Domenica, 12 Ottobre 2014 00:00

The Equalizer

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Un eroe dall’identità confusa e senza passato, come insegna la trilogia del dollaro di Leone. Un cattivo stereotipato che ricalca lo stile del Kevin Spacey di House of Cards. La caratterizzazione del vendicatore sullo stile cinematografico della Marvel e alcuni richiami espliciti a recenti film di successo (il più evidente è lo Sherlock Holmes di Robert Downey Jr.). Una parte della critica ha contestato la superficialità della sceneggiatura, quando in realtà in campo c’è una storia semplice e diretta, che esplora senza timore le vie della vendetta. La violenza degli omicidi, il sangue che scorre lungo tutta la pellicola, l’autocompiacimento dei dialoghi e l’uso perfetto della colonna sonora (di discutibile gusto, ma comunque ben utilizzata): aspetti che si possono apprezzare oppure trovare irritanti, a prescindere da come si sviluppano. Il livello qualitativo è ovviamente inferiore ai film in cui si è scolpito il mito di Clint Eastwood, ma sono poche le pellicole derivative in cui i registi riescono a gestire tanti elementi in modo efficace. 

La superficialità del contesto e l’efficacia del contingente, declinati in un film d’azione, rendono il lungometraggio un esempio di buon cinema. Si tiene bene il complesso, toccando l’apice nella lunga sequenza in cui Denzel Washington decide di imitare in chiave letale le pratiche di “Mamma ho perso l’aereo”.

Recitazione adeguata a un film scritto da uno degli autori dei Mercenari 2 (Richard Wenk). Rimane deluso chi si aspettava che dalla coppia di Training Day (stesso regista, stesso attore protagonista) un nuovo film dal fascino controverso capace di conquistare un Oscar. 

Per fortuna c’è chi è ancora capace di sporcarsi le mani con dei film di intrattenimento senza per forza doversi immolare nell’introspezione.

Certo c’è il telefilm da cui è stata tratta la pellicola, certo c’è un filone di giustizieri della notte che ha già sondato il sondabile del genere, così come ci sono altre pellicole più riuscite nel unire all’intrattenimento la denuncia sociale.

Resta però un film di livello medio che gestisce alla perfezione le conquiste del cinema occidentale degli ultimi decenni, attingendo a piene mani tra gli archetipi del pubblico di massa.

Ultima modifica il Sabato, 11 Ottobre 2014 21:49
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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