Martedì, 08 Novembre 2016 00:00

Donne alla ricerca di conferme

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Ultimamente delle "quote rose" se ne parla molto. Anche al cinema, questa settimana di inizio novembre è l'ideale per analizzare la questione femminile. Ecco perché questo articolo è dedicato prevalentemente alle nostre lettrici. Sono usciti due importanti titoli: uno italiano e uno americano. I film analizzati sono "7 Minuti" di Michele Placido e "La ragazza del treno" di Tate Taylor, tratto dal bestseller di Paula Hawkins. Il primo è un film di impianto teatrale che racconta le lotte di 11 donne per mantenere il posto di lavoro. Il secondo parla delle vite di 3 donne diverse (con problemi di varia natura) che reagiscono in maniera differente di fronte alle avversità della vita.

Ecco le recensioni in dettaglio:

7 MINUTI ***
(Italia 2016)
di Michele PLACIDO
con Fiorella MANNOIA, Ambra ANGIOLINI, Violante PLACIDO,
Cristiana CAPOTONDI, Ottavia PICCOLO, Maria NAZIONALE
Durata: 1h e 28 minuti
Distribuzione: Koch Media
Uscita: 3 Novembre 2016

Biancaneve in mezzo ai nani. La soluzione dell'indovinello era fra 7 minuti. Era un passaggio divertente del film premio Oscar "La vita è bella" di Roberto Benigni. Correva l'anno 1998. Pensate cosa succederebbe se le sicurezze delle nostre vite dipendessero da questo piccolo intervallo di tempo. È quello che succede a un gruppo di donne operaie diverse tra loro. Se vogliamo essere più precisi, oggi è diventato un costume molto attuale nel nostro sgangherato Paese.

Ci sono 11 donne tra cui la sindacalista, la ventenne neoassunta, la veterana con figlia incinta, l'immigrata africana, quella albanese, quella che prende botte dal marito e la semitossica, l'impiegata in sedia a rotelle. Ognuna rappresenta una certa categoria, simbolo del variegato mondo del lavoro di oggi. L'industria tessile italiana Varazzi si è fusa con la francese Rochette. 300 lavoratrici finiscono in discussione. L'azienda dice che non sono previsti licenziamenti. Il problema è che le lavoratrici devono accettare di "tagliarsi" la pausa. Inizialmente accettano, credendo che questa rinuncia possa riportarle a lavorare serenamente. Che vuoi che siano 7 minuti in meno, verrebbe da pensare.
Purtroppo per loro c'è una maledetta clausola che il Consiglio della Fabbrica deve approvare o meno. La più anziana del gruppo, la sindacalista Bianca (la solita "leonessa" Ottavia Piccolo, l'unica presente anche nel cast dell'opera teatrale), non crede più a questi mezzucci.“Si fa presto a perdere tutto”. “Basta un sì o un no”. “E se quello che guardi non è il cielo ma il mare che sta per cascare in testa?”.

Visti i tempi referendari, la cosa si fa molto calzante. Molti italiani non hanno nemmeno idea di cosa significhi modificare la Costituzione. La stessa cosa si può dire per queste donne della fabbrica. Ed ecco che, come nella realtà, il dibattito si accende, ci sono alcune convergenze e alcune divergenze. Alcune piuttosto dure. La riduzione della pausa è in realtà l'inizio di una serie di privazioni, con annessa calpestamento dei diritti delle lavoratrici. In un'unica parola si chiama dignità. Chi ha lavorato in fabbrica come dipendente, sa bene di cosa parlo. Riusciranno le nostre eroine a dimenticare i loro problemi e a trovare un accordo che soddisfi tutti? Finalmente in Italia si torna a fare un film sul lavoro, sullo stato attuale delle cose. Michele Placido torna al cinema di impegno civile, trainato dal successo della piece del fiorentino Stefano Massini (qui anche sceneggiatore). L'opera si ispira a un fatto realmente accaduto in un'industria tessile di Yssingeaux, in Francia. Purtroppo, nonostante le nobili intenzioni, questo film non è esente da problemi.

