Lunedì, 12 Gennaio 2015 00:00

Nel tormentato mondo di Edda: report live

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Al Glue l’ex Ritmo Tribale  presenta live il suo ultimo lavoro

“Cosa vuoi che ti dica? Io con l’eroina ho capito cos’è l’amore, l’eroina è la cosa che ho amato di più al mondo, neanche una persona ho mai amato così. Il che ti fa capire che bella persona sono…” 

Edda e le sue perversioni sessuali, Edda che si buca, Edda razzista, sociopatico, misogino, psicotico, Edda che canta i mantra Hare Krishna di primo mattino: rifiuta la  droga, si astiene dal sesso e dal gioco d’azzardo. L’Edda violento, l’Edda vegetariano, l’Edda viscerale e perverso, l’Edda che rifugge ogni forma di piacere corporeo.

Edda è contraddizione e incongruenza. I suoi album affreschi biografici crudi e sanguigni, i suoi testi, spesso ambigui, talvolta disturbanti, quasi sempre conditi di dettagli scabrosi, lasciano poco spazio alla coerenza. Odio, violenza, prostituzione, mal di vivere sono il contesto che incornicia e racchiude il nonsense nervoso e tagliente del cantautore milanese. 

Al secolo Stefano Rampoldi, Edda è stato il frontman di uno dei principali gruppi indie degli anni Novanta, i Ritmo Tribale. Dopo lo scioglimento della band ha lavorato per molti anni come operaio fino al ritorno sulle scene musicali nel 2009 con un progetto solista che ha fruttato album di grande intensità e competenza, tutti licenziati dalla Niegazowana Records, come Semper Biot (2009), Odio i Vivi (2012), nonché l’ultimo Stavolta Come Mi Ammazzerai, che proprio su queste pagine è stato eletto fra i migliori album italiani del 2014 (vedi qua). 

Al centro della attesa performance live di sabato 10 Gennaio al Glue di Firenze, gremito come non mai di pubblico, c’è proprio la presentazione del suo ultimo lavoro, ampiamente apprezzato dalla critica specializzata. Accompagnato da Luca Bossi al basso e alle tastiere e da Fabio Capalbo alla batteria, Edda non delude le aspettative. Approccio viscerale, suono tagliente, voce incisiva: i brani vengono restituiti con un pathos e una sincerità sorprendenti mentre intrecci sonori polimorfi danno vigore e voluminosità alle liriche. L’apparente semplicità, l’atteggiamento artigianale e diretto, quasi improvvisato, non nasconde infatti brillanti soluzioni sonore e arrangiamenti ben equilibrati.

I suoi cavalli di battaglia si susseguono in un crescendo di turpiloquio e politically incorrect, unendo in maniera al limite del disturbante trash (“Yamamay”, “Peppa Pig”), stereotipi ottusi (“Ragazza Meridionale”), sessismo spicciolo (“Puttana da 1 Euro” o “Stellina”: tu sei solo pelle e fica/ anoressica), rendendo dei motivetti di cattivo gusto, piccoli inni da ospedale psichiatrico. 

C’è la tensione nervosa degli Afterhours, il procedere obliquo di Fausto’o, la paranoia in salsa CCCP, la ruggine abrasiva dei Marlene Kuntz, l’estetica lo-fi di Bugo, le schegge punk impazzite di Rino Gaetano, c’è, soprattutto, un artista che ha aggiornato la lezione dell’indie italiano degli anni novanta in chiave cantautorale, senza manierismi né nostalgie, ma ricordandoci, se ce ne fosse ancora bisogno, che a cinquant’anni si può essere ancora sufficientemente attuali e freschi da surclassare senza sforzo una porzione significativa di quella generazione di giovani dilettanti all’indie-sbaraglio che vanno per la maggiore oggi.

Dal vivo Edda riesce a rendere più trascinante e coinvolgente la sua musica, permette di entrare all’interno delle sue vicende semi-biografiche più scabrose e ripugnanti, di navigare nell’oceano delle sue contraddizioni e insensatezze. Non si può che rimanere soddisfatti. Perché il suo stile è restituito in maniera genuina e fedele, senza filtri. 

(voto: 7,5)

La foto è di Enrico Fiorasi ed è stata ripresa liberamente da Facebook (vedi qui)

Ultima modifica il Domenica, 11 Gennaio 2015 22:42
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

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