Nel 1937 Dalton Trumbo iniziò la sua carriera di sceneggiatore di pellicole classiche. Negli anni '40 era già apprezzatissimo a Hollywood, tanto da essere uno dei più pagati.
Curiosa questa storia visto che nel mondo imperversava la Seconda Guerra Mondiale. Eppure Trumbo era inversamente proporzionale ai destini di molti Paesi: se nel periodo della guerra lui stava bene ed era felice, gli altri soffrivano. Tuttavia scrisse un romanzo contro la guerra “E Johnny prese il fucile” che si adeguava alla linea del Partito Comunista degli Stati Uniti d'America. Trumbo era affiliato al partito e credeva che bisognava tenere fuori gli Stati Uniti dal conflitto. Quando, nel 1941, Hitler attaccò l'Unione Sovietica, il partito divenne un sostenitore dell'intervento americano a fianco dell'URSS e Trumbo si attivò per sospendere la pubblicazione del suo libro fino a guerra finita. Tuttavia Dalton, sposato con Cleo (Diane Lane) e padre di tre figli, era una sorta di “comunista da piscina”: non rinnegava il suo benessere (per Trumbo i soldi premiavano il merito, cosa squisitamente americana), ma non dimenticava le proteste sindacali per i diritti civili all'interno degli studios hollywoodiani. E poi era un convinto fautore della ridistribuzione della ricchezza. Finito il conflitto mondiale, però ne iniziò un altro. Meno sanguinoso all'apparenza, ma che dominò la scena politica dei successivi anni: sto parlando della Guerra Fredda. Due superpotenze: gli Stati Uniti da una parte, l'URSS dall'altra. In America nel dopoguerra arrivò un inaspettato ciclone: il senatore Joseph McCarthy. Iniziarono gli anni del “maccartismo”, delle paure, della minaccia dei “rossi”, della caccia alle streghe. Il fenomeno sopra citato fu coniato dal disegnatore satirico Herbert Lock (Herblock) e deriva dal nome del senatore del Wisconsin, McCarthy. Il termine portò con sé una connotazione di accusa falsa, addirittura isterica, e d'attacco governativo alle minoranze politiche. L'ambiente di Hollywood fu oggetto di numerose indagini. Il perchè era facilmente intuibile: molti artisti erano di origini europee e furono costretti a emigrare negli Stati Uniti dopo l'avvento del nazismo. Tanti erano di religione ebraica, ma c'erano parecchi simpatizzanti di sinistra. Questo dovrebbe fornire molte informazioni sulla natura culturale del cinema americano. Ma torniamo a noi. Tra i personaggi sospettati di essere comunisti c'erano Charlie Chaplin, Walt Disney (piuttosto improbabile), Elia Kazan, Gary Cooper, Marylin Monroe e tantissimi altri. Alcuni di loro (vedi Kazan) furono costretti perfino a fare nomi di colleghi pur di continuare a lavorare. Vennero ascoltati addirittura personaggi fieramente anticomunisti come John Wayne. Dalton Trumbo (interpretato da un sontuoso Bryan Cranston), invece, era il membro della “Hollywood Ten”, ovvero uno dei dieci professionisti del cinema che si rifiutarono di rispondere alle domande della Commissione per attività anti-americane. Venne inserito nella lista nera e fu arrestato per 11 mesi. Dopo la prigione, tutti lo evitarono. Per più di un decennio firmò (sotto vari pseudonimi) numerose sceneggiature per i fratelli King (nel film uno dei King è interpretato dal “coeniano” John Goodman), produttori di B-Movies. L'umiliazione più tremenda fu la vittoria di due Oscar tra il 1954 e il 1957 (Vacanze Romane e La più grande corrida). Purtroppo per lui, il suo nome non poteva essere messo sui titoli di testa. Quando veniva annunciato il vincitore, il premiato non c'era mai. Toccava sempre agli amici di Trumbo coprire la cosa con scuse di vario genere. Fino a che nel 1960 un grande attore come Kirk Douglas e il regista austriaco Otto Preminger resero pubblico il fatto che le sceneggiature di “Exodus” e di “Spartacus” (regia di Stanley Kubrick) erano firmate da Dalton Trumbo.
Come già accaduto con Adam McKay in “La grande Scommessa”, anche qui un regista di commedie demenziali come Jay Roach (Austin Powers, Ti presento i miei) sceglie l'idea di scardinare i piani attraverso il film drammatico. Il lavoro tecnico di quest'opera è ottimo a livello stilistico e fotografico: accurati gli abiti, gli usi dell'epoca, i vizi della Hollywood anni '50, i bicchieri colmi di whisky, le sedie personalizzate, le sigarette, le macchine da scrivere usate da Trumbo in vasca da bagno. E l'immancabile benzedrina, la droga preferita dagli sceneggiatori che dovevano rimanere svegli durante la notte per portare a compimento i loro scritti.
“L'ultima parola” è un ottimo film impreziosito da un cast di attori ottimo: dal candidato all'Oscar Bryan Cranston (un Trumbo mimetico) alla “gossippara” Helen Mirren passando per John Goodman (che omaggia i Coen) e Dean O'Gorman nei panni di Kirk Douglas. Non è il classico biopic dove il protagonista è un santino. Basato sulla biografia “Dalton Trumbo” scritta da Bruce Cook nel 1977 (ora in Italia con Rizzoli) e sulle testimonianze di due figlie di Trumbo, il film è uno spaccato della vita dello sceneggiatore, dei suoi vizi e dei suoi ideali. Ed è questa la bellezza dell'opera di Jay Roach: il Trumbo di Cranston è un uomo che preferisce rinunciare al suo nome sui titoli di testa piuttosto che ai suoi ideali. Per farla breve, Dalton non era in vendita. La libertà di pensiero è una cosa che conta dannatamente. E oggi lo sappiamo piuttosto bene. Ci stiamo tornando visto che, in un mondo come quello odierno, l'immagine è tutto. Tuttavia il difetto maggiore di questo film è la sceneggiatura: l'esclusione sociale e le umiliazioni dell'uomo sono raccontate bene, la famiglia è descritta minuziosamente, ma non altrettanto viene fatto con la vita professionale. Forse andava raccontato maggiormente come sono nate certe idee che lo hanno portato in momenti difficilissimi a raggiungere vette così alte come scrittore ed essere umano. Ad esempio il film “Hitchcock” di Sasha Gervasi in questo ha raggiunto un grande equilibrio nel raccontare vita privata e professionale del Maestro del Brivido attraverso l'analisi di una parte fondamentale della sua vita. Per dirla alla Trumbo "qui dentro, da qualche parte, c'è una buona storia". Frase sempre valida per trattare la vita di qualunque essere umano.
TOP
La fotografia, i temi di fondo, Bryan Cranston, la ricostruzione storica dell'epoca
FLOP
La sceneggiatura non indaga su molti aspetti della vita professionale di Trumbo
FILM CONSIGLIATI SUL “MACCARTISMO”:
Il prestanome di Martin Ritt (1976)
Il maratoneta di John Schlesinger (1976)
Indiziato di reato di Irwin Winkler (1991)
The Majestic di Frank Darabont (2001)
Good Night and Good Luck di George Clooney (2005)