THE HATEFUL EIGHT ****1/2
(USA 2015)
di Quentin TARANTINO
con Samuel L. JACKSON, Kurt RUSSELL, Tim ROTH, Jennifer Jason LEIGH, Channing TATUM, Bruce DERN
Durata: 2h e 47 minuti (versione 70mm → 3h e 3 minuti)
Distribuzione: 01 Distribution
Uscita: 4 Febbraio 2016
Eccoci qua. L'ottavo film di Quentin Tarantino è finalmente arrivato in Italia. Purtroppo la versione estesa (16 minuti più lunga) è visibile solo a Roma, Milano e Bologna. Questo la dice lunga sulla modernità del nostro Paese. Nelle scene estese c'è una strepitosa “anteprima” musicale di Ennio Morricone (candidato all'Oscar per la colonna sonora) che precede il film vero e proprio, e un altro interludio musicale, oltre ad alcune riprese aggiuntive di paesaggi in 70mm – ultra Panavision. Le anteprime a Cinecittà hanno ottenuto in soli 3 giorni di programmazione e in tre cinema un incasso di 107.828 euro. Mica poco. Tale formato consente all'autore di poter allargare la prospettiva, assicurare allo spettatore l'idea di esteso. Cosa che in un western si deve fare per dare l'idea del territorio di frontiera. Tarantino pretende che la visione sia una cosa condivisa. Per questo motivo lo apprezzo sempre di più. L'antico rito cinematografico (120 anni di storia senza sentirli) non avrebbe senso senza la vera e viscerale condivisione tra la gente. Tarantino è uno degli ultimi esponenti della bontà della pellicola ed è l'artefice della rinascita della Kodak. Insieme a lui ci sono Nolan, Paul Thomas Anderson, Scorsese e altri che la prediligono di gran lunga al digitale per motivi prettamente pittorici. La “tavolozza” dei colori nella pellicola è largamente migliore, qualitativamente parlando. “The Hateful Eight” è il secondo western del regista di origini italiane dopo “Django Unchained” e l'ottavo film della sua carriera. Il numero 8 serpeggia non solo come numero di opere fatte (stile Fellini), ma anche perchè i personaggi principali sono appunto otto (come suggerisce il titolo). L'inizio sembra presagire un'Apocalisse.
Siamo nell'Ottocento ai tempi di Lincoln, durante la guerra di Secessione. C'è un crocifisso in legno imbiancato da una folta nevicata. La musica è drammatica. L'horror di Carperter e il giallo stile Agatha Christie si fondono. Un po' alla volta ecco apparire il Maggiore Warren (Samuel L.Jackson), ufficialmente cacciatore di taglie, che chiede un passaggio a una diligenza. A bordo ecco il boia John Ruth (Kurt Russell) e la sua prigioniera Daisy (Jennifer Jason Leigh). I tre (e il cocchiere) devono fare presto. Una bufera di neve sta per imperversare. Si rifugiano all'Emporio di Minnie, in attesa di riprendere il cammino per Red Rock dove la scurrile criminale Daisy deve essere portata alla forca. Arrivati sul posto, però, ci sono alcuni gentiluomini pronti ad aspettarli. Chi sono? Ci sono Joe Gage (Madsen), il messicano Bob, Oswaldo Mobray (Tim Roth), l'anziano generale Smithers (Bruce Dern) oltre al prossimo sceriffo di Red Rock, tale Chris Mannix. “Le iene” in versione western. C'è da fidarsi di questi uomini? Chi sono ? Da dove vengono? Quali segreti nascondono? E così scorrono quasi tre ore tra tazze di caffè, sceriffi, cacciatori di taglie, cowboy, generali in pensione, gangster, burocrati. Conflitti tra bianchi, neri, messicani, confederati, sudisti e nordisti (manca solo Salvini). Tarantino non risparmia nessuno. Se l'America è il Paese che è, ci devono essere dei motivi. C'è tanto cinema del passato del regista americano (su tutti “Le iene”, “Django” e “Bastardi senza gloria”), ma anche tanta politica che, a sprazzi, ricorda qualcosa dell'Italia (lascio allo spettatore la sorpresa). Tuttavia la critica è anche cinematografica: il western ha il suo “peccato originale” essendo nato dal razzista “Nascita di una nazione” di Griffith, proseguendo per il (dichiaratamente) fascista John Wayne a caccia di indiani.
