E per l’ambiente il generale Giap combatté l’ultima battaglia – mezza persa.
Aveva novantasette anni quando il governo annunciò un enorme progetto di estrazione a cielo aperto di oltre 5 miliardi di tonnellate di bauxite, la materia prima per la produzione di alluminio. I due terzi della bauxite sono concentrati sugli altipiani, a Dak Nong, regione verde di foreste e piantagioni di caffè e ricca di acqua. Malgrado le ruggini storiche con la Cina, era stata la Chinalco, gigante cinese dell’alluminio, a ottenere una licenza estrattiva.
A quel punto suscita un certo interesse internazionale la lettera aperta che Giap scrive al governo. Egli descrive il progetto di sventramento come un flagello per i contadini e per tutto il paese - a suo tempo scorticato vivo dall’agente orange degli statunitensi. E chiede a scienziati, economisti e attivisti di «proporre al partito di avere una politica sana e saggia. Non dovremmo sfruttare la bauxite».
Giap cita anche un rapporto del 1980 che metteva in guardia il governo dallo sfruttamento della regione e non solo. Decine di scienziati rispondono al suo appello. Davanti a un padre della patria non si può far finta di nulla e il governo promette di ridurre la scala del progetto. Ma ora, ad anni di distanza, i piani sono di produrre da 6 a 8,5 milioni di allumina (bauxite raffinata) all’anno a partire dal 2015. Giap (morto nello stesso anno di Hugo Chavez, il quale andò a incontrarlo qualche anno fa) non si era improvvisato ambientalista. Aveva già aiutato i movimenti ecologisti nel 1980 quando era vice primo ministro. Secondo lo scienziato Nguyen Huu Ninh, che nel 2007 ha vinto il premio Nobel per la pace con gli altri scienziati climatici dell’Onu (Ipcc), «Giap fu il nostro primo leader, dopo la guerra, a comprendere i problemi ambientali».
Nel 1986 un professore tornato da Londra gli regalò una copia del libro Piccolo è bello dell’economista Schumacher. Era un venerdì mattina. Il lunedì, Giap aveva finito di leggerlo e chiedeva altri testi sull’ecologia.