Il contributo alla discussione fu sicuramente nell’occasione arricchito dalla partecipazione all’iniziativa di esperienze internazionali, vicine al percorso che si era portato avanti dentro l’ex fabbrica in riva all’Arno. Tra questi quella sera mi colpì fortemente il racconto dell’esperienza di un cittadino greco, abitante di Salonicco, storica città della Grecia del Nord, il quale parlò appassionatamente della sua esperienza: l’occupazione e l’autogestione con tanto di ripresa della produzione della fabbrica VI.OME.
Dal tavolo dei relatori parlò Makis Anagnostou, delegato sindacale della fabbrica da sempre in prima linea in quell’esperienza iniziata solo pochi anni prima nel grande solco della gravissima crisi ellenica. Il casus belli della nascita di questo bellissimo progetto fu l’abbandono quattro anni fa della fabbrica e quindi della produzione, da parte dei proprietari, la famiglia Fillipou.
Quest’ultimi appropriandosi di tutti i benefici rimasero in debito con i lavoratori per milioni di euro non adempiendo al pagamento dei salari, condannando quindi intere famiglie alla povertà e alla miseria. Fu quello il momento della grande riscossa, tutto ciò risuonava nelle testimonianza di Makis, in quell’istante i lavoratori e le lavoratrici della fabbrica decisero di prendere in mano il loro destino e mentre i proprietari furono condannati in prima istanza a 123 anni di carcere i loro dipendenti occuparono la fabbrica restituendola veramente al lavoro. Il momento cardine della nascita del progetto, la fabbrica produttrice fino a quel momento di prodotti chimici riprese la produzione mutandone la tipologia. Si passò infatti a produrre materiali ecologici (saponi, detersivi) per contrastare il mercato del chimico che fino a poco tempo fa in quelle mura dettava legge.
Quest’avventura garantiva e garantisce un reddito alle famiglie di lavoratori e lavoratrici impiegate alla VI.OME ma soprattutto costituisce un esperimento sociale dalle potenzialità inimmaginabili.
Del resto queste impressioni si leggevano nel volto del lavoratore greco, deciso, forte e convinto di perseguire degli ideali veramente giusti; fu questo il succo del suo intervento quella sera. Sono passati due anni e mezzo da quella gradevolissima serata, due anni e mezzo difficili per i movimenti e le lotte anche in Italia. Un paese che, al netto di arresti per truffe, tangenti e appalti truccati, vede uomini e donne, i quali il più delle volte risultano vessati dai cosiddetti poteri forti, proporre alternative dal basso. Il momento è difficile non solo in Italia ma un po’ in tutto il mondo dove sempre più gli interessi di pochi sopravanzano arrogantemente quelli di tutti. Oggi ci sarà un’udienza che vedrà come “imputato” il progetto della fabbrica recuperata di Salonicco. Il rischio tangibile è che la corte di giustizia decida, su richiesta dei vecchi amministratori, di liquidare i macchinari e gli impianti in occasione del nuovo processo previsto per oggi, lunedì 23 marzo 2015. Questa decisione avrebbe conseguenze catastrofiche sul progetto: grandi interessi finanziari e immobiliari potrebbero mettere piede nello stabilimento della VIOME e quindi uccidere veramente tutto ciò che con sacrifici in 4 lunghi anni si è costruito.
La rete di solidarietà costruita attorno alla fabbrica greca è grande, sostenerla è un dovere per poter avere il diritto di pensare o solamente immaginare un mondo veramente “senza padroni”.