Non è un caso che il personaggio più in forma è un nero: Samuel L.Jackson regala un'altra sublime interpretazione (squisitamente tarantiniana) dopo il Mr Candy in “Django”. Prima di vedere “The Hateful Eight” però avete un po' di compiti da fare a casa: guardatevi “La cosa” di John Carpenter, “Il mucchio selvaggio”, “Assassinio sull'Orient Express” di Sidney Lumet, “Hombre” e “Karthoum” oltre al cinema di John Ford e Sergio Leone. Senza queste basi, non lo apprezzerete. La cosa scandalosa,oltre alla limitata distribuzione del formato 70mm nel nostro Paese, è che ai prossimi Oscar un film del genere abbia ricevuto appena 3 nomination. La cosa è piuttosto vergognosa viste le impeccabili perfomance tecniche e artistiche che ci sono in un film come questo.
TOP La fotografia, i temi di fondo, la straordinaria seconda parte dell'opera, Samuel L.Jackson, la messa in scena, i dialoghi taglienti e “scorretti”, gli omaggi al cinema western e la profonda cura della dialettica tarantiniana.
FLOP Qualche piccolo momento troppo verboso nella prima parte, la distribuzione limitata della versione 70mm, le poche nomination agli Oscar
REMEMBER ***
(Canada 2015)
di Atom EGOYAN
con Christopher PLUMMER, Bruno GANZ, Jurgen PROCHNOW, Martin LANDAU
Durata: 1h e 35 minuti
Distribuzione: BIM
Uscita: 4 Febbraio 2016
Atom Egoyan, regista canadese di origine armena, ha sempre raccontato storie sulle diversità, sui genocidi, sul passato che si intreccia al presente lavorando su strutture gialle e ricche di labirinti. Anche qui in “Remember” tutti questi temi ci sono. Potremmo chiamarli anche chiodi fissi. Quest'ultima opera è la storia di una ricerca, di un' ossessione mescolata ai vuoti di memoria di un protagonista piuttosto anziano. Zev (Christopher Plummer) è un vecchio ebreo sopravvissuto ad Auschwitz. Vuole vendicarsi di un gerarca nazista che sterminò la sua famiglia che vive in America sotto falso nome. Come già anticipato, Zev ha 84 anni ed è affetto da demenza senile. Ha una memoria Ram al posto del cervello. In parole povere dimentica praticamente tutto ogni volta che si addormenta. Non è un caso che abbia una lettera con tutte le istruzioni da seguire. Un altro ospite della casa di cura, Max (Martin Landau) è “il mandante” di questa missione.
Chiariamo subito una cosa : “Remember” non è un film originale. Per niente. Shakerate l'idea alla base di “This Must Be the Place” di Paolo Sorrentino, con il “Memento” di Christopher Nolan e “La famiglia Savage” di Tamara Jenkins. Ma oltre a tutto ciò c'è da considerare la lentezza e le difficoltà della vecchiaia, i vuoti di memoria, i problemi nel parlare, l'odio che si mescola alle difficoltà fisiche. Il passato (l'Olocausto) si mescola al presente (la malattia) e l'uomo è sopraffatto sia dall'uno che dall'altro. “Remember” non è il miglior film di Egoyan (piuttosto appannato negli ultimi tempi), ma ha il pregio di parlare dell'importanza della memoria. Come già sapete lo scorso 27 gennaio era una data piuttosto importante per non scordarsi quanto accaduto. Il personaggio di Plummer (come al solito bravissimo) è l'uomo medio che ha dimenticato i danni dei totalitarismi. O meglio che ha una concezione distorta o non del tutto chiara dell'argomento. Anche il rocker Cheyenne di Sean Penn nel già citato film di Sorrentino, alla domanda “lo conosce l'Olocausto?” rispondeva semplicemente che lo conosceva in modo molto generico. Ecco perché questo film, aldilà dei suoi difetti, è da vedere.
