Riggan Thomson (un Michael Keaton strepitoso) sta per esordire a Broadway con uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da lui. A 60 anni suonati, l'attore tenta di ricostruirsi un'immagine partendo da un testo di Raymond Carver, Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. Sì perché il film si apre con una colta citazione sull'essere e sul sentirsi amati che sono i veri temi di fondo della pellicola. In passato Thomson è stato una star del cinema a Hollywood grazie alla saga di "Birdman" (un iconico uomo-uccello che in realtà sarebbe Batman, visto che Keaton era il protagonista tra la fine degli anni '80 e i primi '90 dei due film dell'uomo pipistrello griffati Tim Burton) e la gente lo ricorda solo per quello. Per intendersi un po' come il Johnny Depp degli anni 2000 che è rimasto "impantanato" nella maschera di Jack Sparrow.
La sua voce interiore gli dice che è un fallito, che doveva accettare di fare un altro film su Birdman, che doveva fare un reality show per prendere i soldi che ha quasi finito. La situazione infatti è disperata dietro le quinte: le discussioni con l'amico produttore Jake (Zach Galifianakis), il rapporto conflittuale con la figlia Sam (Emma Stone), in cura in un centro di disintossicazione, e la turbolenta relazione con la collega Laura (Andrea Riseborough). Inoltre sono in pochissimi a credere in lui, compresa la temibile critica teatrale del New York Times, Tabitha Dickinson (Lindsay Duncan), decisa a stroncarlo ancor prima di vedere la piece (vi segnalo la stupenda scena in cui Thomson rivendica la natura artistica del suo dolore di fronte alla critica che lo disprezza).
E poi c'è da sostituire un attore e mancano pochi giorni alle anteprime. L'attrice Lesley (Naomi Watts) segnala il compagno Mike Shiner (uno spassoso Edward Norton) che è un grande interprete, ma umanamente ha un carattere impossibile da gestire. Bugiardo e fanatico dell’immedesimazione in scena (vero alcol, vere erezioni), ingaggia con Thomson un duello di personalità "ridicolo" ma sfiancante (per lo spettatore è un autentico spettacolo). Riggan non regge la pressione: prima distrugge il camerino cercando di zittire il suo io interiore. Rimane chiuso fuori in strada seminudo con la gente che lo rivuole nei panni di Birdman. Diventa un successo sul web con boom di visualizzazioni (la scena clou del film). Poi si ubriaca e passa la notte per strada. Al risveglio, è convinto di avere davvero i poteri di Birdman (altra scena imperdibile).
Tutti questi ingredienti sono amalgamati piuttosto bene. È veramente un'opera stratificata, sorprendente, considerando anche i toni dei film precedenti del regista messicano: 21 grammi, Babel, Biutiful erano tosti, drammatici. Non è da meno Birdman se andiamo a scorgere sotto la confezione, ma in generale è una commedia, anche se piuttosto nera.
Iñárritu scopre un nuovo modo di fare cinema, si mette in gioco ancora una volta, realizza forse la sua opera più libera e sincera, raggiungendo senza dubbio il punto più alto della sua filmografia, rasentando il capolavoro. Il film è tutto un (finto) piano sequenza digitale (stile finale di Professione Reporter di Antonioni), con due o tre stacchi al massimo. Merito della fotografia del geniale Emmanuel Lubezki (premio Oscar per Gravity e collaboratore di lunga data di Cuaron e Malick), artefice di un ulteriore "miracolo" cinematografico, e del montaggio di Douglas Crise.
È puro cinema con regia/scrittura/recitazione tirate al limite, che mostra i suoi attori orridi e bellissimi, obbligandoli a interpretazioni monster e spontanee allo stesso tempo. Sembra un film di Woody Allen scritto da David Mamet. Estremamente sarcastico. Anche se il paragone con Robert Altman è inevitabile: i piani sequenza (come quello iniziale de I protagonisti), la critica del mondo dello spettacolo (Nashville, I protagonisti, Radio America).
E poi c'è la critica diretta ai "franchise" dedicati ai supereroi che non è da sottovalutare: il protagonista è Michael Keaton (attore formidabile passato nel dimenticatoio), che deve la sua celebrità all'interpretazione di Batman nei film di Tim Burton, poi c'è Edward Norton, che ha rifiutato di partecipare nei panni di Hulk nei sequel di The Avengers, dopo aver litigato con la Marvel. Nel cast c'è anche Emma Stone, la "fidanzata" di Spiderman. Come dimenticarla.
Metacinema o pura realtà?
Non saprei, probabilmente entrambe, anche se all'inizio la voce interiore di Thomson ammette che "questo posto puzza di palle sudate" (meriterebbe l'Oscar solo questa definizione). Hollywood è avvisata. Se ne ricorderà l'Academy il prossimo 22 febbraio alla notte degli Oscar? Chissà... Ma non bisogna mai dimenticare, per dirla alla Mike Shiner, che "la popolarità è la cuginetta zoccola del prestigio".
Sarà questa l'imprevedibile virtù dell'ignoranza dell'essere umano?
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TOP: la fotografia di Lubezki, il montaggio, la regia e soprattutto gli attori in stato di grazia. Senza dimenticare la sceneggiatura, ricca di colpi di scena e di scene cult
FLOP: le ultime inquadrature, secondo me, sono un po' "frettolose e furbe". Altrimenti urlerei al capolavoro.
BIRDMAN - l'imprevedibile virtù dell'ignoranza (USA 2014)
Regia e sceneggiatura:Alejandro González Iñárritu.
Cast: Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton, Andrea Riseborough, Amy Ryan, Naomi Watts, Emma Stone
Fotografia: Emmanuel Lubezki
Durata: 2 ore
Prodotto e distribuito da 20th Century Fox
9 Nomination agli Oscar
Miglior film, migliore regia a Alejandro González Iñárritu, miglior attore protagonista a Michael Keaton, miglior attore non protagonista a Edward Norton, miglior attrice non protagonista a Emma Stone, migliore sceneggiatura originale a Alejandro González Iñárritu, migliore fotografia a Emmanuel Lubezki, miglior sonoro e miglior montaggio sonoro.
VOTO: **** 1/2