Sabato, 29 Agosto 2015 00:00

L'incanto dell'astrazione pura: il ritorno dei Beach House

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L'incanto dell'astrazione pura: il ritorno dei Beach House

"Come un quadro espressionista astratto di un sole sbiadito" è la felice definizione che il Guardian ha dato riferendosi all'ultimo lavoro del duo composto da Victoria Legrand e Alex Scally, in arte Beach House. Disponibile già in ascolto streaming in rete, ma in uscita il 28 agosto, Depression Cherry è una delle novità discografiche più attese in ambito indie di tutto il 2015. Del resto il gruppo di Baltimora non ha mai sbagliato un colpo, scolpendo con dovizia di particolari un proprio solido approccio indie pop per poi proseguire per piccoli aggiustamenti successivi volti a levigare le leggere imperfezioni che hanno ben presto portato alla maturità compositiva ed espressiva di gioiellini come Teen Dream (2010) e Bloom (2012). Ma è su questo Depression Cherry che si vogliono tirare le somme di un certosino lavoro di perfezionamento: l'album non è probabilmente il capolavoro della loro discografia, ma è sicuramente il momento dialettico della loro sintesi artistica, in cui tutti gli elementi del passato, trovano in queste 9 tracce il loro posto ordinato.

Un finale parziale dunque, in cui il sonnambulismo melodico, l'incanto della pura astrazione, la vertigine del diluito e dello sfumato, sono al centro dell'ennesimo, estetizzante sogno. Con i Beach House, il dream pop ritrova la strada di casa, ricuce lo strappo fra la new wave dei Cocteau Twins e la shogaze degli Slowdive e My Bloody Valentine, aspirando a ritrovare quella centralità che sembrava aver perso a partire dalla seconda metà degli anni novanta.

Depression Cherry mostra un gruppo che può finalmente permettersi anche un po' di autoreferenzialità: il cantato languido e onirico di Victoria continua a ricercare l'atmosfera ma anche l'incanto melodico (i refrain di gran classe e di visionaria bellezza di "Sparks" o di "Beyond Love") mentre la chitarra di Alex non è mai stata tanto gentile, riducendo praticamente a zero le increspature ma creando comunque un diffuso anche se soffice tappeto di suoni filtrati ed eterei, aperti ed evocativi ("Levitation", "PPP", l'estenuante ascesa celestiale di "Days of Candy").

La solida impronta del marchio Beach House su Depression Cherry è sufficiente a farne un album di valore, anche se il suo carattere riepilogativo e ibrido lo rendono meno memorabile di lavori stupendi nella loro imperfezione e parzialità come Devotion o Teen Dream. Pur aggiungendo poco, il nuovo disco rafforza la candidatura dei Beach House ad alfieri del dream pop anche in questo decennio. Rappresenta inoltre un ottimo punto di partenza per chi volesse approcciarsi per la prima volta al duo di Baltimore.

7/10

Ultima modifica il Venerdì, 28 Agosto 2015 15:12
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

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