2007. Il regista americano Todd Haynes ("Carol") diresse un film su Bob Dylan. Si chiamava "Io sono qui". La particolarità di questa pellicola era rappresentata dal fatto che il famoso cantante era interpretato da 5 attori e da un'attrice. Ognuno rappresentava fasi diverse della sua vita: il Poeta (Ben Whishaw), il Profeta e il "Pastore" (Christian Bale ha 2 ruoli), il fuorilegge (Richard Gere), il falso (Marcus Carlie Franklin), la "stella elettrica" (Heath Ledger). Ma a dare un tocco particolare al film c'era l'immensa Cate Blanchett nei panni del "martire del rock n roll". La sua interpretazione era a dir poco mimetica e anche a livello fisico c'era un'immedesimazione, a dir poco, totale (notare la foto accanto).
Parto da qui per dirvi che l'attrice australiana (all'attivo 2 premi Oscar per The Aviator e Blue Jasmine) non è nuova a tali metamorfosi e merita di essere annoverata tra le più grandi al mondo per aver portato sullo schermo originalità, classe cristallina come poche altre (lo sa bene chi ha visto pellicole come Carol, The Aviator e Blue Jasmine). Dopo Meryl Streep, sicuramente c'è lei. Anche il suo ultimo film sperimentale spiega la particolarità di quest'attrice che va a plasmare i suoi personaggi non più con la sua bellezza algida, ma con il tuo trasformismo autentico e trascinante.
"Manifesto" nasce come una sorta di pannello dell'artista e regista tedesco Julian Rosefeldt all’ACMI (l’Australian Center of the Moving Image di Melbourne). Dodici schermi proiettavano ognuno un episodio diverso. Poi lo stesso Julian Rosefeldt ha fatto il "detective montatore" rimettendo insieme i pezzi e creando qualcosa di unico e originale. Sì perchè i personaggi non sono delle star. Ci sono una cantante punk, operai, broker, un clochard, una giornalista televisiva, un’insegnante, una coreografa e tanto altro. C'è perfino un omaggio al cervellotico capolavoro di Spike Jonze, "Essere John Malkovich". Viene rappresentata gente comune, dei veri e propri antieroi come ognuno di noi. L'idea è affascinante e tremendamente attuale, sincera, quasi viscerale. Per fare questo autentico miracolo (cinematografico, s'intende), Rosefeldt ha voluto a tutti i costi la poliedrica attrice australiana Cate Blanchett.
Il film "Manifesto" uscirà nei cinema italiani solo per 3 giorni dal 23 ottobre (che vergogna! E poi si dice che la gente non va più in sala...). Anche se in alcuni cinema verrà programmato per oltre una settimana (ad esempio al Teatro "La Compagnia" di via Cavour a Firenze rimarrà fino al 1 novembre). Questo film lo dedico, provocatoriamente, a quelli che credono che il documentario sia un'opera minore e non valga la pena vederlo al cinema. Non so a voi, ma a me ha stimolato e fatto ripensare a dei versi di una canzone. "Well I'm gonna push my way through that crowd, I'm gonna tear all your walls down" (il pezzo in questione è "My love will not let you down" di Bruce Springsteen). Tradotto, sto per spingere la mia strada attraverso quella folla, sto per buttare giù tutti i tuoi muri. Questo splendido capolavoro della settima arte è un omaggio alla tradizione e alla bellezza non solo di tutte le arti, ma soprattutto a quella di ben 13 manifesti icone del Novecento.
