Martedì, 19 Giugno 2018 00:00

Scricchiolano il Governo della Merkel e l’Europa?

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Scricchiolano il Governo della Merkel e l’Europa?

La dialettica tra CDU (della cancelliera Angela Merkel) e CSU (del ministro degli Interni Hornst Seehofer) segnala come la questione delle migrazioni non si al centro del solo episodio di confronto tra Salvini e Macron.

La Germania affronta partite internazionali importanti anche sul piano economico, esposta ai dazi di Trump più degli altri paesi del vecchio continente, oltre che con la Deutsche Bank sotto analisi da parte della Fed a stelle e strisce.

Sulle notizie che arrivano da Berlino e la loro rilevanza internazionale proviamo a impegnare la nostra rubrica a più mani di questa settimana.


Piergiorgio Desantis

In Germania si conferma la medesima dinamica che si sviluppa nel resto dell’UE.

La contesa si svolge nel campo della destra: si confronta una destra classica liberista anni ‘80 e le nuove destre, anch’esse liberiste, caratterizzatesi però per le politiche xenofobe e repressive. La sinistra, semplicemente, anche se al governo come in Germania è assente o, peggio, subalterna. 

La nuova destra, che è sia al governo (CSU) sia fuori (Alleanza per la Germania) nuotano a loro agio nel contesto di crisi e di stagnazione economica.

Le popolazioni europee, dopo decenni di riduzione di diritti e di salari, hanno introiettato la dinamica immigrato/nemico.

La sinistra può e deve connettersi al popolo cui vorrebbe fare riferimento e rispondere non con la compassione (c’è già la Chiesa) ma in termini che un tempo si definivano “materialistici” ovvero basati su analisi e soluzioni.

Purtuttavia, è assai probabile che l’asse dell’UE si sposti, ancor di più, sulle posizioni di Salvini in Italia, di Le Pen in Francia nel prossimo futuro.

Per la sinistra si ritaglia, per il momento, un ruolo di resistenza, di rigenerazione del pensiero e di testimonianza di un altro mondo di concepire i rapporti di produzione.


 Alex Marsaglia

La Germania è chiaramente messa alle strette dalla politica aggressiva degli Stati Uniti che hanno deciso di cingere d'assedio il vecchio fortino euro-tedesco.

La politica della Fed è già una politica di un'economia in piena fase di rilancio della crescita, quella della Bce invece non fa che dimostrare quanto sia impossibile tenere assieme più economie differenti con una stessa moneta.

Il motore dell'euro, cioè il mercato unico è in panne. Sono stati tritati miliardi per contrastare la deflazione che puntualmente è arrivata, essendoci un contesto economico disastrato. Le frontiere degli Stati stanno tornando di moda e la cosa influirà anche su merci e capitali.

Allo stesso modo la politica migratoria è ormai un ossimoro, in quanto l'integrazione forzata in questi anni è stata governata dal caos dettato dalla legge del Mercato, i beni e le merci ovviamente in questo settore sono le persone e i migranti stessi. La stessa Germania, che aveva trovato una solida quadra politica su argomenti unificanti per tutta l'Europa, sembra arrivata a dover affrontare l'esplosione definitiva delle contraddizioni. 

Ed è proprio dentro al polo conservatore che troviamo le tensioni più forti che sarebbero maturate sino a giungere al punto di rottura. Tra la Cdu e la Csu non correrebbe ormai più buon sangue per via della eccessiva volontà di accoglienza della Cancelliera.

Gli stessi sondaggi danno una flessione dei partiti facenti parte della Grosse Koalition.

Le regole comuni europee già inique potrebbero iniziare a saltare del tutto per volontà dei popoli più privilegiati d'Europa?

Non è da escludere che l'Unione Europea possa implodere per volontà dei più forti, in tal caso saranno dolori per i più deboli.


 

Dmitrij Palagi

Che l'Europa risponda compatta all'offensiva degli Stati Uniti. Purché difenda gli interessi della Germania. 

Talvolta si ha l'impressione sia questa la posizione del governo Merkel, tanto da ascoltare reazioni entusiaste in caso di sconfitta tedesca ai mondiali di calcio anche quando l'Italia non è nemmeno della partita.

Nel sentimento di radicato euroscetticismo in Italia, tra le nazioni più convinte del processo di integrazione europeo nel secolo scorso, spesso si sente un pregiudizio rispetto a quanti prendono decisioni a Berlino.

