Sabato, 11 Marzo 2017 00:00

Trent'anni sull'albero di Joshua Tree

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Trent'anni sull'albero di Joshua Tree 

Mentre i fan di tutto il mondo attendono "Songs of Experience" (il sequel di "Songs of Innocence"), gli U2 torneranno in tour per il globo per festeggiare il trentennale di uno dei loro capolavori: "The Joshua Tree". Il 15 e il 16 luglio saranno anche a Roma allo Stadio Olimpico.

Era il 9 marzo 1987 quando l'album uscì. Francamente non ricordo niente di quel periodo perché non avevo ancora compiuto un anno di vita. I pannolini e i sonnellini riempivano la mia vita. Nonostante questo, ho sempre avuto un debole per la musica degli anni 70 e 80. Se provate a scendere a ritroso nel rock, siete fritti. La musica vi avvolgerà e vi cambierà la vita. Almeno questo è il minimo comune denominatore di un ascoltatore appassionato di rock. 

Ma torniamo a noi. Il 1987 era un anno carico di ottimi dischi. Fortunatamente non c'erano né gli "andiamo a comandare con il trattore in tangenziale" né i "comunisti con il rolex". Quel fenomeno di Gigi D'Alessio suonava ancora alle feste dei boss mafiosi. Tuttavia nel mondo uscivano dischi incredibili: c'erano Bruce Springsteen con "Tunnel of love", "Document" dei R.E.M. (e quella pazza hit "It's the end of the world as we know it"), "Hysteria" dei Def Leppard, "A momentary lapse of reason" dei Pink Floyd e "Permanent Vacation" degli Aerosmith. Robuccia insomma. In Italia iniziavano a prendere forma Radio Deejay, Videomusic e Mtv. Nel maggio 1987 al Tenax di Firenze andava in scena il live di "Aprite gli occhi" dei Litfiba. Bene, nel solito periodo uscivano anche gli U2 con "The Joshua Tree". C'era poca roba a giro quell'anno, insomma. Solo alcuni dei dischi fondamentali degli anni '80 (e non solo).

Ricordo ancora le emozioni quando, un po' più grandicello, sentivo questi album. Mi sembrava di poter fermare il tempo. Come diceva il Conte di "I love radio rock", in tutto il mondo ragazzi e ragazze avranno sempre i loro sogni… e tradurranno quei sogni in canzoni. Un giorno (avrò avuto 7-8 anni) stavo ascoltando musica in tv. I videoclip mi piacevano da morire perché da poco tempo prima ero rimasto fulminato da "Streets of Philadelphia" di Bruce Springsteen e da lì stavo iniziando a capirci qualcosa. E poi il cinema per me è sempre stato un'irrefrenabile passione. Finché un giorno sentii una combinazione di suoni letali. Prima una musica lenta, crescente che ti dà sensazione di attesa. E poi c'è lui, The Edge, che squarcia tutto, i tempi crescono, la chitarra inizia a martellare, la voce di Bono ti avvolge e il tuo cuore inizia a battere forte. Per chi non avesse capito di cosa sto parlando, avevo sentito per la prima volta "With or without you". Il Cupido del rock mi aveva colpito. Forte. E pensare che la band voleva accantonare la canzone... Questo pezzo, tra i tanti, ancora oggi adora solleticare i miei timpani. Bono (voce), The Edge (chitarra), Adam Clayton (basso) e Larry Mullen (batteria) stavano conquistando rapidamente l'Olimpo del rock con il loro capolavoro definitivo.

Dopo "Unforgettable Fire" (l'album dove c'era la mitica "Bad"), i 4 irlandesi iniziarono la scalata verso l'America. È risaputo, il rock possiede due scuole: quella inglese e quella americana. Gli U2, nonostante fossero geograficamente più vicini alla prima, iniziarono a mescolare il loro talento con blues, country, folk e gospel di matrice a stelle e strisce. Inoltre in quegli anni Bono e The Edge erano immersi nella lettura di Capote, Mailer, Carver, Tennesse Williams, Bukowski. I loro testi, molto cinematografici, erano profondamente influenzati dalla letteratura americana. Il disco avrebbe dovuto chiamarsi The Two Americas, e doveva raccontare un tema a me caro: la doppia faccia del Paese a stelle e strisce. C'è la parte mitica, della musica, del cinema e della letteratura, e quella reale, politicamente guerrafondaia e ancorata all’avidità di Wall Street. La copertina del disco dice questo, in sostanza.

