Venerdì, 27 Febbraio 2015 00:00

Lucio Silla, torna alla Scala il giovanissimo Mozart

Scritto da
Vota questo articolo
(5 Voti)

Dopo più di due secoli riempie ancora le sale l’opera di un ragazzino di sedici anni, straordinaria e piacevole contro ogni aspettativa. Se è pur vero che il soggetto non è entusiasmante e che buona parte della partitura è semplicemente l’esito necessario delle regole di composizione del tempo, vi è già con chiarezza quell’insieme di sonorità cristalline e limpide decisamente mozartiane.

Composto a Milano nel 1772 per il Regio Ducal Teatro, l’antenato della Scala, il Lucio Silla è un’opera seria in tre atti in pieno stile classico: erano 30 anni che Lucio Silla non tornava al suo teatro natale ed è oggi in scena alla Scala in coproduzione col Festival di Salisburgo.

Sposta una sola nota e si immiserisce tutto. Cambia una sola frase e la struttura crolla.” Così viene a dire un estasiato Salieri nel famoso film di Forman, e così effettivamente è di fronte alle composizioni di Wolfgang Amadeus Mozart, genio musicale insuperato, precocissimo e prodigioso, che già da fanciullo componeva su commissione delle più importanti famiglie europee.

La musica di Mozart sembra davvero troppo perfetta per un uomo, e l’ascoltatore di oggi, dopo due secoli di storia della musica, ne apprezza ancor di più l’immensa qualità. I suoni giusti al momento giusto, frasi armoniose, proporzionate, serene e bilanciate, senza mai stravolgere gli schemi della composizione classica la musica di Mozart ha il carattere inconfondibile e originale della pura bellezza. L’economia musicale del genio di Salisburgo è fondata su una matematica ed una geometria consolidate, in cui egli però gioca con estrema facilità e con altrettanta semplicità costruisce monumenti tanto delicati quanto piacevoli.

Il libretto è di Giovanni De Gamerra, apprezzato autore dell’epoca, con la sostanziale collaborazione di Pietro Metastasio, l’immenso poeta e drammaturgo. Mozart, che già conosceva l’italiano, si trova a mettere in musica un testo elegante e raffinato, e lo fa con colore e trasporto. Il finale a sorpresa, fin troppo lieto, corona una trama lineare ma densa di azioni interiori, e i personaggi, che pure non compiono grandi imprese, sono gravati dai rispettivi insolubili tormenti.

La storia di Lucio Silla fu messa in musica da più compositori (tra cui Handel e Johann Christian Bach) e a Mozart toccò cimentarvisi proprio mentre a Salisburgo si complicava la sua vita con l’ascesa al soglio principesco dell’arcivescovo Colloredo a lui ostile. L’opera fu subito travagliata, non solo Mozart l’aveva composta di malavoglia, ma alla prima messa in scena iniziò con qualche ora di ritardo per attendere l’arrivo dell’Arciduca, infine, l’interprete di Lucio Silla dovette essere sostituito per malattia da un cantante di scarsa qualità. Tuttavia durante questa trasferta milanese Mozart ebbe occasione di incontrare il grande compositore Paisiello.

Anche alla Prova Generale del 24 febbraio è occorso qualche inconveniente. Una prova di lavoro si potrebbe dire, con ancora degli aggiustamenti di allestimento da operare (decisamente troppo rumorosi e pasticciati alcuni cambi scena) e ben due interpreti ammalati e sostituiti. Tra questi il fenomenale Rolando Villazòn, Lucio Silla.

La storia si snoda tra l’intreccio amoroso e quello politico liberamente ispirati alla vicenda politica del dictator Lucio Cornelio Silla, che tra l’82 e il 79 a.C., dopo aver sconfitto i populares di Gaio Mario, resse il potere assoluto nella Roma repubblicana delle guerre civili. Il tema è quello illuministico del “buon sovrano”, con qualche concessione alle tematiche repubblicana ed eroica. La versione messa in scena alla Scala è ridotta e sono tagliati alcuni recitativi e arie, tra cui quelli che dovrebbero impegnare il personaggio Aufidio, tribuno di Silla, qui del tutto assente.

