Il gambero marmorizzato sembrava l’ennesimo gambero di fiume esotico, resistente, onnivoro, non particolarmente vistoso e in grado di tollerare l’incuria di pressoché qualsiasi acquariofilo dilettante – motivo per il quale divenne decisamente popolare. Dopo qualche tempo, però, i possessori di gamberi marmorizzati iniziarono a rendersi conto di una cosa molto curiosa: i gamberi marmorizzati erano in grado di produrre uova fertili – grandi quantità di uova fertili – anche quando erano tenuti da soli in un acquario. E, in effetti, tutti i gamberi marmorizzati esaminati erano di sesso femminile. Il gambero marmorizzato era, quindi, una specie partenogenetica composta da sole femmine. Nemmeno questo è particolarmente strano: molte specie animali, dai pidocchi delle piante ai varani, sono in grado di riprodursi per partenogenesi; alcune specie, ad esempio alcuni piccoli pesci d’acqua dolce, sono composte esclusivamente da femmine. Tuttavia nessun crostaceo decapode, il gruppo cui appartiene il gambero marmorizzato, è noto per questa caratteristica.
I gamberi d’acqua dolce sono considerati tra le specie invasive più dannose e più difficili da tenere sotto controllo: robusti, resistenti al disseccamento e all’inquinamento, estremamente prolifici, praticamente onnivori, in varie parti del mondo sono riusciti a stabilire popolazioni vitali ed estremamente numerose. Nel nostro piccolo, in Italia, combattiamo con scarsa speranza con il gambero della Louisiana (Procambarus clarkii), più popolarmente noto come gambero killer. Il gambero killer è responsabile della rarefazione di una gran quantità di organismi acquatici, sia perché se li mangia, sia perché compete con loro per il cibo e per lo spazio; tra questi, i gamberi nativi sono i più colpiti, perché i gamberi alloctoni portano spesso con sé malattie che loro sopportano senza troppo disagio, ma che risultano letali per le specie native. Il gambero marmorizzato non fa eccezione, e ben presto si è iniziato a segnalare singoli individui in giro per l’Europa, senza che si andassero a costituire popolazioni stabili, ma con un aumento delle segnalazioni abbastanza allarmante. Nel 2007 è stato scoperto anche in Madagascar, dove ha dato origine ad un’espansione esplosiva, in parte aiutata dagli esseri umani: non è difficile capire come un coltivatore di riso che a malapena riesce a ricavare dalla sua risaia di che vivere possa vedere un gambero invasivo. Potrà anche far scomparire le rane, i granchi e i gamberi nativi, ma è in primo luogo una cospicua, succulenta fonte di preziose proteine. Mentre, quindi, l’Europa, terrorizzata dalle capacità invasive del gambero marmorizzato, ne ha reso illegale il commercio, in Madagascar i contadini si sono passati secchi contenenti i preziosi gamberi, mettendo ulteriormente a rischio una fauna endemica già minacciata, ma garantendo a se stessi e alle proprie famiglie qualche pasto in più.
Abbiamo detto che il gambero marmorizzato è l’unico gambero noto a potersi riprodurre per partenogenesi, e quindi in grado di costituire una popolazione riproduttiva a partire da un solo individuo. Abbiamo anche detto che i gamberi, in generale, sono degli ottimi invasori, si adattano facilmente a nuovi ambienti, sono in grado di resistere a vari tipi di stress e sono pressoché impossibili da eradicare. Se adesso mettiamo insieme le due parti, emerge un terzo punto estremamente sgradevole: abbiamo un organismo estremamente facile da inserire in un nuovo contesto, estremamente dannoso ed estremamente difficile da eradicare, e possiamo far partire un’invasione di successo assoluto da un solo individuo. Il gambero marmorizzato è l’invasore perfetto, è l’incubo di qualsiasi biologo della conservazione. Questo è il motivo della messa al bando di questa specie dall’acquariofilia e dei toni apparentemente allarmistici della comunità europea.
