ASSASSIN'S CREED **1/2
(USA 2016)
Regia e sceneggiatura: Justin KURZEL
Cast: Michael FASSBENDER, Marion COTILLARD, Jeremy IRONS, Brendan GLEESON
Durata: 1h e 55 minuti
Distribuzione: 20th Century Fox
Uscita: 4 Gennaio 2017
Se un giorno a qualcuno di voi venisse in mente di fare cinema, si ricordi di non trasporre un videogioco. Finora quasi tutti hanno fallito. Dopo i non esaltanti exploit cinematografici di "Tomb Raider", "Resident Evil" e "Prince of Persia", anche la Ubisoft ha lanciato al cinema il suo videogioco di punta: "Assassin's Creed". È stato annunciato come un'opera che avrebbe rivoluzionato la commistione cinema-videoludica. Ammetto di non aver mai giocato a questo videogame. Sul versante cinematografico devo dire che di rivoluzioni ne ho viste poche. La cosa mi spaventa visto che la Fox, in netta crisi creativa, sta sviluppando (ovviamente) una trilogia.
La storia molti di voi la conosceranno già. In ogni caso c'è subito una grossa differenza: il film è ambientato nella Spagna dell'Inquisizione (nel primo capitolo del gioco siamo in Terra Santa durante le Crociate).
Callum Lynch (il versatile Michael Fassbender) è un criminale condannato a morte. Una potente organizzazione, la Abstergo Industries, lo salva. Quest'industria è, sotto copertura, l'Ordine dei Templari. Tramite una macchina (l'Animus), Lynch viene catapultato nella Spagna del XV secolo. Il suo compito è recuperare la Mela dell'Eden. L'Ordine è guidato da Alan Rikkin (Jeremy Irons) e da sua figlia Sophie (Marion Cotillard), che vogliono usare Lynch per arginare ed estirpare il libero arbitrio dell'umanità. Così fanno rivivere Callum nell'antenato Aguilar. Il problema è che si rende conto che il suo Ordine (gli Assassini) ha il compito di difendersi proprio dai Templari al motto di "quando gli altri seguono ciecamente la verità, ricorda: nulla è reale. Quando gli altri si piegano alla morale e alle leggi, ricorda: tutto è lecito. Agiamo nell’ombra per servire la luce. Siamo Assassini. Nulla è reale, tutto è lecito”. Ovviamente lo scontro fra le due parti sarà inevitabile.
Il problema maggiore di questo film è la sceneggiatura. Perchè la Ubisoft non ha incaricato di scrivere lo script del film ai pionieri del gioco? Francamente non si capisce. Il film è un continuo viavai temporale dove tutto è (volutamente?) confuso. Bisogna ammettere che Justin Kurzel aveva fatto un lavoro superlativo nella folle prova generale di "Macbeth" dove aveva messo d'accordo il difficile testo teatrale di Shakespeare con una fotografia alla Breaveheart. Roba tosta, ben calibrata grazie alla coppia (glamour ed affiatata) Michael Fassbender - Marion Cotillard. Entrambi gli attori sono anche in questo progetto, seppur in ruoli e tempi profondamente diversi. Anche in questo film, visivamente continuo con il precedente, bisogna dire che i due sono molto bravi, ma la sceneggiatura non sempre li aiuta. I personaggi secondari di Jeremy Irons (che sta calando parecchio), Brendan Gleeson e della stessa Cotillard sanno ampiamente di già visto. Lo script non lascia a loro un gran margine di manovra.
Menomale che ci sono delle belle battaglie, ben coreografate. La fotografia, dominata da un blu freddo (nel presente) e dal giallo ocra (nel passato),è usata bene per mettere in risalto acrobazie e scenografie. La parte che funziona meno è quella ambientata ai giorni nostri perchè tutto è più fiacco, freddo e prevedibile.
Se vogliamo intrattenimento, il film funziona. Se vogliamo fedeltà con il gioco, la cosa non funziona sempre. Se vogliamo spettacolo e contenuto, allora la cosa si fa ardua. Viene solo da dire di non prendere il tutto troppo sul serio. Lo spettatore è come Callum Lynch quando viene messo sotto i ferri dell'Animus: ci sarà chi si perderà nell'avventura e rimarrà probabilmente soddisfatto e chi invece si farà domande, uscendo dalla sala insoddisfatto.