Senza entrare nel merito delle questioni e dei dettagli, compito per il quale non ho sicuramente adeguate capacità, una domanda mi è sorta in questi ultimi giorni, principalmente sfogliando il Sole 24 Ore. Quindi è possibile parlare di politiche di interesse nazionale pur stando all'interno dell'Unione Europea, come di fatto si accusa la Germania di fare?

Sarà quindi che più che i contenitori contano i rapporti di forza? E che un'Italia con la lira e senza vincoli sovranazionali sarebbe comunque schiacciata da un'economia del vecchio continente in cui alcune soggettività pesano più di altre?

Questo non vuol dire difendere l'Europa come entità (pseudo)federalista, ma solo provare a capire cosa si può costruire nella società (non solo sui social o nella narrazione mediatica più di massa) per cambiare radicalmente i temi su cui si discute e ci si divide nel Paese (nell'opinione pubblica come in organizzazioni da ripensare e ricreare radicalmente).

Altrimenti si finisce per dover decidere su chi sta meno antipatico tra Merkel e Trump, o finire per sognare assi Roma-Vienna-Berlino capaci di lasciare perplessi persino i nuovi ministri italiani.

Conferma sentimenti di amarezza l'irrilevanza delle sinistre in questi dibattiti.

La Spagna e la Grecia non rappresentano nessun faro verso cui dirigersi per aggrapparsi.

Non va ripensata l'Europa, va ripensata la politica, almeno per chi si ritiene di sinistra (il discorso per chi si presume rivoluzionario si farebbe ancora più impietoso).

Jacopo Vannucchi

 Il 13 giugno i ministri dell’Interno di Austria e Germania hanno tenuto una conferenza stampa congiunta a Berlino. Il governo austriaco era rappresentato da Herbert Kickl, della neofascista Fpö, per la quale aveva ideato già in passato slogan di sapore “Blut und Boden”, mentre gli onori di casa erano tenuti da Horst Seehofer, un esponente di destra sociale della bavarese Csu, storicamente più a destra rispetto al partito fratello della Cdu.

I due ministri, dopo essersi consultati con l’omologo italiano Salvini, hanno parlato di un asse tra Germania, Austria ed Italia contro l’immigrazione; la riesumazione dell’Asse dev’essere piaciuta al cancelliere austriaco Kurz, che l’ha subito ripetuta ai quattro venti; meno a Macron, che ha ricordato come l’Asse non abbia portato molta fortuna nella storia.
Non sono mancate le sfumature tragicomiche, ad esempio quando Kurz ha annunciato che si stanno realizzando centri di accoglienza fuori dall’Europa, «un progetto a cui sta lavorando un piccolo numero di stati in un modo molto confidenziale per aumentarne la fattibilità» – che ricorda un po’ quegli ingegnosi antifurti motivazionali costituiti dal cartello “l’area è protetta da videocamere e da altri sistemi non pubblicizzati per non diminuirne l’efficacia”.

Tragicommedia a parte, la politica xenofoba di Seehofer e della Csu, che in Baviera ha forzato la mano schierando la polizia regionale a pattugliare il confine assieme a quella austriaca, sta portando a crescenti tensioni nel governo tedesco. Le forze di estrema destra, in tutto il continente, stanno minacciando di sospendere la circolazione interna stabilita da Schengen se non verranno sigillate le frontiere esterne. La minaccia, che il ventriloquo Salvini ha fatto ripetere da Giuseppe Conte alla Merkel, si basa su un ricatto fatto di odio e ignoranza, visto che non esiste al momento alcuna emergenza immigrazione, se non l’emergenza umanitaria che riguarda le manciate di disperati che rischiano la vita in mare.

La Germania potrebbe cedere a questo ricatto, visto che i Paesi che lo estendono sono parte del suo bacino commerciale. D’altro canto, se Angela Merkel non fosse «una ragazza che ha paura della propria ombra» (Helmut Kohl), potrebbe cogliere l’occasione per rispondere alla guerra di movimento con la guerra di movimento, rivoluzionando assieme alla Francia l’intera struttura europea.

Del resto l’indebolimento istituzionale e di immagine degli Stati Uniti è un’occasione che capita una o due volte al secolo.


Immagine di copertina liberamente ripresa da milano.corriereobjects.it

Ultima modifica il Lunedì, 18 Giugno 2018 22:47
Dieci Mani

Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al "tema della settimana". Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).

A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.

www.ilbecco.it/diecimani.html
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