Di seguito la trama dell’adattamento che vedremo alla Scala nei prossimi giorni:

Atto primo. Il proscritto Cecilio, sostenitore di Mario appena sconfitto da Silla, è tornato in gran segreto a Roma per riunirsi alla sua amata Giunia, figlia dello stesso Mario. Lo accoglie Lucio Cinna, alleato di Mario e Cecilio che fingendosi amico di Silla è rimasto nella Capitale, e lo informa che il dittatore è anch’egli innamorato di Giunia e la corteggia con l’aiuto della sorella Celia, amica della ragazza. Al fine di conquistare il suo amore, Silla ha fatto credere a Giunia che Cecilio sia morto in esilio, ma questa resta fedele all’amato e gli giura eterna fedeltà, contro i vani tentativi amorosi di Silla. Il dittatore, sconfortato, le minaccia violenza ricattandola: o il matrimonio o la morte. Giunia, disperata, si reca con la servitù al mausoleo di Mario per onorare e implorare intercessione presso l’anima del defunto padre e qui incontra Cecilio, nascosto nell’ombra, che riconosce a stento mentre nell’oscurità canta un coro spettrale. Cecilio e Giunia invocano vendetta.

Atto secondo. Silla decide di porre fine alle discordie civili allestendo due matrimoni, il suo con Giunia e quello della sorella Celia con Lucio Cinna, di cui lei è effettivamente innamorata. Intanto Cecilio non sa come risolversi ed è combattuto tra l’ipotesi di attentare alla vita di Silla o meno, riflettendo sui rischi che corre la stessa Giunia. Tanto Cinna quanto Giunia provano a dissuaderlo. Silla ritenta di ammorbidire i sentimenti di Giunia per lui, ma senza successo, e allora le promette la morte per lei e per tutti i suoi amici. Giunia, sconvolta, chiede a Cecilio di fuggire, ma invano: proprio mentre si stanno per compiere le nozze in Campidoglio, Cecilio incombe in Senato e sfida Silla e i suoi, spada in mano. Facilmente sopraffatto, viene condotto in catene in attesa dell’estrema punizione.

Atto terzo. Lucio Cinna, turbato per gli avvenimenti, promette la sua mano a Celia se questa intercederà presso Silla per ottenere pietà nei confronti di Cecilio e Giunia. La figlia di Mario, intanto, riesce a raggiungere l’amato in carcere e insieme pregano e si giurano fedeltà eterna: Cecilio morirà in pace e Giunia è pronta a seguirlo. Celia e Lucio Cinna fanno intendere a Silla quanto sconveniente sarebbe l’uccisione di Cecilio per la sua reputazione e il dittatore riflette a lungo sulla propria vita: egli è odiato come autarchico tiranno, ma nessuno conosce i suoi travagli interiori e i nobili sentimenti che ne hanno sempre guidato la condotta, la sua coscienza è pura e i crimini che ha commesso sono il necessario scotto da pagare per il mantenimento del potere. Proprio mentre sta per condannare Cecilio, e Lucio Cinna che nel frattempo ha confessato il suo odio per il dittatore, Silla sconvolge il Senato perdonando i due congiurati e, anzi, stabilendo le rispettive nozze con le corrispondenti amate. Mentre cresce il giubilo popolare, Silla revoca leggi straordinarie e liste di proscrizione e si dimette dalla carica dittatoriale. Il coro dei presenti è in estasi: a Roma è tornata Libertà e ne è alfiere proprio il nobile Lucio Silla.

L’eliminazione di alcune scene non è sempre felice e l’effetto è un’amplificazione dei colpi di scena e dei capovolgimenti delle aspettative, ma il risultato complessivo non compromette la tenuta della trama e della struttura musicale.

La regia di Marshall Pynkoski è un’azzardata mistura di tradizionalismo e innovazione. Se è davvero notevole la ricostruzione all’interno del palcoscenico della Scala di un teatro neoclassico (per la prima volta in questa stagione scaligera il sipario si apre “all’italiana”), con tanto di scene fisse, pavimento marmoreo e palchetto a lunetta che si protende sulla buca d’orchestra, è però fin troppo scarno il gioco di colori, sempre soffusi e ovattati, e incomprensibile il continuo alternarsi di luce e buio, con tanto di riflettori seguipersona. A ravvivare l’allestimento, i costumi settecenteschi precisi e incantevoli, che insieme alle movenze e alle posture tipiche della teatralità barocca producono effetti di fotografia molto evocativi.

