Terrence Malick è uno dei registi e sceneggiatori più influenti della mia vita. Eppure all'età di 72 anni ha fatto appena 10 film (compresi 3 in realizzazione, tra cui “Radegund” che sta girando in Italia). Fino al 2015 il suo palmares comprendeva appena 6 titoli, di qualità elevatissima. Tutto cominciò nel 1973 con “La rabbia giovane”, capolavoro che ha influenzato anche Bruce Springsteen nelle sue straordinarie canzoni. Poi “I giorni del cielo”, “La sottile linea rossa” (altro capolavoro assoluto), “The new world” e “To the wonder”. Nel 2011 è arrivata anche la Palma d'Oro con “The tree of life”, che considero uno dei film che ogni essere umano deve vedere e rivedere più volte nell'arco della sua vita. Da cineasta per pochi è diventato ricercatissimo anche da star importanti di Hollywood. Poi improvvisamente la sua vena creativa ha iniziato a produrre in un solo anno “Knight of cups”, “Voyage of time” (documentario sull'universo presentato all'ultimo Festival di Venezia) e “Weightless”. Tutti questi film sono usciti (o usciranno) tra il 2016 e il 2017. In Italia non si sa ancora se saranno distribuiti. Terrence Malick ha tempi biblici per la post produzione. Ma non è l'unico. In Italia non si sa come mai i suoi film sono abbastanza bistrattati dalle distribuzioni, tanto che “Knight of cups” (passato al Festival di Berlino nel 2015) arriverà nelle sale italiane il 9 novembre 2016. Più di un anno dopo gli altri. Un ritardo mostruoso che non aiuta il settore cinematografico, che alimenta la pirateria e fa perdere numerosi spettatori ai cinema d'essai. Bisogna dire subito una cosa: “Knight of cups” è un'opera secondaria rispetto ad altre di Malick, ma può essere considerato il sequel spirituale di una trilogia iniziata con “The tree of life” e poi proseguita con “To the wonder”. Vi spiego il perché parlandovi della storia.
Los Angeles. Rick (il premio Oscar Christian Bale) è uno sceneggiatore di successo. È entrato in forte crisi e sta cercando il senso della sua vita. Cerca conforto nei tarocchi e capisce di essere “il cavaliere di coppe” del titolo. Secondo tradizione delle carte è un uomo gentile, altruista, fantasioso che ha bisogno di stimoli. Non è un caso che il film è diviso in capitoli con le varie carte che testimoniano i vari passaggi della vita: si parte dalla luna, passando per l’appeso, l’eremita, la papessa, il giudizio e, dulcis in fundo, ecco la libertà. Rick è una sorta di Jep Gambardella americano, un prigioniero dal potere dei soldi e del successo che la notorietà comporta. Non riesce a trovare la chiave di volta per dare un senso alla sua esistenza. La sua vita spazia da un party all'altro, da una donna all'altra e da una famiglia con cui ha rapporti difficoltosi (specie con il padre Joseph, interpretato da Brian Dennehy, e il fratello Barry, interpretato da Wes Bentley). Anche le sue relazioni sono passeggere: dapprima c'è la giovane Della (Imogen Poets), poi la matura Nancy (il premio Oscar Cate Blanchett che sarà la voce narrante di “Voyage of time” dello stesso Malick), passando per Helen (Freida Pinto) e Isabel (Isabel Lucas), e finendo con Elizabeth (il premio Oscar Natalie Portman che sarà anche in “Weightless” assieme a Malick e a Bale). La sua vita è monotona, abitudinaria, lussuosa, vuota e arricchita da tante donne. More, bionde, castane, non importa. Lo so detta così sembra il Cavaliere di Arcore più che di coppe. Nel mezzo il matrimonio finito con Nancy e la relazione con Elizabeth.Sarà lei la perla di cui perla la profezia dei tarocchi? Nel mezzo a tutto questo la Natura imperterrita, il Cosmo e tanti litigi familiari. Il padre lo aveva spesso messo spalle al muro perché Rick doveva essere saggio. Il figlio non doveva seguire i comportamenti giovanili del padre. Lui però segue imperterrito la sua strada, continuando a vagare in mezzo a tanto vuoto/lusso e a tante sofferenze/gioie.
Terrence Malick è un maestro. C'è poco da fare. Seguendo le orme del recente “Maps to the stars” di David Cronenberg, ritrae il vuoto mondo (dorato) di Hollywood e ne denuncia i vizi (tanti) e le virtù (poche). Ma ancora una volta il significato della vita, le leggi della Natura si ritorcono contro al protagonista che tenta di riemergere dalle acque alte dell'Oceano. Purtroppo non ci riesce. Tutto ritorna alle origini: come l'acqua ritorna alle rocce da cui è nata, l'uomo da vecchio torna a legarsi al “cordone ombelicale” dell'esistenza. Non a caso la coppa, evocata nel titolo, richiama il ventre femminile, da cui nasce la vita. Un film con forti fondamenta buddiste, bisogna dirlo. Ricordate che il regista è anche un filosofo. A molti spettatori tutto ciò sembrerà lento e ripetitivo, indigeribile, ma ricordate che non c'è nessun regista al mondo capace di farvi cogliere la meraviglia della vita e l'impossibilità della fuga come Malick. Questo è cinema allo stato puro! Stilisticamente parlando il film è quasi perfetto con star come Bale, Blanchett e Portman consapevolmente imprigionati in immagini di rara bellezza. Sì perché a dirigere la fotografia c'è il maestro Emmanuel Lubezki che in questo genere di film vale almeno dieci punti in più. Non a caso le ultime 3 edizioni degli Oscar della categoria (2014-2016) sono stati catalizzati dal fotografo messicano: prima con “Gravity” di Cuaron, poi con “Birdman” e “Redivivo” del connazionale Inarritu. Correte a vedere questo film, magari proprio il 9 novembre visto che si può andare al cinema con soli 2 euro.
TOP Il cast stellare del film, la solita straordinaria fotografia di Lubezki che indaga sulle meraviglie del mondo, i temi del film che rievocano Sorrentino e Cronenberg, la denuncia del vuoto nel dorato mondo di Hollywood.
FLOP Molti spettatori si sentiranno imprigionati e profondamente annoiati, se non entreranno in sintonia con il cinema di Terrence Malick.