Lo scorso 17 novembre la Francia è stata travolta da una protesta totalmente inaspettata. Il giorno dei “giubbotti gialli” è stato un enorme successo con oltre 2.000 posti di blocco contro i 1.500 che erano stati annunciati, purtroppo ci è scappato pure il morto nel tentativo di forzarne uno. Una nuova manifestazione con approdo nella capitale parigina si è svolta sabato 24 novembre, e ha replicato il successo del 17 cercando di intavolare un dialogo con le istituzioni che finora sembra essere mancato secondo i manifestanti.
Nel Dieci Mani di questa settimana approfondiamo le rivendicazioni di questo nuovo movimento spontaneo dei "gilets jaunes" per capirne di più.

Pubblicato in A Dieci Mani
Giovedì, 11 Gennaio 2018 00:00

Le proteste in Iran: un tentativo di analisi

Le proteste in Iran: un tentativo di analisi

Il 28 dicembre a Mashhad, una città dell’Iran occidentale che conta circa due milioni di persone, è scoppiata una protesta spontanea destinata a diffondersi rapidamente e in maniera capillare in quasi tutto il paese, soprattutto nelle zone di provincia, mentre è rimasta più marginale nella capitale Tehran. La rivolta, che secondo alcuni giornalisti sembra sia stata organizzata inizialmente da gruppi ultraconservatori – i cosiddetti principialisti, frangia più estrema della “destra”, per usare una semplificazione – in opposizione al governo di Hassan Rouhani, ha preso una piega anti-sistema e trasversale contro tutto l’establishment politico e religioso iraniano. Le notizie che ci giungono dall’Iran sono poche e incomplete, il che rende difficile elaborare un quadro esaustivo e adeguato della situazione; ciò è dovuto anche alla censura apposta sulla stampa locale e all’oscuramento di alcuni social network. Le manifestazioni popolari, oltre ad essere silenziate mediaticamente sono state soffocate nel sangue dalle autorità, portando il drammatico bilancio a 22 vittime. Uno dei motivi di questa campagna repressiva è da ricercarsi anche nel fatto che il movimento di rivolta, privo di un’organizzazione e di una leadership che lo guidi, risulta totalmente esterno e ostile a qualsivoglia partito politico.

Pubblicato in Internazionale

Leggi qui la prima parte dell'articolo

Chi sono i manifestanti?

La caratteristica che ha più impressionato l’opinione pubblica e la stampa internazionale è il grande numero di persone che ha partecipato a queste manifestazioni, numero che continua a crescere giorno dopo giorno.
Nonostante l’etereogeneità delle persone scese in piazza, di ogni classe ed età, questa protesta viene raccontata dai media come una lotta creata e portata avanti da una generazione di giovani cittadini, molti dei quali nati dopo il comunismo, che rivendica la volontà di vivere in un paese moderno e democratico.
Rappresentare questa protesta come una protesta di giovani, colti e desiderosi di un futuro significa voler far emergere il lato urbano, “moderno” della Romania, che guarda come modello all’Unione Europea e all’Occidente in contrapposizione con il lato più rustico e tradizionale, rappresentato dallo stereotipo dell’elettore dei “parititi corrotti”.

Pubblicato in Internazionale

Quando la frustrazione diventa rabbia: analisi delle proteste in Romania

In Romania i cittadini sono tornati a protestare nelle piazze principali del paese (e non solo: anche nei paesi della diaspora alcuni emigrati hanno indetto delle manifestazioni), sfidando nuovamente il gelo, questa volta ancora più numerosi e forti di una maggiore attenzione da parte dei media internazionali. Sono tornati per esprimere il proprio dissenso a una politica cleptocratica e a una giovane pseudo-democrazia che non è riuscita a portare il benessere e le libertà promesse durante la rivoluzione. La causa scatenante è stato un decreto approvato d’urgenza per revisionare il codice penale, con lo scopo di ridurre le pene previste per alcuni reati legati alla corruzione e all’abuso di ufficio, fatto passare durante la sera del 31 Gennaio, e subito pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Pubblicato in Internazionale
Lunedì, 23 Gennaio 2017 00:00

Stati Uniti: catastrofe post Obama?

Stati Uniti: catastrofe post Obama? (a dieci mani)

Il 10 gennaio, a quasi dieci anni dall’annuncio della candidatura alle primarie (10 febbraio 2007), Obama ha tenuto a Chicago il discorso di commiato alla nazione. Alla porta della Casa Bianca lo accompagnano 75 mesi di espansione occupazionale, un tasso di approvazione che sfiora il 60% e lo colloca al medesimo gradimento di fine mandato di altri popolari Presidenti (Eisenhower, Reagan e Clinton) e la convinzione – espressa poche settimane fa – che se la Costituzione gli avesse consentito un terzo mandato avrebbe potuto ottenerlo battendo Trump.
Questa convinzione è riecheggiata nel grido «Four more years» scandito a Chicago una folla ben più vasta di quella radunata in campagna elettorale da Hillary Clinton.
Ancora una volta il Presidente uscente ha tentato di salvaguardare il rispetto istituzionale ed evitato qualsiasi polemica verso il suo successore, cui ha assicurato «una transizione il più agevole possibile, proprio come il Presidente Bush fece per me», nonostante decine di parlamentari democratici stiano contestando la legittimità di Trump come Presidente.
Ma in effetti, oltre a difendere la propria eredità, Obama ha messo in guardia contro i quattro pericoli che a suo avviso minacciano la democrazia: l’iniquità sociale, il razzismo, il fanatismo politico e, soprattutto, la separazione tra cittadini e partecipazione politica.

Pubblicato in A Dieci Mani

Quando esplode la polenta: il ritorno delle proteste in Romania

C'è un aforisma particolare che utilizzano i rumeni per definire sé stessi: " Mămăliga nu a explodat" ("la polenta non esplode"). Quest'espressione indica l'attitudine alla pacatezza e alla remissione del popolo rumeno: proprio come la polenta continua a bollire sul fuoco, scoppietta pian piano ma non esplode mai tutta insieme, così i rumeni, pur vivendo sotto regimi opprimenti, continuano a non ribellarsi, a preferire le scappatoie individuali piuttosto che quelle collettive.
La polenta, che ha continuato a borbottare per anni, è esplosa nel dicembre 1989, quando la ribellione di una minoranza etnico-religiosa del paese innescò una sommossa che nel giro di pochi giorni portò alla fine della repubblica socialista governata da Ceaușescu.

Pubblicato in Internazionale

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.