Domenica, 07 Settembre 2014 00:00

Intervista a Sara Alacoglu, attivista di Occupy Gezi

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Raggiungiamo per e-mail Sara, attivista di Occupy Gezi e impegnata nel variegato movimento antigovernativo turco, sempre in prima linea sin dalle prime manifestazioni in piazza Taksim a difesa del parco Gezi e fra coloro che durante i violenti scontri con la polizia portava soccorso ai feriti.

È passato più di una anno dalle prime manifestazioni in difesa del parco Gezi. Quale è attualmente la situazione del movimento di protesta antigovernativa? È ancora uno spontaneo network di ONG o sta diventando più organizzato e strutturato? Ritieni che il movimento nel suo complesso sia oggi più forte o piuttosto che sia stato indebolito, soprattutto a causa delle feroce repressione delle forze dell’ordine?

Il movimento di protesta antigovernativo è iniziato con il movimento Occupy Gezi e oggi è esteso a movimenti universitari e per i diritti LGBT in un contesto di crescente corruzione dei membri del governo e nella negligenza con cui è stato trattato il disastro minerario di Soma.

Occupy Gezi si è rivelato come uno dei movimenti più grandi dell’intera storia della Turchia. Sebbene siano stati etichettati come “pochi saccheggiatori”, oltre 3 milioni e mezzo di turchi hanno assunto un ruolo attivo in tutte e 78 le città in cui si sono tenute le dimostrazioni. Come è naturale che sia, oggi le proteste sono meno affollate e dirompenti di un anno fa, le persone stanno abbandonando le piazze per cercare di esprimersi attraverso il voto o attivandosi in ONG e partiti che supportano campagne antigovernative ma è anche vero che i dimostranti sono oggi molto più esperti: sappiamo come agire se veniamo feriti dalla polizia o cosa occorre fare quando siamo colpiti da lacrimogeni o chi chiamare se siamo arrestati.

Quale è la composizione del movimento antigovernativo dal punto di vista del genere, dell’età e della classe sociale?

C’erano e ci sono tutt’ora molte donne nelle proteste nonostante la repressione molto dura (la polizia attacca i dimostranti con lacrimogeni, proiettili di gomma e cannoni ad acqua) che ha causato 11 morti e oltre 8,000 feriti.

Anche dal punto di vista dell’età e della classe sociale la situazione è assolutamente variegata: ci sono studenti e anziani, colletti bianchi e colletti blu, laici e credenti, comunisti e nazionalisti, curdi, gay, femministe.

Da quando le proteste sono partite, abbiamo assistito a dei momenti unici e irrepetibili nella storia turca, come quando gli ultras delle tre principali squadre di calcio di Istanbul (Beşitaş, Galatasaray e Fenerbahçe), tradizionalmente rivali, si sono uniti alle proteste e hanno cantato slogan antigovernativi tutti assieme. Lo stesso è avvenuto nel caso dei dimostranti curdi e nazionalisti, generalmente separati fra di loro da un odio profondo. Ammirevole è stato anche il momento in cui i musulmani anticapitalisti e rivoluzionari hanno effettuato la preghiera del Venerdì a Gezi park nello stesso momento in cui la piazza era affollata da attivisti di Occupy Gezi, per lo più laici e occidentalizzati e con addosso vestiti moderni.

L’impressione è che oggi il movimento Occupy Gezi sia così grande e importante tanto da non avere più semplicemente a che fare con la demolizione del parco di Gezi ma che piuttosto sia diventato ormai un movimento politico di protesta diffuso a livello nazionale e opposto alle politiche neo liberiste e conservatrici di Erdogan. Il movimento può essere definito di sinistra? E ci sono idee politiche condivise all’interno del movimento riguardo l’economia, salute ed educazione e diritti civili?

Stando al discorso di Erdogan del 4 Giugno scorso durante la sua visita in Marocco, i dimostranti sono per lo più saccheggiatori, perdenti politici e gruppi estremisti e marginali. Ha continuato a ribadire la loro vicinanza con i terroristi e con l’estremismo. Ha accusato il CHP, Partito Repubblicano del Popolo (il principale partito di centro-sinistra del Paese, N.d.A), di aver organizzato le proteste (nonostante questo stesso partito fosse inizialmente a favore delle demolizione del parco).

Gli analisti politici turchi suggeriscono al contrario che le manifestazioni sia nata dal basso secondo le dinamiche di un processo “bottom-up” e senza dei leader riconoscibili.

Un sondaggio dell’univerisità Bilgi ha mostrato come i motivi delle proteste siano da ricercare nell’attitudine autoritaria del primo ministro, nell’uso sproporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine, nella violazione dei diritti democratici e nel silenzio dei media. Il sondaggio ha anche mostrato che metà dei protestanti sono cittadini sotto i trenta anni e per il 70% senza alcuna affiliazione politica. La percentuale sale al 79% secondo i riscontri di un altro sondaggio.

Come già ho detto prima, la gamma dei manifestanti è nota per essere molto ampia, comprendendo sia persone di sinistra che di destra. Direi che non ci sono piani e opinioni condivise riguardo l’economia, la salute e l’educazione, piuttosto l’idea comune era ed è tutt’ora quella di proteggere il secolarismo e ribellarsi alle dichiarazioni brutali e arroganti di Erdogan ricordandogli che non può rappresentare soltanto il 50% dei turchi che lo hanno votato ma che ha il dovere di rappresentare tutto il popolo turco.

Erdogan a marzo ha vinto le elezioni amministrative, le elezioni presidenziali avranno luogo ad Agosto e quelle politiche l’anno prossimo. Pensi che una eventuale vittoria di Erdogan nelle prossime sfide elettorali possa deligittimizzare le aspirazioni e le domande del movimento? D’altra parte, cosa pensi possa cambiare se l’opposizione (CHP) riuscisse a vincere le elezioni?

Nonostante I numerosi scandali legati alla corruzione che hanno riguardato molti esponenti del governo di Erdogan, l’AKP (il partito di Erdogan N.d.A) continua a vincere le elezioni principalmente perché l’opposizione è divisa in partiti differenti e in particolare il principale partito d’opposizione a sinistra, il laico CHP (come in molti altri paesi europei N.d.A) sta cercando di reinventarsi come forza di centrodestra perdendo in questo modo i voti della Turchia progressista.

Immagine tratta da: www.politicalcomics.info

Ultima modifica il Lunedì, 14 Novembre 2016 17:00
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

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