Non che non sia da vedere, anzi. Francamente è lontano da "La parola ai giurati" di Sidney Lumet, ma anche dal cinema realista di Ken Loach, dei fratelli Dardenne o di Stephane Brizè ("La legge del lavoro"). È troppo didascalisco, appesantito dall'enfasi, nonostante un cast ben assemblato e ben amalgamato. Su tutte spiccano la sorprendente Fiorella Mannoia (di professione cantautrice) e la veterana Ottavia Piccolo. Come al solito, non mi hanno entusiasmato Cristiana Capotondi e Ambra Angiolini, la quale stucca con quell'accento romano ormai presente in oltre metà dei film italiani. Ma la cosa più stucchevole è il trucco di Violante Placido (figlia del regista). Nemmeno alla recita delle scuole medie si vedeva una cosa del genere. Peccato perché il montaggio è serrato, la fotografia di Catinari esalta i primi piani dei visi delle protagoniste scrutando rughe, divergenze, pieghe e ombre che anticipano l'evolversi degli eventi. Il problema è che alla fine il tutto sa di costruito, dà l'idea di essere finto o, se preferite, cinematografico. Se vuoi che lo spettatore si immedesimi totalmente, questi particolari dovrebbero essere maggiormente curati. Anche nel cinema, come nella vita, ricordatevi che non bisogna mai abbassare la guardia. Le conseguenze sono quelle descritte qui.

TOP Il cast ben amalgamato (Ottavia Piccolo e Fiorella Mannoia sono decisamente brave), il cinema italiano che finalmente parla del mondo odierno, il tema attualissimo ai tempi del referendum costituzionale, la fotografia di Catinari che scruta i volti delle protagoniste con primi piani ben fatti, il montaggio serrato.
FLOP Alcuni personaggi sono ricchi di stereotipi regionali e alcune attrici non mi hanno entusiasmato (vedi Capotondi, Angiolini, Violante Placido). Il trucco di quest'ultima è ridicolo e troppo "cinematografico". Il film doveva essere più realistico e meno enfatico, come nel cinema dei Dardenne o di Ken Loach.

LA RAGAZZA DEL TRENO *** 1/2

(USA 2016)
di Tate TAYLOR
con Emily BLUNT, Rebecca FERGUSON, Justin THEROUX, Luke EVANS, Edgar RAMIREZ, Haley BENNETT
Durata: 1h e 52 minuti
Distribuzione: 01 Distribution
Uscita: 3 Novembre 2016

L'attesa è finita. È appena uscita la trasposizione cinematografica di uno dei casi letterari dell'anno. Sto parlando de "La ragazza del treno", bestseller scritto dall'ex giornalista del "Times", Paula Hawkins. Mi permetto di dire che il libro è intrigante, però non è né rivoluzionario né tanto meno particolarmente sorprendente. In ogni caso però ha tematiche molto interessanti anche per una persona contorta come chi vi scrive. Togliamoci subito il dente: ovviamente l'assassino è sempre il maggiordomo. Sto scherzando, è evidente. Innanzitutto c'è una differenza importante: il film è ambientato negli Stati Uniti, il libro in Inghilterra. Due culture profondamente diverse, tuttavia non è una cosa fondamentale per il contesto descritto. La voce narrante è una donna dalla "fervida immaginazione" che all'inizio del film chiede allo spettatore se "vi è mai capitato di fantasticare sulla vita delle persone". Anch'io sono un po' come Rachel da questo punto di vista, nel senso che mi piace osservare, vedere le cose, trovare spunti e "scavare". Le pieghe sono quelle dei migliori film di Alfred Hitchcock (senza tuttavia eguagliare tali livelli). L'inizio è un po' stile "finestra sul cortile". Anzi, ad essere precisi, il finestrino sul cortile.

