Martedì, 01 Marzo 2016 00:00

Anomali come Jeeg Robot alla burina

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Anomali come Jeeg Robot alla burina

Un'altra settimana di grandi uscite cinematografiche. Dopo avervi raccontato in anteprima lo splendido “Il Club” di Pablo Larrain (in uscita il 25 febbraio), questa volta lo zoom cade su due film sorpresa: “Anomalisa” del geniale Charlie Kaufman e il secondo cinecomic all'italiana (dopo “Il ragazzo invisibile” di Salvatores), ovvero “Lo chiamavano Jeeg Robot” dell'esordiente Gabriele Mainetti. Ecco il resoconto in dettaglio.

Anomalisa ****
(USA 2015)
Regia e Sceneggiatura: Charlie KAUFMAN e Duke JOHNSON
con voci di Tom NOONAN, Jennifer JASON LEIGH, David THEWLIS
Durata: 1h e 30 minuti
Distribuzione: Universal Pictures
CANDIDATO ALL' OSCAR COME MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE
Uscita: 25 febbraio

Dopo Wes Anderson (“Fantastic Mr Fox”) e Tim Burton (“La sposa cadavere”, “Frankweenie”), anche il geniale sceneggiatore Charlie Kaufman ha deciso di fare un film in stop motion. Questa tecnica di animazione “manipola” fisicamente un oggetto che sembra muoversi da solo . Questo viene spostato tra i frame individualmente fotografati, creando l'illusione del movimento nel momento in cui la serie di fotogrammi sono in sequenza continua . La differenza con altre pellicole di genere la fa la storia che i due registi vogliono raccontare. Sì perché l'intento è quello di utilizzare dei pupazzi animati che però hanno tali sentimenti da sembrare (finendo poi per essere a tutti gli effetti) umani. Dimenticate il “teorema” di Ferradini, qui siamo su altri livelli.
Lo so molti di Voi si chiederanno chi è Charlie Kaufman. Se non si conoscono le sue opere precedenti, questo film può lasciare indifferente lo spettatore. Fortunatamente ho avuto modo di apprezzare il lavoro di quest'autore e “Anomalisa” è in stretta connessione con la sua poetica. Kaufman ha sceneggiato film magnifici come “Se ti lascio ti cancello” di Michael Gondry, il cervellotico “Essere John Malkovich” oltre a “Il ladro di orchidee”, entrambi firmati da Spike Jonze. Nel 2008 ha diretto il suo primo film da regista “Synecdoche, New York” con protagonista Philip Seymour Hoffman. Altra opera assolutamente da recuperare. In tutte queste pellicole Kaufman ha esplorato i sentimenti umani, la differenza tra apparire e essere. Naturalmente il suo secondo film da regista, non poteva che portare questo marchio di fabbrica

Michael Stone (voce di David Thewlis) è marito, padre e autore di un libro che invita le persone a cambiare la propria vita, attraverso il confronto con gli altri. E' una sorta di motivatore. Un giorno va a Cincinnati, in Ohio, per un incontro con il pubblico sul suo ultimo lavoro. Alloggia in un hotel e riflette sulla sua vita paralizzata, senza grandi vie d'uscita. Per lui le persone sono tutte uguali, hanno lo stesso viso e la stessa voce (quella maschile dell'attore Tom Noonan, feticcio di Kaufman). Non gliene importa che siano donne, uomini o bimbi, per lui sono tutti uguali (come oggi lo sono i politici per la maggioranza della gente comune). Qui si capisce l'influenza del film “Essere John Malkovich”. Ricordate la scena in cui il grande attore in carne e ossa entra nel tunnel che porta nella sua testa? È in un ristorante e tutti hanno la sua faccia: Addirittura anche i clienti ordinano dei “Malkovich”. La stessa cosa succede per metà film al povero Michael Stone. Ci manca solo il “Giorno della Marmotta” e Bill Murray, poi sarebbe stato cotto a puntino. Ma un giorno l'uomo conosce Lisa (voce della Jennifer Jason Leigh di “The Hateful Eight” di Tarantino), una “sfigata” che è arrivata a Cincinnati per ascoltare proprio i consigli di Stone. Michael sente una voce nuova, un viso nuovo. Finalmente una luce in fondo al tunnel. Cupido ha lanciato la freccia? Forse. Peccato che Lisa sia tremendamente insicura, dubbiosa e neanche particolarmente bella. Per sua stessa ammissione ha anche una vistosa cicatrice sul viso che non aiuta la propria autostima. Tuttavia Michael è un eroe springsteeniano stile “Thunder road” nel senso che, come il protagonista dell'omonima canzone del Boss, per lui Lisa “non è una bellezza, ma a lui sta bene così”. Comprese le sue imperfezioni. Ed ecco che lei diventa un'anomalia nella testa di Michael, tanto che questo concetto è il titolo dell'opera. La condizione umana diventa stop motion: l'essere umano è un “pupazzo” manipolato dalla sua infelicità e dai suoi (più o meno) opprimenti bisogni.
Un film necessario, da vedere in un'epoca come la nostra dove gli esseri umani sono pedine e vittime di instabilità. Vincitore del Gran Premio della Giuria all'ultimo Festival di Venezia, è un serio candidato (insieme a “Inside Out” della Pixar) all'Oscar come miglior film d'animazione.
Chi l'ha detto che i cartoni animati sono prerogativa dei bambini?

