Sabato, 30 Maggio 2015 00:00

Incubo europeo

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Incubo europeo

Mi sarò svegliato male, ma sono pessimista circa lo sbocco del tormentone che oppone da mesi la Grecia alle istituzioni di governo europee, ai governi degli altri paesi dell’Eurozona e al Fondo Monetario Internazionale.

Opportunamente è diventato ragionamento diffuso persino sui mass-media italiani che lo scontro è pressoché esclusivamente politico. La Grecia, intanto, in qualsiasi modo esso possa chiudersi, non è in grado di uscire dal tunnel nel quale l’hanno infilata i suoi governi precedenti, l’UE nel complesso delle sue articolazioni esecutive e il FMI, senza una ristrutturazione del suo debito pubblico. La ragione è molto semplice: ciò che la Grecia paga di interessi quando vengono a scadenza i suoi titoli sovrani supera ciò che entra nelle sue casse; quindi se essa fosse un’impresa anziché uno stato avrebbe già portato i libri contabili in tribunale e chiesto l’apertura di una procedura fallimentare. Ho un’impresa indebitata poniamo per 100 milioni di euro, per continuare finanziarla, dovendo pagare ratei di macchinari, materie prime, salari, stipendi, energia, tasse, spendo in interessi alle banche per 20 milioni, in cassa vendendo quello che produco me ne entrano 10, ho speso ormai tutti i

risparmi di famiglia, il fallimento al tribunale o lo chiedo io o ci penserà a chiederlo qualche creditore al quale non ho pagato qualcosa. È molto semplice. La ristrutturazione del debito greco, stando al governo di Syriza, potrebbe avvenire rinviando di molto nel tempo il pagamento dei suoi titoli venuti a scadenza, alla condizione di fruire di aiuti finanziari sostanziosi da parte europea per tutto un periodo, quindi soprattutto da parte della Banca Centrale Europea (quanto a FMI non c’è neanche da pensare a suoi prestiti alla Grecia, esso si è unito all’oltranzismo tedesco e non vede l’ora di sfilarsi dalla partita). Ma la BCE, pur continuando a fare qualcosa, è sostanzialmente bloccata in fatto di cifre grosse da parte tedesca, quindi quella posizione di Syriza non è per niente detto che funzionerà. Dopo di che default significherà un’altra cosa: che la Grecia (ma già lo dice) non sarà in grado di versare ai creditori gli importi dei suoi titoli in scadenza. I primi in arrivo sono in mano al FMI; poi ce ne saranno in mano ai paesi prestatori dell’Eurozona (attualmente essi detengono qualcosa come l’80% del debito greco) e alla stessa BCE.

Gli effetti di un tale tipo di default saranno, se avverrà, sconvolgenti, in Grecia e in Europa. Vediamo questi esiti in Grecia. Il suo governo dovrà bloccare l’uscita verso l’estero da parte delle sue banche dei depositi in euro e altra valuta pregiata, bloccare o limitare al massimo il prelievo di euro dai loro conti correnti da parte dei risparmiatori, regolare e tenere sotto controllo rigidissimo le operazioni in euro delle imprese, ecc. Al tempo stesso questo significa o l’adozione tout court da parte greca di una propria moneta, chiamiamola nuova dracma, quindi l’uscita dall’euro, oppure l’avvio di una sistema di doppia moneta (non è una novità, ne esistono molte esperienze storiche e alcune anche recenti), cioè di coesistenza di euro e dracma, il primo usato dallo stato e da una parte delle imprese, la seconda dalla popolazione e dalle altre imprese. Per quanto possa essere affermato legalmente un cambio fisso tra le due monete, per esempio paritario, inevitabilmente la dracma tenderà a svalutarsi. E’ questo comunque un fatto non necessariamente catastrofico, può essere ovviato sul versante della popolazione povera con sussidi, un sistema di scala mobile definito dal ritmo dell’inflazione, ecc. Il fatto più negativo è tuttavia quello che è sempre accaduto ai paesi incorsi in default: che lo scambio con l’estero (per la Grecia indispensabile, dovendo essa importare molte cose, tra le quali energia e roba da mangiare) non potrà svolgersi che pagando immediatamente in valuta pregiata, poiché nessuno le farà credito. Ammesso che tutto funzioni, la Grecia dovrà stringere la cinghia ancor più di quanto non abbia fatto in questi anni. Terrà solo se sarà governata bene, la lotta del governo alla corruzione e all’evasione fiscale sarà efficace, la parte più povera della popolazione sarà aiutata dallo stato, ecc.

