L'opera si apre con una splendida ouverture che porta lo spettatore moderno a pensare, di primo acchito, al cinema ed alla Francia. Ed è proprio a Parigi in un ricco salotto borghese che il poeta Prunier (Marius Brenciu, Tenore, molto esperto nel ruolo) intrattiene un pubblico di signore con versi e con le novità: “Una cosa assai grave: a Parigi si ama! Imperversa una moda nel gran mondo elegante: l'Amor sentimentale”.
Di tutt'altra opinione la cameriera Lisette (Giuliana Gianfaldoni, Soprano) per la quale sono solo “Storie!... Si vive in fretta: «Mi vuoi?» «Ti voglio»... E' fatto!”. Ma ecco che arriva la padrona di casa, la bella e sensuale Magda (Elena Rossi, Soprano), desiderosa di sentire di questa moda, di questo “Microbo sottile che turbina nell'aria...” e chiede al poeta di cantare di questo amore nonostante per il suo uomo, Rambaldo (Stefano Antonucci, Baritono) “il tema è un po' appassito!”.
Prunier si perde allora in un dolce elogio dell'amore squattrinato (“Ma come son, rimango, ché l'oro non può dare la felicità!”) ma della canzone non ha ancora scritto il finale completato però subito dalla padrona di casa: “Che importa la ricchezza se alfine è rifiorita la felicità!”.
Tanto romanticismo infastidisce Rambaldo che coglie l'occasione per regalare una pesante collana d'oro a Magda. Il regalo non è però sufficiente a rompere questo sogno di amore povero che ha pervaso le donne del salotto e che porta Magda a raccontare di un incontro mai sbocciato in nient'altro, di un generoso ma povero in canna che le offrì una birra lasciando il resto al garzone e dal quale lei scappò (“M'impaurì?... Non lo so! Poi fuggii!... Più non so!...”) ma che ora rimpiange quasi fosse stato l'amore della vita: “Potessi rivivere ancora la gioia di un'ora!...” (applausi qui per la Soprano).
Intanto Rambaldo viene distratto da un seccatore, il giovane Ruggero (Arturo Chacon-Cruz, Tenore), figlio di un conoscente che cerca a Parigi ed in quell'uomo un aiuto per vivere a Parigi (“Perché guidiate il mio cammino in questa immensa vastità infinita, ch'è luce della vita”, applausi qui per il tenore messicano).
Magda, le sue amiche e Prunier, invece, nascoste da un paravento si sono fatte coinvolgere dal poeta che vuole scoprirne il destino leggendone la mano: “Vi tracina il Destino!... Forse, come la rondine, migrerete oltre il mare, verso un chiaro paese di sogno... Verso il sole, verso l'Amore... E forse...” sembra vedere il poeta tra i solchi del palmo della padrona di casa interrompendosi però sul più bello: “Il destino ha un suo duplice viso: un sorriso o un'agoscia?... Mistero!”.
Il salotto frattanto si svuota. Il neoarrivato Ruggero, la cameriera Lisette ed il suo spasimante Prunier fuggono verso la notte parigina mentre Magda ancora pensa alla lettura della mano: “Forse come la rondine...”.
La cameriera agghindata con abiti della padrona e consigliata dal saccente Prunier (“Nove muse, a voi perdono se mi abbasso a consigliarla ma da esteta quale sono, no, non posso abbandonarla”) si tinge così da signora: il poeta da strapazzo ha convinto la concreta cameriera ad uscire dai suoi panni per un po'.
Secondo Atto e cambia la scena: dal soft del salotto si passa ad un carnevale di lascivia, con tanto di autoreggenti ed equivoci ballerini. L'umanità varia che affolla la notte di Parigi è persa tra la birra e gli amori di un minuto, tra studenti bevitori e corteggiate sartine. Magda si immerge, tolta la parrucca ed in abiti semplici, tra questa confusione di allegri squattrinati e lì, spiantato tra gli spiantati trova Ruggero. Subito circondato da un gruppo di grisettes (ottime qui le voci femminili del coro diretto dal maestro Sebastiani) le respinge e quasi per un caso trova una donna a lui sconosciuta ma “così diversa da tutte”.