A questo punto restava comunque aperta la domanda su chi fosse il gambero marmorizzato e da dove fosse venuto fuori. Come già accennato, l’idea che fosse una specie sconosciuta, ma esistente da qualche parte in giro per il mondo non era affatto peregrina. Soltanto in tempi estremamente recenti, utilizzando metodi molecolari, il gambero marmorizzato è stato confrontato con le specie simili, con risultati in qualche modo sorprendenti e di estremo interesse pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Ecology and Evolution2. Il gambero marmorizzato, infatti, non è risultato essere una specie sconosciuta, ma qualcosa di estremamente vicino ad un comune gambero nordamericano, Procambarus fallax, a sua volta strettamente imparentato con il gambero killer, altrettanto americano, già introdotto nelle nostre acque. Mentre Procambarus fallax è un normale gambero a sessi separati che si riproduce sessualmente, però, il gambero marmorizzato è esclusivamente partenogenetico, e il segreto è nascosto nel nucleo delle sue cellule: mentre le cellule di un gambero “normale” contengono, come nella maggior parte degli animali, due copie complete del patrimonio genetico – è, cioè, quello che si definisce un organismo diploide – ogni cellula del gambero marmorizzato contiene tre copie complete del patrimonio genetico. Il primo gambero marmorizzato è nato, non si sa se in natura o già in un acquario, dall’incontro tra due gameti, uno dei quali per qualche motivo aveva raddoppiato il suo patrimonio genetico – la cosa in genere è catalizzata da drastiche variazioni nella temperatura; la conseguenza di ciò è che delle tre copie del patrimonio genetico che ha ogni gambero, due sono pressoché identiche, mentre la terza è decisamente diversa. Questo ha certamente a che fare con la capacità di riprodursi per partenogenesi, ma non spiega tutto: durante la meiosi le cellule uovo dovrebbero perdere una copia del patrimonio genetico; se questa non venisse rimpiazzata, in qualche modo, le figlie di un gambero marmorizzato sarebbero di nuovo diploidi, e per riprodursi avrebbero di nuovo bisogno di un maschio. Invece le figlie sono triploidi come la madre, e come la madre non hanno bisogno di accoppiarsi per riprodursi. È evidente che a un certo punto interviene qualcosa, che come nella maggior parte delle specie partenogenetiche permette una duplicazione del genoma rimasto aploide, ricostituendo un corredo genetico completo. Come questo sia legato alla presenza di queste tre copie non è chiaro, ma è plausibile che in qualche modo vi sia collegato.
Quello che rende questo caso particolarmente interessante è che mette in evidenza una modalità di speciazione – ossia del processo di comparsa di specie nuove – che è stata postulata in molti casi ma, mentre è piuttosto semplice da osservare nelle piante, non era ancora stata documentata in questo modo negli animali, in cui la maggior parte degli arrangiamenti nella ploidia, cioè nel numero delle copie del patrimonio genetico presenti in una cellula, non sono vitali. In alcuni casi la presenza di numeri cromosomici raddoppiati tra specie simili porta a suggerire che la speciazione sia stata in parte guidata da mutazioni sull’intero assetto cromosomico: la zebra di montagna ha 32 cromosomi, mentre il cavallo ne ha 64 – è abbastanza plausibile ipotizzare che a un certo punto nella storia evolutiva di cavalli e asini si sia verificata una duplicazione dell’intero assetto cromosomico, e che gli assetti intermedi siano dovuti a sottrazione da un corredo a 64, o addizione a un corredo a 32, o da un oggi inesistente assetto triploide a 48 cromosomi (e guarda caso, le altre due specie di zebra di cromosomi ne hanno rispettivamente 44 e 46). Tuttavia questo è il primo caso in cui abbiamo potuto assistere alla comparsa praticamente in diretta di una nuova specie: per il momento, il gambero marmorizzato è quasi identico a Procambarus fallax, ma il suo assetto cromosomico è triploide, e la riproduzione avviene in maniera stabilmente partenogenetica, per cui questi due organismi sono isolati dal punto di vista riproduttivo, il che per la maggior parte delle definizioni è sufficiente a qualificarli come due specie distinte. La riproduzione per partenogenesi, come tutte le riproduzioni che non prevedono una fecondazione, ha il vantaggio di accelerare i tempi, e di raddoppiare la prole a parità di popolazione iniziale; ma ha lo svantaggio di ridurre la variabilità genetica della popolazione, limitando la comparsa di mutazioni che possono favorirla nel conquistare nuovi ambienti, o diffondendo mutazioni deleterie. Una specie partenogenetica, quindi, punta sulla quantità, più che sulla qualità, ed è in un primo momento efficace nello stabilire rapidamente una popolazione numerosa, ma in un secondo tempo risulta svantaggiata nell’adattarsi a nuove condizioni ambientali. È plausibile che il gambero marmorizzato come specie abbia una vita relativamente breve; per dirla con le parole del prof. Lyko, uno degli autori dello studio3, “forse sopravvivrà solo centomila anni. Il che per me personalmente è un tempo lunghissimo, ma in termini evolutivi non è che un istante”.
1 https://news.nationalgeographic.com/2015/03/150316-vampire-crabs-animals-new-species-science-pets/
2 https://www.nature.com/articles/d41586-018-01624-y#ref-CR1
3 https://www.nytimes.com/2018/02/05/science/mutant-crayfish-clones-europe.html
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