Grazie anche alle amicizie con Patti Smith, Van Morrison, Bob Dylan e Bruce Springsteen, i quattro riuscirono a centrare il bersaglio. "The Joshua Tree" è un disco fondamentale, ricchissimo. Nell'album c'è di tutto: amore, la rabbia per la politica estera degli USA dell'amministrazione Reagan, il fascino per la campagna americana, gli spazi immensi, la libertà. Il titolo del disco rimanda a una pianta originaria del sud ovest degli Stati Uniti (California, Arizona, Utah e Nevada). Lo Joshua tree è anche un parco nazionale ricco di esemplari di questa pianta. Basterebbero i primi tre pezzi della tracklist per cogliere la grandiosità di questo incredibile disco. Pochissimi artisti possono vantare un uno-due-tre così potente: Where the streets have no name, I still haven't found what I'm looking for e la già citata With or without you.
Potevano fare un cd con tre pezzi e già tutto avrebbe avuto più di un senso, ma gli U2 regalano altri otto brani di primissima scelta: Bullet the Blue Sky, Running to Stand Still , Red Hill Mining Town, In God's Country, Trip Through Your Wires, One Tree Hill, Exit e Mothers of the Disappeared. Ma veniamo a spiegare meglio cosa significa questo disco in dettaglio:

Where the Streets Have No Name: La titletrack è stata ispirata dal viaggio in Etiopia che Bono compì assieme alla moglie in seguito al Live Aid. Lo stesso cantante svelò il significato: "Una storia interessante che mi raccontarono una volta è che a Belfast, a seconda della via dove qualcuno abita si può stabilire, non solo la sua religione ma anche quanti soldi guadagna: addirittura a seconda del lato della strada dove vive, perché più si risale la collina più le case sono costose. Puoi quasi dire quanto guadagna uno dal nome della strada dove abita e su quale lato della strada ha la casa. Questo mi disse qualcosa, e così cominciai a scrivere di un posto dove le vie non hanno nome". Altra canzone di cui non si può fare a meno. Dal vivo, subito dopo "All I want is you", si lega benissimo. Guardatevi il memorabile dvd concerto allo Slane Castle di Dublino e se rimarrete indifferenti, vuol dire che non state vivendo.

I Still Haven't Found What I'm Looking For: L'interrogativo sulla difficoltà da parte del credente di mantenere salda la sua fede in Dio. Pura estasi musicale. In duetto con Bruce Springsteen o Patti Smith, è memorabile.

With or Without You: la ballata parla di una doppia storia: la fine dolorosa di un amore e una saggia riflessione sulla religione. Dal vivo è una canzone di cui non si può fare a meno. Cult assoluto per gli amanti degli U2. A partire dall'intro fino alla progressiva crescita con la chitarra di The Edge.

Bullet the Blue Sky: Ispirata dai viaggi in Centro America, è una critica acuta a Reagan e alla politica estera americana.

Running to Stand Still: Dopo "Bad", Bono affronta il delicato tema della droga. Questa volta si parla di eroina.

Red Hill Mining Town: Questo splendido pezzo è dedicato ai lavoratori delle miniere. Uno dei lavori più duri e usuranti in assoluto. E' una critica nemmeno troppo velata al Governo Tatcher.

In God's Country: Bono parla del deserto americano, delle emozioni che gli provocano. Ma tale panorama è paragonabile all'avidità della società, stile "Non è un paese per vecchi" di Cormac Mc Carthy.

Trip Through Your Wires: L'amore spesso è anche prigionia. Come questa donna che si "allaccia" al suo uomo.

One Tree Hill: Canzone dedicata a Greg Carrol, uno degli assistenti della band che morì in un incidente a Dublino. A lui è dedicato il disco, oltre alla collina di Auckland, in Nuova Zelanda (paese natio di Carrol).

Exit: Il pezzo più ispirato da Springsteen e dalle sue immagini cinematografiche. In questo caso "La morte corre sul fiume". Al centro di questa storia c'è un uomo religioso che diventa omicida.

Mothers of the Disappeared: Il pezzo di chiusura è dedicato alle Madri di Plaza de Mayo, ovvero i dissidenti scomparsi (e spesso trucidati) in Argentina durante la dittatura dalla metà degli anni 70.

Il prossimo 2 giugno verrà pubblicata un' edizione celebrativa di questo leggendario disco. Oltre agli 11 brani dell’album, l’edizione Super Deluxe da collezione includerà una registrazione del Concerto al Madison Square Garden (“Joshua Tree Tour”, 1987), rarità e B-side dalle sessioni di registrazione originali dell'album, nuovi remix di Daniel Lanois, St Francis Hotel, Jacknife Lee, Steve Lillywhite e Flood.
Nell'attesa potete ascoltare (o riascoltare) il disco qui. Ne vale decisamente la pena.

Ascolta The Joshua Tree qui

Ultima modifica il Venerdì, 10 Marzo 2017 17:59
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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