In generale colpisce l’alternanza di scene assai statiche e scene quasi “comiche”, come la trasformazione del soliloquio di Silla nel terzo atto in un dialogo in proscenio con il trio corno, fagotto e oboe su due pedane in buca d’orchestra.

Filologica la scelta di isolare le arie dei cantanti e di coreografare i ballabili, ma appesantisce l’idea dei continui cambi di scena con il movimento in orizzontale, inutile, dei finti colonnati laterali e la calata di quinte, ben dipinte con architetture e paesaggi romani, a chiusura degli ambienti, già comunque ridotti.

Il risultato finale è spettacolare e piacevole, ma poteva certamente essere assai superiore sfruttando meglio le intuizioni registiche, pure ragguardevoli, e rimarcare con coerenza l’attualità degli allestimenti tradizionali. Pynkoski non ha voluto scegliere e lo spettatore attento non può non cogliere una certa noia nel permanere in questo limbo.

Il contraltare lo marca il direttore Marc Minkowski, vero e proprio cultore della musica barocca e classica, il cui stile così francese, brillante e scandito, non è forse aderente alla severità del Lucio Silla, ma senza dubbio immerge l’ascoltatore nella musicalità dell’epoca. L’esecuzione è di successo e ben si abbina alla regia.

Se non è stato possibile ascoltare l’interpretazione del tenore Villazòn, è stata però davvero straordinaria l’interpretazione delle giovanissime Marianne Crebassa, Cecilio, Giulia Semenzato, Celia, nonché di Lenneke Ruiten, Giunia.

La Crebassa in particolare ha fornito prova di tutto il suo potenziale, con dizione perfetta e voce fenomenale, si è rivelata un mezzosoprano di altissima qualità, imprimendo alla voce precisione nell’intonazione e i giusti colori, con timbro sempre pieno nella pur difficile tecnica belcantistica che richiede l’esecuzione del Lucio Silla. Considerando il ruolo maschile un tempo appannaggio dei castrati, interpretato con tanta bravura, Marianne Crebassa risulta certamente l’artista rivelazione di questo allestimento.

Giovanissima e bravissima anche la Semenzato, soprano davvero azzeccato per il ruolo, con una voce straordinaria e senza mai perdere di tecnica, ha dimostrato capacità molto elevate e, nonostante il ruolo non principale, potenzialità di crescita evidenti.

All’altezza delle precedenti anche la Ruiten, soprano già impegnato con Mozart, dalla tecnica precisa e puntuale e dalla dizione sempre perfetta. È parsa del tutto a proprio agio nel ruolo, con l’unico difetto di qualche piccolissima sbavatura d’intonazione verso la fine dello spettacolo, dovuta forse più alla stanchezza che alla preparazione.

Bravi i ballerini della Scala, che hanno reso merito al Corpo di Ballo, ultimamente non sempre al meglio delle qualità, nelle brevi ma precise coreografie in spazi ridotti e già occupati dai cantanti.

Meno entusiasmante il Coro, i cui due interventi sono stati incomprensibilmente poco adeguati alle capacità appena dimostrate in Aida. La musica di Mozart, che pretende estrema puntualità, sincronia e coesione, non ha sopportato un’esecuzione alquanto superficiale e rumorosa.

Aspettiamoci con dovute ragioni la divisione della critica autorevole. Se il risultato, a mio avviso, è comunque positivo e piacevole, è anche vero che Lucio Silla poteva ispirare a Pynkoski una regia più pulita e lineare e rendere più in profondità le dinamiche interiori. Il fatto sicuro, a prescindere da ogni contesto, è che le note di Mozart non riescono a non commuovere l’animo umano e a rapirlo dalla realtà, di soppiatto, con cauta e gentile leggerezza. 

 

 

 

Ultima modifica il Giovedì, 26 Febbraio 2015 15:54
Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.