TOP La scrittura, la commistione di toni, i temi proposti, l'uso della stop motion, la continuità con le altre opere di Kaufman
FLOP È un film d'animazione per adulti, non per bambini.


Lo chiamavano Jeeg Robot *** 1/2
(Italia 2016)
di Gabriele MAINETTI
con Claudio SANTAMARIA, Luca MARINELLI, Ilenia PASTORELLI
Durata: 1h e 52 minuti
Distribuzione: Lucky Red
Uscita: 25 febbraio

Eppur si muove. Incredibile, ma vero. In Italia soffia una ventata di novità, una volta tanto. Dopo gli sperimentali “Suburra” di Stefano Sollima e “Il ragazzo invisibile” di Gabriele Salvatores, arriva un esordiente (Gabriele Mainetti) che fa una scelta a dir poco azzardata e rischiosa: mescolare l'ambiente della malavita romana, la poetica pasoliniana, i manga giapponesi, lo stile dei supereroi americani e il basso budget da film italiano d'autore. Se qualcuno fosse intenzionato a farlo, sappia che ci vuole fegato e soprattutto soldi. Il risultato è questa pellicola, presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Applausi a scena aperta.
Jeeg Robot esiste e vive a Roma, nel quartiere di Tor Bella Monaca.

Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) è un antieroe, ladruncolo di basso livello con una passione per porno e budini alla vaniglia. Un giorno, inseguito dai poliziotti dopo un furto, finisce nelle acque del Tevere ed entra a contatto con fusti radioattivi. In seguito a tale esposizione, capisce di aver acquisito poteri sovraumani: è capace di piegare l'acciaio, di staccare il bancomat da un muro. Roba da non credere. Poco dopo, conosce una ragazza Alessia (Ilenia Pastorelli), una “pazza” vittima di violenze che ama alla follia i cartoni manga giapponesi. In particolar modo Jeeg Robot. Non a caso quando conosce Enzo, lei crede che l'uomo sia Hiroshi, indiscusso protagonista della serie manga. Alla romana, ovviamente Enzo diventa “Hirò”. Le cose però sono più complicate del previsto, perchè a Roma ci sono attentati terroristici. Probabilmente è la camorra che si è ribellata allo Stato per via del blocco degli appalti pubblici. O forse Ignazio Marino che dialoga con Buzzi e Carminati? La risposta è no. C'è una banda malavitosa legata a Fabio Cannizzaro detto “lo zingaro” (Luca Marinelli, volto emergente del nostro cinema, noto per Tutti i santi i giorni, La grande bellezza e Non essere cattivo) che vuole solo una cosa: “ voglio fare er botto, voglio che la gente si metta a pecoroni quando viene a salutarmi”. In realtà lo “Zingaro” è uno spacciatore e aspirante cantante con manie di grandezza che (inevitabilmente) finirà per scontrarsi con il “Jeeg Robot de noantri”.

Come in “Suburra”, ancora una volta è il degrado di Roma a far da sfondo a una vicenda immaginaria, ma non più di tanto: Enzo e Fabio sono due antieroi che sfogano la loro frustazione in maniera diversa. Il primo è un “accattone” pasoliniano, un piccolo ladro dal cuore buono “plasmato” dallo stato di crisi della società, il secondo invece si “sfoga” in maniera negativa stile Joker del “Cavaliere Oscuro”. Vuole solo veder bruciare il mondo, senza se e senza ma. “Lo chiamavano Jeeg Robot” non è solo un film d'intrattenimento. Gabriele Mainetti riesce nella sua opera prima nell'impresa di coniugare spettacolo, effetti speciali ben calibrati e l'attualità romana con grande temperamento e sagacia. Il risultato è abbondantemente oltre le più rosee aspettative, considerando il livello attuale del nostro cinema. Da menzionare le “imprese” dei due protagonisti Claudio Santamaria e il suo alter ego malvagio Luca Marinelli: il primo si è irrobustito di 20 Kg per entrare nella parte (stile Christian Bale), il secondo è un mostro di bravura e ripete l'exploit di “Non essere cattivo” di Caligari, arrivando addirittura a imitare con efficacia il Joker di Ledger. Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c'è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia. Lo diceva un certo Enrico Berlinguer e tale aforisma, oggi più che mai, dovrebbe risuonare nella testa degli italiani. Ora che è morto, alla sinistra italiana non resta che Jeeg Robot ...

TOP La colonna sonora glam rock all'italiana, la scrittura, il fatto che sia un'opera prima, la commistione di generi, l'attualità delle periferie di Roma, l'estrema bravura dei due interpreti principali: ovvero Santamaria e Marinelli. Quest'ultimo in particolare è straordinario, finendo per confrontarsi con il “fantasma” di Heath Ledger senza sfigurare.
FLOP La solita esibizione del dialetto romano (necessario ma a volte sovraesposto). Alcune lungaggini che potevano essere tagliate al montaggio. Tuttavia non intaccano il risultato finale.

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Ultima modifica il Lunedì, 29 Febbraio 2016 15:32
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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