L’immortale libertà di Carmen, alla Scala

Fu l’ultimo lavoro musicale di Georges Bizet, la Carmen che è oggi tra le opere più rappresentate al mondo e di cui lui, morto dopo soli pochi mesi dalla fallimentare prima parigina del marzo 1875, non potette assaporare il seguente clamoroso successo.

Un genio di cui si devono ancora indagare i molteplici risvolti, dalla produzione poliedrica ed eclettica, rimasto nella memoria popolare per i tre capolavori Les pêcheurs de perles, L’Arlésienne e la celebre Carmen, appunto.

Si potrebbe fare il paio con altri compositori precoci spentisi in giovane età nel pieno della produzione artistica, eppure Bizet resterebbe a buon diritto un unicum della storia della musica occidentale. Carmen, il suo lavoro sommo, è capace ancora oggi di stupire, commuovere e incuriosire ad ogni rappresentazione, ad ogni esecuzione, ad ogni ascolto: la trama e la musicalità di quest’opera non cessano di porci interrogativi e di darci risposte sempre nuove, come se fosse sempre la prima volta.

Il soggetto è tratto dal romanzo omonimo di Mérimée, ma nel libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy viene radicalmente stravolto, arricchendo i personaggi e ricostruendo ex novo la vicenda d’amore tra Carmen e Don José. Da novella di costume Carmen diventa un dramma quasi verista (e quasi politico, nella Parigi in piena lotta di classe che aveva appena combatto per la Comune), in cui però solo alla fine è permesso mettere in scena la morte, pure continuamente evocata.

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Non un allestimento inedito, è vero, ma alla Scala ogni cosa ha il sapore della novità, tanto più uno spettacolo di balletto sulle musiche settecentesche di Johan Sebastian Bach.

E così va in scena in questi giorni al Piermarini “Cello Suites – In den Winden im Nichts”, del coreografo svizzero Heinz Spoerli, un artista eclettico e insuperabile nel suo genere. Dalle famosissime e sublimi suite per violoncello solo Spoerli ha ricavato, nel 2003 a Zurigo, due lavori ispirati ai quattro elementi primordiali delle filosofie naturalistiche: terra, acqua, fuoco, aria. Con questo spettacolo egli ha messo in danza le suite n. 2, 3 e 6, ispirandosi al principio arioso, al vento.

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Dopo più di due secoli riempie ancora le sale l’opera di un ragazzino di sedici anni, straordinaria e piacevole contro ogni aspettativa. Se è pur vero che il soggetto non è entusiasmante e che buona parte della partitura è semplicemente l’esito necessario delle regole di composizione del tempo, vi è già con chiarezza quell’insieme di sonorità cristalline e limpide decisamente mozartiane.

Composto a Milano nel 1772 per il Regio Ducal Teatro, l’antenato della Scala, il Lucio Silla è un’opera seria in tre atti in pieno stile classico: erano 30 anni che Lucio Silla non tornava al suo teatro natale ed è oggi in scena alla Scala in coproduzione col Festival di Salisburgo.

Sposta una sola nota e si immiserisce tutto. Cambia una sola frase e la struttura crolla.” Così viene a dire un estasiato Salieri nel famoso film di Forman, e così effettivamente è di fronte alle composizioni di Wolfgang Amadeus Mozart, genio musicale insuperato, precocissimo e prodigioso, che già da fanciullo componeva su commissione delle più importanti famiglie europee.

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Imponente e maestosa, Aida è l’opera nazionalpopolare per eccellenza, un capolavoro italiano famoso in tutto il mondo e tra i più rappresentati in assoluto.

Ad Aida non manca nulla, amore, guerra, pietà, odio, il travolgente corso collettivo degli eventi e l’intreccio inestricabile delle passioni individuali. Lo scenario esotico e la musicalità spettacolare incorniciano quest’opera intramontabile.

Giuseppe Verdi la compose nel 1871 su pressante richiesta del Chedivè d’Egitto Ismail Pascià per celebrare la precedente apertura del canale di Suez. In verità non molto propenso a scrivere su commissione, Verdi dovette essere convinto da amici francesi, tra cui il prezioso Du Locle, direttore dell’Opéra Comique di Parigi, e infine cedere, attratto dal soggetto del Mariette.

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Mentre infuoca il dibattito sull’inaugurazione dell’Expo il 1 maggio alla Scala con Turandot (in una lettera individuale la Direzione del Teatro ha chiesto alle maestranze e agli artisti la disponibilità a lavorare, suscitando la contrarietà dei sindacati), va in scena l’Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi, tra le prime opere della storia della musica occidentale.

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Domenica, 18 Maggio 2014 00:00

Quesiti milanesi davvero preoccupanti

Non pare che la magistratura milanese, come dire, si sia particolarmente compromessa nell'applicazione della pena che Berlusconi è tenuto a subire a seguito di una condanna definitiva per frode fiscale. Giusto che gli anziani colpevoli di reati anche gravi non debbano andare in carcere ma subire pene alternative meno pesanti; giusto il fastidio (secondo me) per chi rivendichi pene più pesanti del minimo necessario, dinanzi a ogni reato, con la sola eccezione di quelli reiterabili e più pericolosi: tuttavia, se posso dirlo, a me una condanna tradotta in mezze giornate alla settimana a giocare a briscola con dei vecchietti o a raccontargli barzellette sembra una presa per il culo della popolazione italiana. Tanto più che Berlusconi continua tranquillo ad attaccare i magistrati autori di indagini e condanne come protagonisti di una persecuzione politica e addirittura di un colpo di stato: ciò che per il fatto stesso della mitezza della condanna in corso di esecuzione dovrebbe essergli impedito come contropartita.

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