Cate Blanchett compie un'impresa senza precedenti mettendosi nei panni di tutti questi personaggi: in versione barbone (scusate la mia ignoranza oggi si dice clochard) per definire lo spirito del Partito Comunista, in versione vedova per imprimere l'autenticità del Dadaismo, in versione maestra per cogliere l'essenza del danese "Dogma 95". Ma ci sono anche il Surrealismo (di cui Bunuel era il maestro) e la "Minnesota Declaration" di Herzog. In pratica lei rappresenta il Novecento, i suoi movimenti, le sue icone, le sue tendenze, i suoi stili. La sua popolarità al servizio degli altri. La sua voglia di cambiare pelle è tangibile e lascia lo spettatore medio senza respiro, senza punti di riferimento. Cosa che io personalmente ho gradito assai. Diciamo pure che dentro di me ho pianto dalla gioia. La rinascita che in tanti sognano, ma che in realtà pochi vogliono (osservando le azioni della vita quotidiana), è lontana se la sconcertante bellezza di questo film non viene messa in pratica.
Viviamo in un'epoca intrisa di razzismo, di odio, di intolleranza, di analfabetismo di ritorno. Gli ideali ormai sono in via di estinzione per i più. Tutto quello che il Novecento ha prodotto è stato ucciso in maniera barbara e capricciosa, in nome del benessere collettivo. Poi in realtà ci siamo tristemente svegliati che era puro egoismo all'ennesima potenza. In Italia recentemente sul "Corriere della Sera" è uscito un pezzo interessantissimo sulla concezione giovanile di categorie come quella dell'operaio. Vi anticipo che a me la cosa ha fatto piuttosto arrabbiare. Questo film è un ottimo esempio per un giovane cresciuto negli anni 2000 perché fornisce ideali, risposte, elementi di interesse a quantità industriali.
Un esempio attendibile? La maestra che insegna ai propri alunni di una scuola elementare che niente è originale. "Quindi potete rubare da qualsiasi cosa risuoni con l'ispirazione e alimenti la vostra immaginazione", a patto che creiate qualcosa. Questa è l'arte oggi, cinema compreso. Un po' quello che disse un certo Vittorio Storaro a Fiesole alla consegna del Premio Maestri del cinema (leggi qui). L'Italia odierna dimostra che abbiamo un disperato bisogno dell'entusiasmo giovanile, ormai limitato e represso a merce di scambio. Questo documentario mostra tutte le contraddizioni insite nell'essere umano e l'erronea concezione della pecoreccia società di massa. Bisogna ricominciare daccapo, dice in parole povere il film. Non viviamo il nostro presente, non immaginiamo più il futuro in nome di un passato che molti considerano morto e sepolto. In realtà sempre più vivo e vegeto. Non ci rimangono che i sogni e la loro (problematica) attuazione, oltre a quella dannata voglia di rompere gli schemi. E in questo film tutte queste (chiamatele se volete) emozioni scorrono potenti e rapide sul grande schermo. Questo è cinema all'ennesima potenza. Un capolavoro da proiettare in tutto il mondo (specie nelle scuole) perchè solleva quesiti, costringe al dibattito, a un inevitabile e produttivo confronto. Di questi tempi è tanta roba.
LA FRASE: Niente è originale, ok? Quindi potete rubare da qualsiasi cosa risuoni con l'ispirazione e alimenti la vostra immaginazione.
PREGI
- E' un film da vedere al cinema in lingua originale, possibilmente
- Il Novecento raffigurato con manifesti iconici e antieroi comuni
- Cate Blanchett è stratosferica e totale in tutte e tredici le "maschere". La sua recitazione è stordente e brilla di luce propria. E' in stato di grazia
- Il forte parallelo con "Io sono qui" di Todd Haynes
- Lo splendido omaggio a "Essere John Malkovich" di Spike Jonze
- E' un manifesto contro l'ignoranza della società odierna che invita a riscoprire le categorie del Novecento. Un modello da prendere come esempio per uscire dalla crisi
- Un film modello per i giovani che non hanno miti e ideali
- Immagini splendidi e monologhi di grande qualità
DIFETTI
- La scarsa distribuzione nelle sale. Questo film andrebbe fatto vedere e rivedere nelle scuole.
- La concezione (drammatica) che un documentario non sia da vedere al cinema