Nella Parigi della lussuria Ruggero quasi in un istante sembra aver trovato l'amore puro, una ragazza come quelle di campagna: “Le ragazze, laggiù, son molto belle e semplici, e modeste... No non sono come queste: basta al loro ornamento un fiore nei capelli... Come voi...”.
Magda sembra rivivere la scena di quell'amore mai consumato di cui raccontò alle amiche e speranzosa di portarlo questa volta a buon fine recita: si presenta come Paulette e lascia al bel Ruggero il mistero su tutto il resto.
Nel cuore della festa ecco arrivano Prunier e la cameriera Lisette che subito incontra la padrona, tra l'imbarazzo e lo stranito però Prunier la convince che è uno scherzo del vino anche se Paulette somiglia alla padrona ed è carina “Come lei... se fosse elgante!”.
Tra il consenso frenetico della folla (“Intrecciamo i quattro cuori con i fiori!... Soffochiamo i quattro amori con i fiori!”. Applausi dal pubblico qui per il coro in quello che sembra quasi un canto di guerra ma che celebra soltanto il miele dell'amore) le due coppie si perdono in dolci effusioni: tanto il poeta con la bella cameriera quanto la neosemplice Paulette ed il sempliciotto Ruggero.
In mezzo a tanta poesia irrompe però Rambaldo. Prunier tenta di far allontare Magda affinché non sia vista ma invano: “No! Chi ama non pensa!”. Il vecchio amante chiede spiegazioni ma Magda non tergiversa: “Non ho niente da aggungere a ciò che avete visto” e non vuole schiodarsi da lì (“Inutile! Rimango!”) perchè “L'amo!... L'amo!”. Rambaldo non insiste oltre, lei o un'altra donna pari sono, soltanto profetico augura: “Possiate non pentirvene!”.
L'opera potrebbe finire qui, sembra tutto così chiaro: l'amore puro ha mutato il cuore di Magda ed il cinismo di Rambaldo ha perso ma... ma siamo nel '900, Magda non è una donzella stilnovista: è una donna vissuta ed in fondo consapevole.
L'idillio d'amore con il semplice Ruggero dura ancora un poco, i due, in Costa Azzurra, sono immersi in un trionfo di bianco e di rose rosse ma i conti e la “faccia un po' scura” dell'albergatore sembrano già incrinare questo amore eterno. Ruggero fantastica di mendicare e sembra non curarsi dei debiti: addirittura ha scritto alla famiglia per chiedere il consenso alle nozze. Vorrebbe fare della sensuale Paulette/Magda una donna di campagna e già immagina, patetico, “la santa protezione di mia madre” e “la piccola manina di un bambino”.
Uscito Ruggero Magda è affranta “Che più dirgli?... Che fare?... Continuare a tacere... o confessare?...”. Non è vero che l'amore non ha pensieri: l'amore di Magda ha il senso di colpa per la bugia detta e per i sogni ingenerati, ha la paura per quel futuro di vita semplice prospettatole da Ruggero che, persa tra le effusioni, non aveva nemmeno immaginato o tantomento sperato.
Anche l'amore tra Prunier e Lisette, anche loro approdati in Costa Azzurra, ha terminato la sua vacanza. Così come Ruggero voleva trasformare la femmina sensuale in una sposa rurale dai fianchi larghi e pronta a dargli figli così il poetastro voleva trasformare la cameriera in una “canzonettista”. L'avventura sul palcoscenico è però andata male, Lisette, sente ancora i fischi del pubblico e di arte non vuole più saperne. “Io m'illudevo, in una sera, di soffocar la cameriera!” si lagna Prunier ma Lisette è stanca di questa boria: “Alla fine m'hai seccata! Troppe, troppe osservazioni! Non mi son ribellata ma tramontan le illusioni!...”. Ritrovata la sua padrona è pronta a riprendere il grembiule (“L'artista di una sera tornerà cameriera!”).
