Perdonate il ritardo, ma l'eccessiva programmazione di titoli importanti nei mesi invernali non mi ha aiutato. A scoppio ritardato, ecco un titolo che merita attenzione. Finalmente un film italiano di qualità. Il nostro cinema "eppur si muove". Sogno o son desto?
Dopo "Smetto quando voglio", "Lo chiamavano Jeeg Robot", "La mafia uccide solo d'estate", ecco un altro titolo importante e addirittura originale. Un'opera corale che riprende vecchie lezioni della "terrazza" romana di Ettore Scola, di Woody Allen, di Bergman, di Polanski (in particolare "Carnage") passando per il cinema francese ("Cena tra amici"). Se "Il nome di figlio" di Francesca Archibugi era un remake italico del film sopra citato, questa volta il merito è tutto di Paolo Genovese e del suo team creativo. Il pubblico, che non è completamente idiota, lo ha capito e ha premiato l'operazione con un botteghino sostanzioso (oltre 16 milioni di euro in meno di 2 mesi!). Solo "Quo Vado" con Checco Zalone ha fatto meglio tra i film usciti nell'anno in corso. La Medusa si sta stroppicciando le mani visto che li ha prodotti, finanziati e distribuiti. Finalmente una sceneggiatura originale basata sull'osservazione della società italiana. Una pellicola cinica, acida, orgogliosamente cattiva e tragicomica. Paolo Genovese ha dichiarato di essersi ispirato a una frase di Gabriel Garcia Marquez: "Ognuno di noi ha una vita pubblica, una privata e una segreta". Un tempo quest'ultima rimaneva nel subconscio della nostra mente, oggi è nelle sim dei nostri smartphone. Nei telefoni ci sono gli sms, l'agenda, la posta, le mail, le conversazioni sui social network, le telefonate e quant' altro. Poi ci sono le coppie. Chissà quante volte abbiamo visto, intorno a noi, coppiette che non si parlano mentre rovistano nei loro cellulari o gente comune che ogni 5 secondi sono presi a controllare la posta o le conversazioni su WhatsApp. Potete dirlo forte: si sembra (o siamo?) tutti degli imbecilli. Hi-tech, ma sempre imbecilli siamo. Ma veniamo alla trama del film.
Siamo a Roma. Il chirurgo plastico Rocco (Marco Giallini) e sua moglie, la psichiatra Eva (Kasia Smutniak), decidono di invitare a cena degli amici per "vivere" la notte dell'eclissi di luna. Tra gli invitati ci sono Bianca (Alba Rohrwacher) e Cosimo (Edoardo Leo), Lele (Valerio Mastandrea) e Carlotta (Anna Foglietta). E poi c'è Peppe (Giuseppe Battiston), da solo perchè la compagna "non si sentiva molto bene". Apparentemente è una serata tranquilla, come le altre. Ad un certo punto la conversazione finisce in un gioco (al massacro) per colpa di Eva. La donna è convinta che tante coppie si lascerebbero se ogni rispettivo partner controllasse il contenuto del cellulare dell'altro. Dalla serie "al mio segnale scatenate l'inferno". Tutti posano il cellulare sulla tavola, leggendo sms e ascoltando le conversazioni telefoniche "al buio". Tutti possono ascoltare tutto. Aveva ragione Harvey Dent, alias Due Facce: il caso è equo. Ovviamente quando si parla degli altri si ride e si massacra. Ma quando si tocca la tua vita, cosa succede? Il ritmo è aspro e incalzante, i dialoghi serrati. Ed ecco che le persone rivelano le loro (vere) identità, come nella "carneficina" (Carnage) del film di Polanski. Marco Giallini è un frustrato padrone di casa che non vuole "finire come Barbie e Ken": ovvero sua moglie con le tette rifatte e lui senza palle. "Le uniche coppie che vedo durare sono quelle dove uno dei due, non importa chi, riesce a fare un passo indietro". La moglie Kasia Smutniak è una nevrotica consorte perennemente in lite con la figlia, Edoardo Leo è un tassista, superficiale e romantico, fidanzato con Alba Rohrwacher, veterinaria anche lei romantica e che pesa ogni parola. Valerio Mastandrea, il migliore di tutto il cast, è ingabbiato nel matrimonio con Anna Foglietta, la quale non rinuncia a sfogare le sue frustrazioni nell'alcool. Infine c'è Giuseppe Battiston, ex professore di ginnastica, che si presenta da solo, ma che dice di convivere con una donna.
Un film dal solido impianto teatrale con forte impronta "pirandelliana" dove le maschere regnano sovrane per buona parte dell'opera per poi lasciare, piano piano, lo spazio alla verità (semplice o scomoda che sia) in stile "Sliding Doors". Ogni persona viene messa alla "berlina" sia sul versante professionale, sia su quello sentimentale. Senza esclusione di colpi. Dimenticate il politically correct all'italiana. È un ritratto moderno, attuale sull'ipocrisia della nostra società che apparentemente è libera, ma che in realtà ingabbia l'individuo. Tutti ci sentiamo liberi, ma non lo siamo. La privacy, che tutti siamo vorremmo avere, è solo un'utopia. Chi più, chi meno, ma siamo tutti sulla stessa barca. Straordinariamente affiatato il cast d'attori, ben assistiti dalla sceneggiatura, dove si conferma assoluto mattatore Valerio Mastandrea, coadiuvato dai soliti Giallini, Leo e Battiston. Sul versante femminile si conferma Anna Foglietta, mentre la Rohrwacher e la Smutniak sono sicuro che sorprenderanno molti spettatori. Anche il pubblico si renderà conto, come i protagonisti del film, che anche le persone che crediamo di conoscere bene, in realtà sono perfetti sconosciuti. Come il titolo e la canzone portante dell'opera, firmata da Fiorella Mannoia. Mi raccomando se non volete sorprese, non rifate il giochino con i vostri amici. Uomo avvisato, mezzo salvato.
TOP
La sceneggiatura originale che, attraverso dialoghi serrati e incalzanti, indaga sulla dipendenza da smartphone. Lo straordinario affiatamento del cast, in cui spicca Valerio Mastandrea. La colonna sonora firmata da Fiorella Mannoia.
Gli omaggi a maestri navigati come Scola, Allen, Polanski e Bergman, oltre alla lezione recente della commedia francese "Cena tra amici".
FLOP
La provenienza di Paolo Genovese dal mondo della pubblicità si avverte in alcuni momenti, soprattutto per un pizzico di troppo di retorica. L'accavallamento dei segreti e delle bugie dei protagonisti, nello stesso tempo, è probabilmente un po' eccessivo.