Mercoledì, 15 Ottobre 2014 00:00

Non ho tempo

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Italia, 1973, di Ansano Giannarelli, drammatico

Ai nostri giorni l’importante tradizione italiana di cinema rivoluzionario vive un momento di crisi, dopo aver dato luogo a una consistente stratificazione di opere cinematografiche capaci di coniugare l’alta qualità artistica, lo sperimentalismo tecnico, l’aspirazione a parlare alle (e dialogare con le) masse popolari, fare del cinema, in quanto elemento di costruzione e di possibile decostruzione ideologica, non più solo uno strumento di dominio della classe borghese subordinato a una logica di profitto, ma uno strumento di elaborazione e di autoemancipazione della classe lavoratrice.

Proprio questi meriti, o almeno una ricerca in tutte queste direzioni, caratterizzano l’opera di cui vogliamo trattare, scritta da Giannarelli in collaborazione con Sanguineti e avvalendosi del contributo del matematico e comunista Lombardo Radice. Il film ripercorre le orme di un personaggio dall’intenso fascino romantico, la cui vita si spense prematuramente nel mistero in anni in cui tanti giovani pagavano col sangue la loro fedeltà alla causa degli sfruttati che appena allora cominciavano a prendere coscienza della propria condizione sociale e a porsi confusamente il problema del potere, da cui non tanto il sistema di voto censitario, quanto la stessa struttura fondamentale di una società incentrata sull’espropriazione capitalistica di plusvalore li escludeva strutturalmente: quanto ha di vero anche oggi questa affermazione! 

Attraverso una narrazione corale e vissuta collettivamente, oggi diremmo “dal basso”, con il contributo di persone estranee al mondo dello spettacolo isolatamente inteso, il film scorre tra più piani, tra finzione e realtà, tra rievocazione storica e prassi rivoluzionaria e riflessione sul cinema, tra il presente e la Francia di Carlo X e poi di Luigi Filippo d’Orléans il “re borghese”, cercando di fare della figura di Evariste Galois un archetipo ispiratore per i rivoluzionari di oggi senza perdere la dimensione storica del personaggio. Vissuto e dipartito nei primi decenni del secolo decimonono, Galois fu al tempo stesso un geniale matematico, molti passi avanti ai propri tempi e da essi non compreso, e un fervente rivoluzionario, repubblicano radicale, in un’epoca in cui l’aristocrazia in declino e la borghesia in ascesa si contendevano la tirannia sulle masse popolari; in entrambi i campi, la comunità scientifica e la politica, si batté senza compromessi contro un potere costituito sordo e ingiusto: e ne fu schiacciato. Ma la sua figura, il suo nome di scienziato e di rivoluzionario oggi sopravvivono e giganteggiano su tanti esponenti di quei poteri che lo irrisero, anche grazie alle chiarificazioni stese nei frenetici appunti e correzioni dell’ultima notte vita del giovane, tentativo di sistemare e riordinare i suoi lavori e le sue scoperte in campo matematico, in cui scrisse la nota a margine “non ho tempo” piena di rabbia e di rimpianto, un’implicita sentenza ultima contro una società iniqua e repressiva che coglie più nel segno delle sentenze che lo avevano colpito.

Le circostanze dell’uccisione di Galois ancora ventenne sono tuttora non chiarite. Si sa che trovò la morte in un duello originatosi da ragioni sentimentali, probabilmente contro un altro rivoluzionario, forse una provocazione orchestrata dalla polizia politica per sbarazzarsi di un personaggio scomodo: un tragico epilogo di una vita segnata dalle sventure e dalle sconfitte, dal suicidio del padre dovuto alle maldicenze messe in giro dai suoi avversari politici (la frangia più reazionaria predominante negli anni della Restaurazione), il misconoscimento delle sue opere (ampiamente rivalutate solo in tempi successivi) da parte della comunità scientifica di allora obnubilata dalla pedanza e da uno spirito conservatore, lo scontro con le autorità della scuola preparatoria da cui finì espulso per ragioni politiche, la repressione poliziesca, i processi, la carcerazione e infine la morte violenta. Ma Galois mai si arrese alle avversità e vi rispose con tutte le proprie energie: la sua coerenza rivoluzionaria, sia pure rimasta confinata dai tempi in un coraggioso volontarismo e cospirazionismo mancante di un orizzonte organico di teoria e prassi – il suo famoso brindisi al Re di Francia brandendo un coltello gli costò ampio scalpore e un processo –, la genialità applicata alla matematica (con apporti di grande portata all’algebra e alla teoria delle equazioni), il tentativo negli appunti e nelle lezioni di mettere in discussione la barriera tra scienza e popolo. A partire dal corso pubblico di algebra superiore organizzato dal matematico nel 1831 e da alcune riflessioni del giovane si sviluppano le riflessioni sul ruolo sociale della scienza come uno dei più significativi elementi di attualità del personaggio che il film ben sviluppa e valorizza: la potenza non neutra della scienza, la sua incorporazione nell’apparato di sfruttamento o nell’apparato di emancipazione della collettività sono temi centrali nell’elaborazione rivoluzionaria novecentesca, che una figura eclettica come quella di Galois fa sorprendentemente presagire. 

Il film, anche nella sua recitazione intenzionalmente straniata e frammentaria – forse per render meglio l’idea della breve ma intensa parabola della vita del giovane – non manca poi di pathos, laddove il ravvicinamento tra personaggi, interpreti e spettatori, tecnicamente realizzato tentando una continua mescolanza di ruoli, è all’insegna di una comune fede rivoluzionaria. Una serie di sequenze, la repressione in piazza e nei luoghi di studio, il processo, il carcere come luogo di esasperazione delle differenze di classe, le condizioni di vita della classe lavoratrice, le barricate sono colti come episodi paradigmatici universalizzati, scomposti e ricomposti passando per i diversi personaggi in scena e attraversando attualità, storia e teoria politica: il tutto contribuisce a rendere il film tutt’altro che superato e a farne un’utile tappa nel percorso di formazione del rivoluzionario di oggi che ben si adegua alla discussione e all’analisi collettiva in contesti politici

Citazioni

“Siete dei bambini: avete posto le nostre teste sul patibolo, ma non avete il coraggio di abbassare la mannaia. Anche noi siamo dei bambini, ma pieni di forza e di coraggio, e la corruzione non entrerà mai nei nostri spiriti repubblicani.” 

“Chi non prova un odio profondo per il presente non può amare il futuro.”   

Ultima modifica il Lunedì, 20 Aprile 2015 00:24
Beccai

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