Mercoledì, 24 Giugno 2015 00:00

Grecia, perché è importante che Tsipras vinca, perché è importante dirci tutto

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La vicenda greca si trascina dal 2009 con continui, settimanali, colpi di scena, stalli nelle trattative, artifici retorici e toni minacciosi da entrambe le parti. Lo scontro, la tifoseria, il parteggiamento per i contendenti seduti ai tavoli europei si è esteso alla società, e come sempre l'esaltazione allontana la pacatezza della riflessione. In primo luogo nella discussione sul debito sono da bandire le semplificazioni.

Una volta la sinistra esaltava il pensiero complesso, magari sintetizzandolo in slogan, ma senza privarlo degli agganci con la realtà. Il “non pagare il debito”, può apparire soluzione semplice, banale, conveniente per tutti, ma così non è.
Le nazioni, tutte, hanno la necessità di finanziare il proprio debito pubblico sul mercato. È - allo stato attuale delle cose - un dato di fatto, discutibile ma non ignorabile.

Un eventuale default greco implicherebbe, come già accaduto per l'Argentina, spesso citata a sproposito, il fatto che per i prossimi cento anni lo stato ellenico non saprebbe come finanziare il proprio debito pubblico futuro (che strutturalmente tornerebbe a formarsi anche a causa di alcune storture, come l'alto tasso di evasione fiscale). È una prospettiva auspicabile? Credo di no, in primo luogo per i greci. Non pagare un debito ha inoltre degli ovvi risvolti negativi sui creditori. Stante l'attuale sistema di potere a pagare la mancata riscossione di un credito sono sempre le classi subalterne dei Paesi creditori, non certamente quelle dominanti.
Il tema vero è: chi paga il debito, in quale misura e cosa c'entrano nella discussione elementi che nulla hanno a che fare con la solvibilità greca, ma esclusivamente con la sua sovranità.

Sulla prima questione, il “chi paga il debito”, il governo Tsipras, nel pieno rispetto del proprio orientamento politico-programmatico, pone ai propri creditori l'esigenza che a sopportare l'enorme macigno del debito non siano pensionati e malati, tutelando dunque il welfare dalla rapacità ideologica dei Merkel e degli Schäuble. Su questo punto, una loro vittoria è una vittoria anche nostra.

Il secondo elemento sul tavolo delle negoziazioni è la misura e ed i tempi di pagamento del debito, e qui vi è tutta la miopia dei creditori e tutta la ragionevolezza del Paese debitore. L'elevatissimo debito greco non può essere abbattuto in pochi anni, necessita, come richiesto a gran voce dal ministro Varoufakis, di un processo stabilizzazione (e dunque di restituzione in tempi molto lunghi, alcuni decenni) che consenta al PIL greco di riprendersi (mentre le “cure da cavallo” dell'austerità lo hanno quasi ucciso), cosa che converrebbe anche ai creditori. Il fallimento della Grecia implicherebbe il non rientro dei crediti: mai.

Il terzo aspetto della vicenda riguarda le misure che nulla hanno a che fare con la solvibilità del Paese, in primo luogo la cancellazione alla contrattazione collettiva per i lavoratori greci. Qui vi è l'aspetto ideologico, questo sì, della vicenda greca, ed è l'attacco portato avanti dal Partito Popolare Europeo, con la collaborazione attiva dei socialisti, a diritti acquisiti dal popolo greco e dai suoi lavoratori. È una battaglia in tutto e per tutto politica che non riguarda minimamente la solidità dell'economia greca (anzi, sarebbe vero il contrario, niente contrattazione collettiva uguale a bassi salari e bassi salari uguale a crollo della domanda interna ed ulteriore contrazione del PIL), ma è un obiettivo politico-ideologico che il debito fornisce, indebitamente per l'appunto, l'occasione di poter essere posto, anche da chi non avrebbe alcun titolo per farlo.

Detto di questi elementi (scusandomi per la semplicità ed anche un po' per l'approssimazione, ma non sono un economista) credo sarebbe utile soffermarsi sull'altro grande tema, e cioè: premesso che esiste un'alternativa politica nei Paesi debitori, esiste un'alternativa politica tra chi presta?
Sì, esiste, ma è in embrione. L'aumento della presenza finanziaria cinese nel mondo, la nuova banca dei BRICS a cui Tsipras si è già rivolto, strumenti finanziari analoghi tra i Paesi della Comunità degli Stati dell'America Latina e dei Caraibi, sono sicuramente i benvenuti e saranno fondamentali nel processo di costruzione di un mondo multipolare portato avanti da Russia, Cina, India e dalle nazioni sudamericane. Potranno questi potenziali prestatori sostituirsi del tutto e subito ai tradizionali strumenti finanziari dominati dalle élite conservatrici europee e di oltreoceano?

A costo di smorzare gli entusiasmi, per adesso no. Cipro - Paese molto più piccolo, ed in termini assoluti molto meno esposto della Grecia - ha avuto alcuni sostegni da parte russa che non sono poi proseguiti e che comunque non hanno riguardato l'intero ammontare del debito cipriota. Con ogni probabilità nella vicenda di Cipro hanno giocato altri fattori non strettamente legati al rischio finanziario (penso ad esempio, sì è detto più volte sulla stampa internazionale, a richieste, non accolte, di facilities militari russe sull'isola), ma l'elemento del rischio rimane ed aleggia. Sicuramente tra non moltissimi anni l'asse dei BRICS avrà capacità di manovra anche su questo fronte, ed anche in Europa. La Grecia potrebbe essere il primo Paese a beneficiarne (da ciò che si legge in questi giorni per un ammontare che rappresenterebbe circa il 4,5% dell'esposizione finanziaria greca) aprendo una strada di rapporti più dignitosi tra le nazioni anche sul fronte del debito. Una strada che progressivamente escluda la, criminale, speculazione sul debito: un mostro che popolari e socialisti non sono intenzionati a rinchiudere in gabbia. 

Ultima modifica il Venerdì, 03 Luglio 2015 11:31
Roberto Capizzi

Nato in Sicilia, emiliano d'adozione, ligure per caso. Ha collaborato con gctoscana.eu occupandosi di Esteri.

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