Domenica, 03 Agosto 2014 00:00

Nel caos della Libia

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«L'ambasciata britannica a Tripoli non sarà in grado di fornire assistenza consolare dopo il 4 agosto». Nonostante l'impegno dell'esercito inglese nel contribuire alle «prime elezioni democratiche da più di 42 anni» in Libia, anche il Regno Unito annuncia con un comunicato ufficiale un relativo disimpegno rispetto al territorio un tempo governato da Gheddafi. Un articolo del Guardian esplicitamente afferma: «Londra ha lavorato in concerto con Parigi e Washington per cercare di sbarrare la strada alle attuali violenze, ma con entrambi i partner partiti, la Gran Bretagna pare aver deciso che poco può essere ottenuto rimanendo».

Roma non viene neanche citata, nonostante la ministra Mogherini avesse rivendicato la centralità del ruolo italiano nello scenario libico in una recente audizione (del 31 luglio) con la commissione Affari esteri di Palazzo Madama: «come sapete bene l'Italia lì è un punto di riferimento anche per gli altri europei». 

Il 31 luglio sul Sole 24 ore, Alberto Negri, scegliendo parole più verosimili, scrive: «Francesi, britannici, americani, hanno bombardato per mesi Gheddafi dall'aria e dal mare, e ora, dopo aver fatto i bagagli dalla Libia, non mandano neppure una modesta goletta nella Sirte. Ricordiamocelo la prossima volta che ci chiedono aerei, navi e soldati».

Ansar al Sharia nel frattempo ha conquistato Bengasi e proclamato la nascita di un emirato, che si affianca al Califfato nato tra Iraq e Siria (quest'ultimo paese ha registrato oltre 5.000 morti nel solo mese di luglio).

Mentre il sangue dei palestinesi affoga Gaza, mescolandosi con quello dei soldati israeliani, si scuote tutta l'area del Medio Oriente e della parte settentrionale del continente africano: a essere messi in discussione sono i confini nazionali disegnati nell'area dalle forze coloniali nel corso del '900, con dinamiche sociali e religiose che pochissimo hanno a che vedere con quella già semplicistica visione che ha accompagnato «lo scontro di civiltà» dell'inizio del nuovo millennio.

Domenico Quirico, giornalista de la Stampa noto anche per essere stato vittima di sequestri a sud del Mediterraneo, in una recente intervista a ilsussidiario.net, ha risposto a una domanda: «il male dell'occidente è quello di continuare a considerare le vicende internazionali sulla base del vantaggio o dello svantaggio che hanno gli azionisti delle compagnie quotate in borsa». In realtà questo è un limite che riguarda altri paesi, ma non l'Italia, incapace di tutelare anche gli interessi dei propri gruppi di potere, giocando un ruolo di secondo piano in un'Unione Europea inesistente.

Immagine liberamente tratta da www.startribune.com

Ultima modifica il Sabato, 02 Agosto 2014 23:49
Furyo

“È stato come se Celliers con la sua morte piantasse un seme dentro Yonoi, che noi tutti potremo far crescere”

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