L’iniziativa in questione, concepita dalla sezione pisana del Movimento 5 Stelle, consiste in un sito internet in cui i cittadini possono segnalare reati e/o degrado. Per quanto l’iniziativa non sia del tutto nuova in città (un gruppo whatsapp promosso da Susanna Ceccardi, importante esponente toscana della Lega Nord, era nato ad esempio circa un anno e mezzo fa), sicuramente quella del Movimento 5 Stelle rappresenta la proposta più strutturata a questo riguardo. Nonostante un’esauriente pagina sul sito sia dedicata alle finalità dell’iniziativa, tuttavia, i suoi obiettivi e le sue potenzialità risultano penosamente vaghe. Non si capisce infatti quale significato possa avere un sito in cui vengono raccolte e georeferenziate segnalazioni di reati e degrado, quando tali segnalazioni non hanno alcun valore legale di denuncia, e sarebbe comunque necessario un passaggio ulteriore per trasmetterle alle forze dell’ordine – forze dell’ordine che hanno peraltro numeri specifici per le emergenze, e che, ho avuto l’occasione di constatare, rispondono in genere con alacrità e disponibilità alle richieste di intervento.
Per contro, emerge da questa iniziativa un elemento che già era evidente nel gruppo whatsapp, ma che in questa situazione, quanto meno in relazione alla sistematizzazione proposta, appare più minaccioso. Al di là della tendenza all’allarmismo che chiaramente non giova al tessuto sociale della città (una piattaforma di questo tipo, oltre a non poter garantire seguito alle segnalazioni, comprende segnalazioni di reati veri e propri a segnalazioni di persone di colore in atteggiamento sospetto, che non può essere che sospetto trattandosi di persone di colore), questo tipo di iniziative rappresenta la manifestazione tangibile di una mentalità la cui convivenza con le istituzioni democratiche è quanto meno discutibile. L’idea di fondo è che l’istituzione specificamente deputata a gestire questioni di sicurezza possa essere bypassata da cittadini autonomamente aggregatisi – o da essi affiancata, ma con una differenza importante. Il lavoro delle forze dell’ordine deve seguire delle rigide procedure legali, che hanno essenzialmente l’obiettivo di evitare abusi. Affinché una persona venga sanzionata per un’azione illegale che ha commesso, questa deve esserle contestata sulla base di prove da parte di un pubblico ufficiale; non è necessaria una laurea in giurisprudenza per rendersi conto che la delazione, più o meno sistematizzata, più o meno anonima, su un sito internet rappresenta quanto di più distante si possa immaginare da questo iter, mentre si avvicina pericolosamente come mentalità alle ronde armate proposte nel corso degli anni principalmente da partiti di estrema destra.
I toni e gli interventi di molti segnalatori confermano questa osservazione. I reati segnalati, ma soprattutto il degrado, hanno spesso dei colpevoli, chiaramente non definiti per nome, ma per etnia, per nazionalità e talora financo per regolarità del visto (informazione, questa, su cui è molto curioso che i segnalatori possano essere informati). Analogamente al gruppo whatsapp, dopo ben un giorno dal suo lancio la piattaforma di e-security strutturata dal Movimento 5 Stelle si sta già trasformando in un bar virtuale in cui fanatici del linciaggio legalizzato di intere categorie umane si scatenano in un’orgia di deliri xenofobi. Si potrebbe obiettare che un’accurata gestione delle segnalazioni, e il rifiuto di pubblicare interventi contenenti violenza verbale, affermazioni non verificabili e espressioni razziste potrebbero arginare questa deriva. Una prima osservazione è che una forza politica di opposizione ha tutto da guadagnare dal fomentare le frustrazioni e i malcontenti dei cittadini, portandoli da punti di partenza assolutamente condivisibili ad una virulenza che non cerca altro che dei capri espiatori, e li trova in categorie sociali disagiate ed storicamente sfavorite dalle politiche cittadine. Tuttavia, ancora a monte del significato politico di questa operazione, resta il fatto che questo tipo di iniziative non può che attirare questo tipo di contributi, che rigettano l’idea di un garantismo penale, interpretando la già complicata situazione sociale della città di Pisa come un’artefatta quanto perniciosa guerra tra culture, che ben lungi dall’essere risolta da atteggiamenti forcaioli, ne trae continuo ed abbondante nutrimento.