Prunier prima di allontanarsi e lasciare le due prova a portare un'ambasciata di Rambaldo (“Da chi vi aspetta, sa dei vostri imbarazzi, ed è pronto a salvarvi in ogni modo!”). Magda stizzita lascia cadere l'offerta ma è un ulteriore graffio ad uno specchio che ormai si è definitivamente crepato.
Ruggero torna all'hotel con quelle che per lui son buone notizie: la lettera della madre che acconsente alle nozze. Magda tremante la legge: «Figliuolo tu mi dici che una dolce creatura ha toccato il tuo cuore... Essa sia benedetta se la manda il signore...».
E' troppo, la donna capisce che è il momento di uscire da questo equivoco: “Posso esser l'amate, non la sposa, la sposa che tua madre vuole e crede!”. Ruggero la supplica, perde la dignità come soltanto gli innamorati possono fare: “No! Non lasciarmi solo!... Ma come puoi lasciarmi se mi struggo in pianto, se disperatamente io m'aggrappo a te!...”.
Magda lo abbandona, certo addolorata, ma pronta a lenire la sua pena tra collier d'oro e amori senza tanta metafisica. Liberi sono adesso entrambi, anche Ruggero, finiti i singhiozzi potrà cercare quella donna onesta di cui ha tanto vaneggiato.
Detto del libretto ed immergendoci nella rappresentazione andata in scena ieri sera ha subito colpito coloro che hanno visto la Traviata della scorsa stagione che l'impianto scenico era lo stesso, un parallellismo raffinato che merita di essere sottolineato. Diversissima invece la scenografia (Guido Fiorato) caratterizzata da un rosso acceso nel primo atto spezzato soltanto da una mezzaluna bianca che da elemento scenico diventa un vero e proprio ascensore per la protagonista femminile prima di ridiscendere dolcemente. Nel secondo atto dal brioso rosso fuoco si passa invece ad circo, ad un turbinio di esagerazioni volto a rendere più forte l'atmosfera della confusa gioia parigina (un piccolo appunto va fatto alle lucine posizionate sui pianoforti che danno noia al pubblico in sala). Si passa invece ad un bianco ridondante spezzato dal rosso delle rose nel terzo atto. Simile andamento hanno seguito i costumi (curati sempre da Fiorato) dai coloratissimi tubini liberty all'esagerazione collettiva della notte parigina.
Buona la regia di Giorgio Gallione, capace di rendere più semplice l'identità emotiva che caratterizza ognuno dei tre atti. Apprezzata dal pubblico anche la direzione di Giuseppe Acquaviva.
Per quanto concerne le voci perfetta è stata Elena Rossi capace non soltanto di dare un proprio timbro alla “sua” Magda ma anche di muoversi con consumata sicurezza in un'opera che, come detto, chiede alle voci di farsi anche attori ed attrici non meno di come avverrebbe in prosa. Non perfetto nella dizione è apparso Chacon-Cruz anche se ha sopperito a questo difettuccio con una freschezza di suono invidiabile (grandi applausi per lui al termine della sua prima scena). Chiarezza timbrica ed agio nei movimenti hanno caratterizzato anche il Prunier di Brenciu che, insieme alla sua Lisette (al debutto nel ruolo), ha trovato un buon accoglimento da parte dei genovesi. Un'ultima menzione merita il trio Yvette, Bianca e Suzy (rispettivamente Francesca Benitez, Soprano; Marta Leung, Soprano; Marina Ogii, Mezzosoprano) che nel primo atto hanno ben reso quel clima di frivolezza che si doveva respirare nei salotti parigini di inizio secolo.
Foto Marcello Orselli - Teatro Carlo Felice