Vediamo gli esiti del tipo suddetto di default greco sull’Unione Europea, e in primo luogo sull’Eurozona. Come ho accennato il debito greco è quasi tutto nelle mani di paesi dell’Eurozona e in quelle della BCE. Quest’ultima non ha problemi: stampa moneta a getto continuo da gennaio (è arrivata ormai a superare i 70 miliardi di euro al mese) a favore prevalentemente delle banche, nel tentativo, non granché riuscito, di impegnarle a prestare denaro a imprese e famiglie: stampare qualcosina di più non cambierebbe nulla. I paesi dell’Eurozona passerebbero invece grossi guai. L’Italia (la nostra Banca Centrale) ha in giacenza titoli greci per più di 40 miliardi di euro, ancor più ne hanno, nell’ordine, Germania e Francia, poi ne ha la Spagna, ecc. Questo significa, limitandoci all’Italia, che il default greco, nei termini in cui l’ho ipotizzato, significherebbe un danno per l’Italia pari al 2,5% del suo PIL, che andrebbe automaticamente caricato sul nostro passivo di bilancio, impegnando quindi l’Italia a significative manovre di bilancio di portata deflativa e recessiva. Già la ripresa magnificata da Renzi e dai suoi camerieri nei mass-media è una ripresetta che non riesce a correggere il continuo incremento della disoccupazione: ma il rischio se non la certezza è che la ripresetta scompaia. Non solo. Lo scombinamento delle condizioni di bilancio dell’Italia, e con quello dell’Italia di molti altri paesi dell’Unione Europea, in ordine, di Portogallo, Spagna, Francia, la stessa Germania, ecc., alzerà i rendimenti dei titoli italiani, portoghesi, spagnoli, francesi, ecc., dunque rappresenterà una succosa occasione di grandi guadagni per la grande finanza; inoltre quest’ultima potrà moltiplicare i guadagni speculando sulle inevitabili consistenti oscillazioni dei valori di mercato di questi titoli, speculando sulle inevitabili oscillazioni dei cambi tra euro e altre valute, ecc.: e si tratterà al netto di ulteriori incrementi di deficit e quindi debito, di ulteriori pesanti manovre di bilancio, ecc. Insomma il rischio è di tornare, per quanto riguarda l’Italia, e probabilmente quasi tutta Eurozona, alla situazione di cinque anni fa.

Come siamo potuti giungere a una situazione in cui questi ragionamenti si fanno realistici. La ragione è semplice: Unione Europea e FMI si trovano in mano a delinquenti che sono anche degli imbecilli. Abituati a dare ordini e a prendere a calci intere maggioranze sociali anziché ragionare e mediare politicamente, hanno pensato che prendendo a calci la Grecia, imponendole assurdità economiche utili solo a ribadire che la crisi deve essere usata per deprimere più che si può le condizioni di vita e di lavoro popolari, essa si sarebbe alla fine piegata, la vicenda Syriza si sarebbe disfatta, l’Europa sarebbe rimasta nelle mani attuali. La Grecia che ce la faccia invece a resistere al contrario significa l’inizio della fine del bengodi dei poteri economici e politici attuali. Ma, proprio in quanto abituati a vincere prendendo a calci, si sono spinti oltre la possibilità di rettificare le loro pretese dalla Grecia senza perdere la faccia. In questo momento non sanno che pesci pigliare, e di tempo per evitare il default greco ce n’è rimasto pochissimo.

La speranza è sempre l’ultima a morire quando ci sono guai. Ci sarà un guizzo, alla fine, che consenta una soluzione diversa? La speranza dice di sì. Il ragionamento invece fa molta fatica in questo momento a riuscirci. Nel frattempo, a segnalarci come tutto quanto stia anche operando, e in accelerazione, nel senso di un aggravamento della crisi dell’Unione Europea e della possibilità del collasso dell’euro ci sta la crescita del consenso elettorale alle formazioni fasciste populiste, praticamente in tutta Europa, testimoniata in questi giorni dal risultato delle elezioni presidenziali polacche. L’unico elemento effettivo in controtendenza è l’emergenza di forze politiche di sinistra, come Syriza e Podemos in particolare, il cui obiettivo è la rettifica del corso antisociale e antieconomico dell’Unione Europea, non il suo disfacimento, non l’eliminazione dell’euro, con quel che ne seguirebbe di disastroso per risparmi popolari, pensioni, redditi di lavoratori senza forza sindacale. I governanti europei attuali tentando di distruggere Syriza stanno anche per questa via scavandosi la fossa politica.

Ultima modifica il Venerdì, 29 Maggio 2015 09:12
Luigi Vinci

Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.

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