TOP
- Scenografie, fotografia e luci al servizio della storia, in continuità con il precedente "Macbeth"
- Acrobazie efficaci e battaglie ben coreografate
- Le interpretazioni convincenti di Michael Fassbender, Marion Cotillard e della sorprendente Ariane Labed ("The Lobster")
FLOP
- La sceneggiatura abbastanza confusionaria ed esile
- Il finale si può facilmente intuire
- Alcuni attori (vedi Jeremy Irons) sono un po' fumosi per colpa anche della sceneggiatura
IL CLIENTE ****
(Iran 2016)
Regia e sceneggiatura: Asghar FARHADI
Cast: Shahab HOSSEINI, Taraneh ALIDOOSTI
Durata: 2h e 5 minuti
Distribuzione: Lucky Red
Uscita: 5 Gennaio 2017
Menomale che ci sono i registi come Asghar Farhadi. Non solo cinematograficamente parlando, ma anche perché è un personaggio socialmente importante e coraggioso. La sua arte è quanto mai fondamentale per il suo Paese natio (l'Iran), ma da tempo fa breccia anche nell'Occidente. Dopo due film meravigliosi come "Il passato" e "Una separazione", il regista iraniano continua a colpire. Ormai è un habitué a Cannes e nei festival più prestigiosi. A differenza dei suoi colleghi connazionali, mette in scena la quotidianità nuda e cruda. Spesso nei suoi film la cultura occidentale e quella del suo Paese si confrontano, insieme all'eterno dualismo tra antico e moderno.
Ecco perché dopo "Il passato" ha scelto di tornare a girare in Iran. Ancora una volta ha vinto Asghar. Tanto che a Cannes "The Salesman" (in italiano "Il cliente") ha vinto due premi prestigiosissimi: miglior sceneggiatura e miglior attore protagonista. Mica male per un film considerato minore.
Al centro della narrazione ci sono due personaggi: Rana (Taraneh ALIDOOSTI) e Ernad (Shahab HOSSEINI), una giovane coppia di attori teatrali che lasciano la propria abitazione a causa della stabilità dell'edificio. Un collega (con cui stanno preparando "Morte di un commesso viaggiatore" di Miller) li aiuta a trovare una nuova dimora. All'inizio tutto sembra tranquillo, ma presto l'atmosfera cambia. La casa era precedentemente abitata da una prostituta, ma gli sposini sono ignari della cosa. Un giorno Rana rimane sola. Bussano alla porta. Anziché seguire il consiglio di un celebre film horror, convinta che sia il marito, la apre. È il cliente dell'ex inquilina che mostra subito il suo biglietto da visita, aggredendo l'incolpevole donna sotto la doccia (chissà a chi si sarà ispirato Farhadi...). Quando il marito viene a scoprire la verità decide di non chiamare la polizia. Vuole farsi giustizia da solo e trovare il colpevole. Il fatto provocherà profonde ripercussioni sul futuro dei due: mentre Rana cerca di dimenticare, provando a cambiare, per Ernad si sviluppa un'ossessione totale. Il confine labile tra vittima e carnefice si assottiglia sempre di più. La sicurezza della coppia diventa insicurezza, i nodi vengono al pettine. Non è un caso che l'edificio iniziale abbia un cedimento strutturale. Tutto ciò è una metafora,come gli sguardi e il non detto che, come sempre nel cinema di Farhadi, diventano fondamentali. Mentre la narrazione prosegue, si scoprono dettagli e ombre sempre più importanti su questi personaggi. Sullo sfondo di questa dramma "da camera" c'è un Iran che non sembra aver perso molte tradizioni (come ad esempio la censura) nonostante gli enormi cambiamenti in corso. Per evidenziare i limiti della società, la coppia è da sempre considerata dal regista la cartina tornasole dei rapporti umani.
Come al solito Farhadi regala alti momenti di cinema sviluppando una sorta di domino, che si ispira chiaramente ad antiche lezioni di Polanski e Hitchcock, oltre al testo teatrale del "commesso viaggiatore" di Miller. Interpreti, regia e sceneggiatura al top. "Il cliente" è un film ottimo che lascia riflessioni profonde. Per questo non va assolutamente perso, nonostante la scarsa distribuzione italica.
TOP
- Regia, sceneggiatura e attori al top
- Lo scenario rappresentato, la coerenza artistica di Asghar Farhadi
- Le antiche lezioni di cinema e di teatro prese ad esempio
- Cosa significa fare cinema impegnato in Iran, finendo per piacere in Occidente
FLOP
- Il doppiaggio italiano fatto "al risparmio", eseguito con voci piuttosto piatte
- La scarsa distribuzione nelle sale italiane