Le fonti di questo sgargiante "album di ricordi di famiglia" - sedimentato nella memoria collettiva di un’ “Italia com’era” - sono materiali cartacei, perlopiù inserzioni pubblicitarie (selezionate da “Oggi”, “Domenica del Corriere”, “Tempo”, “Sorrisi e canzoni”, “Radiocorriere”, “Tribuna illustrata”, “La Settimana Incom”, “Le Ore”, “Arianna”, “Grazia”, “Gioia”), calendari, cataloghi premio, figurine, fotografie d’epoca, locandine, cartoline, opuscoli illustrati, diari per la casa.
Le “liturgie del mangiare” seguono una partizione cronologica che si apre con una grande foto di una famiglia allargata seduta sotto la grande scritta al neon “bar Grande Italia” di una città non ben identificata. Tazzine e bicchieri tintinnanti, bambini e adulti immortalati durante il grande rito moderno del relax al bar – e il marchio della Cinzano ben in vista - mostrano un’ “Italia senza tempo”, in corsa inarrestabile verso la modernità. Dentro teche ben ordinate sono esposti oggetti recuperati in mercatini, scantinati, case, siti di aste telematiche, come i “plasteco” del formaggino Mio (gli “antenati” dei magneti moderni), scatole di latta di biscotti e caramelle, sorpresine e giochini per bambini, tappi di bottiglie arrugginiti su cui sono ancora leggibili scritte di marchi intramontabili (come San Pellegrino o Coca Cola, Zuegg, Chianciano).
“L’Italia in casa. Forme, oggetti, colori” raccoglie pubblicità legate alla casa e alla casalinga degli anni ’50.
Proseguendo, il percorso espositivo inoltra nel mondo della famiglia, dei bambini e della loro salute (“la salute vien mangiando…”), del tempo libero, della moda febbrile dei concorsi a premi e di un’Italia ripresa “dal vivo” con scene di pic-nic in montagna, ristori, camioncini della Coca-cola con le cassette di legno in bella mostra che girano per Napoli, lussuosi bar in riva al mare e refettori affollati di bambini.
“Un’Italia in automobile che si ferma in autogrill” è una delle immagini che meglio rappresenta le prime avvisaglie storiche e “on the road” di una modernità incalzante. Riviste e oggetti accompagnati da efficaci slogan promettono un’immortalità giovane e fresca, un “carpe diem” popolare e incantato da non lasciarsi sfuggire che illustra la gioia di pranzare tutti insieme, i giochi della seduzione, la simpatia di bambini paffuti e vispi dalle labbra color fragola grazie a pappe prelibate e dolciumi, casalinghe anni ’50 in perfetta forma che armeggiano con i primi oggetti del desiderio degli italiani, i frigoriferi “a sbrinamento automatico” Westinghouse, o con le prime cucine a gas TAPPAN.
Immancabili poi - in una cucina perfetta -sono le rubriche sul galateo e sulle norme per gli ospiti de “Il libro della massaia” (1951, Trieste), in un gioco a rimbalzo di rimandi e messaggi sognanti, speranze e subitanee identificazioni tra i mondi ideati dai produttori e i consumatori degli anni del Boom.
Le famiglie del ‘67 sono già molto diverse da quelle Barilla degli anni ’50: tagli sbarazzini per giovani donne in carriera e perennemente attaccate alla cornetta del telefono, tubini colorati, stivali lucidi, sorrisi smaglianti e case con ogni comfort colorano la grafica pubblicitaria di quel periodo.
La “farmacia perfetta” di un ottimismo reificato con un’incredibile faccia tosta garantisce di risolvere qualsiasi défaillance e limite umano, confezionando con la carta giusta – e l’offerta di un nuovo, scintillante stile di vita – macchinette per il caffè Moka express, frigoriferi Ignis con cibo così realistico da far venire l’acquolina in bocca (che evoca l’arte di Norman Rockwell), panettoni Motta, amari, crème caramel Royal, carni in scatola, liofilizzati per pargoli, caramelle “Du…Du..Dufour” “Moretta” e “Charms”, paste, pentole in acciaio inossidabile Lagostina, dadi Knorr, bacinelle color pastello di Moplen (“Mo…Mo…Moplen!” grida lo slogan), guanti Pirelli per i piatti, torroni, ghiaccioli TIP, gazzose, detersivi per piatti TRIM, lessi pronti e frullatori d’ultima generazione CGE.
Un universo che andava man mano colonizzando (e colorando) la pellicola in bianco e nero del dopoguerra e gli interni domestici dell’uomo moderno, sempre più attore del quotidiano. Gli oggetti esposti e le illustrazioni sono ricoperti della stessa, infrangibile forza evocativa di allora, rivestita adesso da un fascino “retrò” e da un’irresistibile “patina di vissuto” che ne accresce i seducenti bagliori. Un cosmo fantasioso e traslucido, un “Paese di Cuccagna” nuovo di zecca rivestito della nuova vernice scintillante del desiderio che detiene ancora oggi il potere di far sognare grandi e piccini e che tende una stella filante storica all’odierno rit(m)o del consumo.
Semplicità, chiarezza, audacia, e inscindibilità tra il prodotto e la sua rappresentazione erano le linee-guida delle illustrazioni di geni del mestiere, come Leonetto Cappiello, Walter Molino e Gino Boccasile, firme italiane di uno stile inimitabile che con la sua grafica di colori pastosi, disegni stilizzati, frasi a effetto e collage fantasiosi promuoveva non solo i prodotti, ma un’ “irrrr…esistibile!” (come recita lo slogan del cono Algida) “american way of life”, fatta di comodità, emancipazione, successo e complicità con l’altro sesso.
La mostra – visitabile fino al 6 gennaio – è la ricomposizione di un fervore culturale che è stato in grado di spazzare via “le polveri di ieri” - come recita lo spot del detersivo VIM “sbianca e disinfetta” - e di incidere profondamente sul costume e la mentalità degli italiani attraverso nuove abitudini, sogni e tendenze. E dopo la mostra, la vista di tanto cibo disegnato mi ha fatto venir fame. Così sfodero il mio imperituro snack. D’altronde “è sempre l’ora dei Pavesini”, come il sorriso fotogenico di un attore dentro una sveglia in una pubblicità della Pavesi del 1960 mi ricorda. E mi si scioglie in bocca il dolce sapore di un passato che vive ancora.