L’America latina, pur con tutte le sue somiglianze all’Europa sud-occidentale, fa storicamente parte dell’area dei paesi dominati: questo significa che accanto alle reciproche affinità ci sono profonde differenze, e che tra esse campeggiano quelle dovute al fatto che l’America latina è uno dei grandi teatri della lotta storica di popoli e loro movimenti progressisti per l’emancipazione da dominatori, e che tra questi ultimi sono anche i paesi dell’Europa occidentale, pur in seconda linea rispetto agli USA. I quali fino a tempi recenti hanno spadroneggiato brutalmente in America latina, e che, pur ormai arretrando, non hanno nessuna intenzione di mollare.
Hanno giganteschi interessi economici, hanno paradisi fiscali per i loro ricchi, le loro banche e le loro mafie, hanno basi militari, hanno persino una flotta dell’Atlantico meridionale, davanti al Brasile. Tutto questo ha fatto sì, e continua a far sì, che le sinistre latino-americane siano storicamente nazionaliste. Se la parola non piace, diciamo patriottiche: un po’ come le sinistre italiane o ungheresi o polacche nell’Ottocento. In più, poiché, a parte le isole minori del Caribe e la Giamaica, dal confine settentrionale del Messico alla Terra del Fuoco argentino-cilena si parlano due lingue molto simili e ambedue comprensibili da chi parla l’altra, lo spagnolo e il portoghese, e poiché il nemico è il medesimo, ai patriottismi dei vari stati si unisce una sorta di patriottismo continentale. Si tenga anche conto di come il frastagliamento degli stati spagnoli dell’America centrale e di quella meridionale sia successivo al colonialismo spagnolo, e largamente dovuto agli interventi, a volte militari, inglesi e statunitensi.
Il processo patriottico continentale, inoltre, già da tempo produce risultati di grosso rilievo. Lo scambio accennato Cuba-Venezuela è solo una parte dell’iniziativa solidale del Venezuela di Chávez verso il resto dell’America latina, con particolare riguardo del Caribe, terribilmente arretrato. Il Venezuela infatti oltre a Cuba (nella quale sta ricostruendo una raffineria, già costruita dall’Unione Sovietica, poi abbandonata, dopo il crollo di questo paese e la rottura dei rapporti tra essa e Cuba) “vende” gas, petrolio e suoi derivati a prezzi che sono poco più della somma dei costi di produzione e di trasporto ai seguenti stati (in aumento): Argentina, Belize, Dominica, Giamaica, Granada, Haiti, Nicaragua, San Vicente e Granadine, Salvador, Surinam, Uruguay. Ma soprattutto, direi, ciò che sta accadendo in America latina è l’integrazione globale tra i suoi paesi progressisti.
Quest’integrazione, intanto, è politica. I capi di governo si incontrano periodicamente, così i responsabili dei vari ministeri, e prendono decisioni. È in corso una discussione che ha come obiettivo la creazione di una struttura istituzionale continentale, in analogia all’esperienza dell’Unione Europea (liberismo e tecnocrazie di quest’ultima a parte).
Storicamente l’integrazione è anche il risultato della solidarietà tra tutte le sinistre latino-americane (con la sola eccezione di alcune socialdemocrazie liberiste, legate alle oligarchie e agli USA), che produsse nel 1990, su proposta del PT brasiliano, una struttura denominata Forum di San Paolo (perché fu fondata in questa città), cioè un partito federato continentale dotato di coordinamento e di plenum una volta l’anno. In secondo luogo, sono operanti accordi di cooperazione economica e di libero scambio, fondati non sulla competizione di mercato ma sulla reciproca convenienza (il “modello” è proprio il rapporto Venezuela-Cuba), a partire da ALBA, dal precedente Mercosur, da altri precedenti organismi zonali, in via di unificazione. Ciò, tra parentesi, ha fatto fallire il progetto USA di una zona di libero scambio dal Canada a Cile-Argentina, ALCA, da essi ovviamente dominata.
Sono in corso di attuazione reti continentali di trasporto stradale e di comunicazione, tra i quali una televisione, Telesur (in precedenza, come in tutta la periferia capitalistica, le connessioni non erano mai “orizzontali” tra i paesi della stessa area, bensì andavano dai singoli paesi periferici ai paesi del “centro” sfruttatori e viceversa, ciò che ovviamente serviva a mantenere i primi in balia dei secondi).
In ultimo, è in corso avanzato di attuazione la cooperazione sul piano militare. Gli USA non hanno mai deciso di prendere atto della nuova situazione. I repubblicani sono per iniziative drastiche. E l’America latina non è più disposta a proseguire nel ruolo di cortile di casa.