e tuona contro tutto questo!
Vogliamo dire che il valore delle esperienze, la qualità dei servizi non si svendono, sono da tutelare, sono da privilegiare fosse anche per uno- un solo utente- anzi non chiamiamolo con termine tecnico” utente”, ma - famiglia e soprattutto bambino!
Vogliamo tuonare sullo scempio di un paese, l’Italia, che non protegge e non tutela più la vita, in nome del rigore economico delle scellerate politiche di austerity attuate dal più selvaggio liberismo. Non scandalizziamoci allora se pezzi di “valore” cadono e non torneranno più, l’alternativa non è la stessa cosa, non ha lo stesso peso, perché il privato che subentra nelle concessioni dei servizi ha comunque da ricavare il proprio profitto e lo fa spesso sfruttando al massimo le risorse umane e imponendo tariffe, tempi e ritmi che vanno a incidere inesorabilmente sui servizi stessi .
E allora, è una vergogna, oggi, sostenere che certi servizi legati ai bisogni fondamentali per la crescita hanno i loro oneri ? Che la qualità ha il suo costo perché presuppone, nel caso specifico, preparazione, organizzazione attenta e oculata, formazione e risorse umane, materiali adeguati, programmazione educativa e coinvolgimento delle famiglie ?
Possono l’educazione e la formazione essere relegate all’ultimissimo scalino in una società?
Può la logica economica del risparmio soppiantare in tutto il valore uomo- creatura-bisogno di crescita, evoluzione di ogni essere umano? È giusto considerare i bisogni formativi superflui , anzi inutili e quasi dannosi economicamente a tal punto da scegliere di demandarne la titolarità a enti terzi anziché assumersene in prima persona la gestione ?
Becchiamoci pure dei visionari, nostalgici fautori di un passato che non c’è più, noi rispondiamo che in questa fase storica la sconfitta peggiore da sopportare è la svalutazione dell’essere umano, la convinta sudditanza al dio mercato.
Pensiamo ai barconi dei migranti, pensiamo alla violenza del precariato,alla disoccupazione, all’impoverimento progressivo di intere generazioni, all’abbandono e alla solitudine di fasce sempre più ampie di popolazione ridotta ai minimi termini. Infine, non certo per ultimi, pensiamo alle centinaia di vittime di abusi e violenze private e collettive.
Nessuna condanna si leva contro la violenza economica e invece è assolutamente necessario farlo. Anzi noi siamo proprio qui per farlo.
Chi ha vissuto gli anni delle battaglie per i diritti al lavoro, alla scuola, ai servizi, può dire che concretamente si operava per rendere reali quei diritti sanciti dalla Costituzione e lo si faceva tenendo conto delle esigenze di partecipazione e coinvolgimento dei cittadini al governo e alla gestione della cosa pubblica, perché solo questo processo poteva assicurare l’eguaglianza.
Perché siamo tornati indietro? Perché gradatamente e inesorabilmente i nostri diritti sono stati calpestati, perché il nostro popolo ha riposto la ribellione e subisce colpo su colpo restando persino affascinato dagli imbonitori di turno più falsi e bugiardi?
La riflessione si amplifica e cresce, galoppa l’insofferenza e questo episodio della chiusura di un asilo storico risulta essere un esempio, una minuscola – marginale tessera di un puzzle in progressiva espansione.