TOP I temi dell'opera, l'interpretazione di Christopher Plummer, gli omaggi a Sorrentino e Nolan, la struttura “gialla” del film
FLOP La lentezza della narrazione, il colpo di scena finale un po' furbo, gli incastri non sempre riuscitissimi
1981 INDAGINE A NEW YORK ****
(USA 2014)
di J.C. CHANDOR
con Oscar ISAAC, Jessica CHASTAIN, David OYELOWO
Durata: 2h e 5 minuti
Distribuzione: Movies Inspired
Uscita: 4 Febbraio 2016
J.C. Chandor è un regista che sa cosa significa sorprendere. Dopo le ottime prove del folgorante esordio con “Margin Call” e dell'esistenziale “All is lost”, ecco che (finalmente) arriva in Italia il suo “A most violent year”. Purtroppo da noi è arrivato con oltre 1 anno di ritardo, con il titolo (ridicolo) di “1981 Indagine a New York”. Francamente i motivi non sono chiari, ma siamo abituati a certe cose. È un film classico, ma molto attuale perchè parla della difficoltà umana del sopravvivere in tempi di crisi e di illegalità diffuse. In Italia sono tutte cose note ai più.
Siamo a New York nel 1981. Abel Morales (Oscar Isaac di “A proposito di Davis” e “Star Wars VII”) è un imprenditore di successo del settore energetico. Abel è un immigrato, un self made man che lavora nel settore del gasolio. Il giro di denaro è talmente forte che i federali hanno messo sotto inchiesta i maggiori operatori. Abel è fra questi. Il procuratore distrettuale Lawrence (David Oyelowo, il Luther King di “Selma”) vuole mettere in cattiva luce Morales per consentire alla concorrenza maggiori vantaggi. Abel non fa parte del “giro buono”. L'uomo ha una forte etica lavorativa e non vuole in nessun modo infrangere le leggi. Piegarsi al “lato oscuro” non è sempre il miglior modo di fare successo. La moglie (Jessica Chastain che ha sostituito Charlize Theron) non lo assiste totalmente, anzi vuole vendetta agendo con violenza a quella che hanno fatto al marito e ai suoi collaboratori. Iniziano le minacce alla famiglia, unite a forti pressioni. Ce la farà Abel a fare la cosa giusta moralmente parlando? Si piegherà?
L'uomo e il sistema. In Italia c'è molta gente coraggiosa che spesso è schiacciata da leggi assurde che preferiscono l'evasore al cittadino facoltoso. La stessa cosa accadeva in America in quell'anno, considerato uno con i più alti tassi di criminalità dell'America. Far parte delle compagnie giuste, del giro di affari giusto significa avere tanti vantaggi. A livello di imprenditoria (specie nel settore energetico) è una cosa non da poco. Qui è descritto un sistema che sta lentamente scricchiolando verso l'oblio, trascinando gli esseri umani alla sconfitta come era già successo nei due film precedenti di J.C. Chandor: in “Margin Call” era il capitalismo a schiacciare le persone, in “All is lost” era l'uomo che combatteva solo contro la natura. J.C. Chandor non è amato in America e si capisce il perchè: ripudia l'american dream, cattura gli ambienti maligni, mostrando come l'uomo sia solo una pedina di uno scacchiere più grande di lui. La sconfitta prima o poi arriva, sembra dirci. Straordinari gli interpreti: Oscar Isaac (che ha sostituito Javier Bardem) ripete la prova di “A proposito di Davis”, Jessica Chastain lo assiste regalando momenti di alto cinema. Consigliato agli eroi dei nostri tempi che credono ancora in un mondo giusto e a quelli che vogliono fare impresa rispettando le regole.
TOP L'amalgama della coppia Chastain – Isaac, la regia accorta di Chandor, la fotografia, i temi di fondo
FLOP Alcuni elementi prevedibili della vicenda, il titolo italiano e il forte ritardo della distribuzione
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