Sì perché Rachel (altra straordinaria interpretazione di Emily Blunt dopo "Sicario") osserva le vite degli altri da un treno. Tutti i santi giorni. Arriva persino a domandarsi se gli altri la vedono spiare da quel dannato finestrino. Voyerismo misto al masochismo, visti i problemi che la affliggono. È una donna sola, abbandonata dall'ex marito Tom per colpa dell'alcolismo. A causa di questo problema, ha perso la possibilità di farsi una famiglia, di avere un figlio e soprattutto ha perso il lavoro. Per apparire una persona normale e per non mostrare il suo status, prende il treno 2 volte al giorno con i soldi degli alimenti dell'ex marito. Da allora è profondamente gelosa, instabile ai limiti estremi dello stalkeraggio. Addirittura sogna di uccidere la neo-moglie di Tom, Anna. Attenzione però perché la voce narrante non è affidabile. È una "smemorata" stile "Io ti salverò" di Hitchcock e "Memento" di Christopher Nolan. Racconta quel che si ricorda, ma dice chiaramente che "non è più la ragazza di una volta". Ha dei forti vuoti di memoria dovuti al fatto che "affoga" i problemi nell'alcool. Un problema comune a molta gente oggi. Dopo aver introdotto Rachel, il film salta su vari livelli temporali per "scombussolare" lo spettatore attraverso altri personaggi. C'è la bionda Megan (Haley Bennett) che è una babysitter che non ama quel lavoro, ma che si definisce "maestra dell'inventarsi". È una giovane donna che non vuole avere figli, le piace vivere alla giornata perché sotto sotto è totalmente insoddisfatta. Eppure c'è Rachel che, osservandola dal finestrino del treno, la invidia per la sua vita perfetta con il suo compagno, Scott (Luke Evans). Megan lavora per Anna (Rebecca Ferguson), la terza donna dell'intreccio. Madre di famiglia, felicemente sposata con Tom (Justin Theroux, noto per essere il compagno di Jennifer Aniston), ovvero l'ex marito di Rachel. Anna non lavora perché per lei "crescere un figlio è più importante". Una donna tutta casa e famiglia. Tutto degenera nel momento in cui Rachel vede dal finestrino Megan che si bacia con un altro uomo: il suo psicologo Kamal Abdic (Edgar Ramirez). Nella versione italiana il doppiaggio del personaggio è malfatto: ha un accento spagnolo, nonostante sia un uomo di origini mediorientali. Bah. Ma torniamo al film. Tutte le "certezze" di Rachel cadono. Lei finisce per andare a parlarne con Scott. Da vittima diventa pettegola e "carnefice". La situazione degenera perchè nel frattempo Megan scompare. Dopo poco la polizia trova il suo corpo senza vita. Rachel da testimone diventa la sospettata principale. Il giorno dopo, infatti, si risveglia tutta sporca di sangue. Si ricorda solo di aver visto Megan, poi i vuoti di memoria hanno il sopravvento. Tutti ce l'hanno con Rachel: Anna non si fida di lei per la sua instabilità, la polizia e anche Scott credono che sia lei ad aver fornito una versione falsa dell'accaduto. Tom il suo giudizio in merito l'ha già dato. I vuoti di memoria, in tal senso, giustificano tale ipotesi. Anche la stessa Rachel non si fida più di se stessa.

E voi di chi vi fidate? Credete di aver visto tutto o di non aver visto niente? Tate Taylor, regista dell'ottimo "The Help", dirige un buon melodramma rivestito da thriller. Sempre in bilico tra Hitchcock, Nolan e Fincher (in particolare "L'amore bugiardo"), è un buon film che soffre della notorietà del romanzo di partenza. Senza quello, anche i critici lo avrebbero accolto meglio. Il grande pregio del film sono le tre donne che riproducono certe peculiarità della "donna che visse due volte". Qui addirittura sono tre. La sceneggiatrice offre un discreto spaccato dell'universo femminile caratterizzando in maniera precisa il ruolo delle tre figure. Tutte hanno un loro perché e rappresentano determinate caratteristiche. Rebecca Ferguson, Haley Bennett e soprattutto Emily Blunt sono molto brave e sono il motore del film. In particolar modo quest'ultima è strabiliante nell'offrire allo spettatore tutta la gamma di angosce della protagonista. È lei il magnete su cui poggia l'intera struttura. Questa scelta è molto efficace al racconto (guardate bene la scena nella galleria d'arte e il monologo allo specchio stile "Taxi Driver"). Da applausi. La soluzione visiva offerta dal regista è apprezzabile, visto che mettere in immagini il romanzo di partenza è assai duro. Anche l'operazione di "potatura" del libro è tutto sommato ben eseguita in fase di sceneggiatura. Il montaggio conferisce verve alla storia, la fotografia si incolla alle protagoniste con dei primi piani della Blunt molto efficaci. Ma purtroppo anche questo film ha dei difetti. Il più evidente è lo scomodo (e inevitabile) paragone con "L'amore bugiardo" di David Fincher. Purtroppo non siamo ai soliti livelli perchè i personaggi maschili non sono ben caratterizzati. Anzi ci sono troppi stereotipi. Ciò che emerge dal film è che gli uomini sono una sinfonia di muscoli senza alcun filo logico. In più sono gelosi e perennemente violenti. D'accordo vedendo i fatti di cronaca si va in quella direzione, in ogni caso la descrizione dell'universo maschile è assai limitato. Peccato perché curando maggiormente questi elementi, si poteva imboccare il binario giusto, anche senza elementi di perfidia sociale (alla Fincher) e originalità. Diciamolo subito, il film sa un po' di già visto e questo potrebbe non accontentare spettatori e spettatrici. In ogni caso consiglio la visione soprattutto a quelli/e che credono che "mentire sia come fare un viaggio".

TOP L'ottima descrizione dei personaggi femminili, l'interpretazione delle 3 attrici con Emily Blunt catalizzatrice degli eventi, la raffinata fotografia, gli omaggi a Hitchcock, Fincher e Nolan, il montaggio non lineare che non dà punti di riferimento allo spettatore.
FLOP I personaggi maschili non sono caratterizzati molto bene e sono pieni di stereotipi, la mancanza di perfidia sociale (stile Fincher) e di originalità delle vicende trattate.

Ultima modifica il Domenica, 06 Novembre 2016 20:07
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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