Sono venuto a New York perché è il più miserabile, il più abietto di tutti i luoghi. Lo sfacelo è dovunque, la disarmonia è universale. Le basta aprire gli occhi per accorgersene. Persone infrante, cose infrante, pensieri infranti. La città intera è un ammasso di rifiuti. […] Trovo che le strade siano una fonte infinita di materiale, un inesauribile emporio di cose frantumate.
P. Auster
Cosa resta del luogo metropolitano quando lo spazio è ormai compresso nel millesimo di secondo che occorre per portare a termine una transazione finanziaria da New York a Hong Kong? Cosa resta del tessuto urbano quando le relazioni concrete, i contesti locali di interazione vengono ristrutturati su infinite estensioni spazio-temporali? Cosa resta della prossimità cittadina quando un viaggio internazionale è più veloce di uno spostamento regionale? La neutralizzazione dello spazio, figlia di trasformazioni epocali nei trasporti e nelle telecomunicazioni, sembra aver reso il territorio insignificante e la densità demografica una variabile trascurabile.
Intervista ad Alberto Ziparo, professione Associato UniFi
1) La regione Toscana ha approvato il PIT, quali sono i cambiamenti principali in gioco? E come cambia il ruolo dei progettisti e urbanisti dopo questa approvazione?
Gran parte del territorio toscano è tutelato, adesso: gli interventi devono seguire regole precise; inoltre si limiterà il consumo di suolo e si eviteranno peggiori disastri ambientali, anche con l’avvio del programma di risanamento idrogeologico. Ancora si supera la contrapposizione tra sviluppo e ambiente: oggi lo sviluppo può essere solo ecologico o sostenibile. Gli urbanisti devono saper assumere le dominanti paesaggistiche quali elementi distintivi e strutturanti del progetto. Per chi esce dalla scuola di Empoli questo non è certo un problema. Ma molti tecnici, anche già formati, devono rivedere e aggiornare il proprio background alla luce di tali innovativi caveat.
Di Luca Onesti
Per leggere la prima parte del reportage sulle questioni abitative di Lisbona clicca qui
Politiche abitative alternative. Il progetto SAAL e l’Iniziativa Quartieri Critici.
Le politiche pubbliche nel campo abitativo, anche quelle tradizionali, con tutti i limiti e le criticità che portano con sé, sono storicamente carenti in Portogallo abbiamo detto. Non sono mancati però dei progetti innovativi di progettazione e riqualificazione partecipata, e vale la pena ricordarli, anche per rendersi conto che le alternative a quello che sta succedendo a Santa Filomena esistono, basta volerle mettere in pratica.
Innanzitutto il progetto SAAL (Serviço de Apoio Ambulatório Local), voluto dall’architetto Nuno Portas, Segretario di Stato all’Abitazione e all’Urbanismo all’epoca del Processo rivoluzionario in corso (PREC), all’indomani della Rivoluzione del 25 aprile 1974. Attraverso la formazione delle Brigadas tecnicas, gruppi di giovani architetti e studenti – tra questi vi era anche Alvaro Siza Vieira, oggi uno degli architetti portoghesi più riconosciuti internazionalmente – venivano elaborati, con un processo che prevedeva la partecipazione totale dei residenti sia in fase di progettazione che di costruzione, dei programmi di recupero o ricostruzione di aree urbane degradate, al fine di migliorare le condizioni di vita dei residenti.
Di Luca Onesti
Demolizioni e sfratti alle porte della città del turismo
A quindici minuti dal centro di Lisbona si nega il diritto all’abitazione a migliaia di persone, per far spazio ad un nuovo riassetto urbano della città e alla speculazione edilizia.
Elisabete ha quarant’anni e vive in Portogallo da sette. Ogni mattina, dalle 7 alle 9, va in un grande supermercato a fare le pulizie, è lontano ma deve andarci a piedi, perché non ha soldi per pagare il pass dei trasporti pubblici. Il resto della mattinata lo passa a vendere pochi oggetti, ma non ha una licenza e deve stare attenta alla polizia.
Il Serchio
tortuoso sfociando in mezzo alle barriere
di marmo già spaccate a Ripafratta guida
nel terribile abisso le onde che muoiono
di quella morte che amano gli amanti, vivendo
in ciò che sempre cercavano
Percy Bysshe Shelley da “La barca sul Serchio”
Ripafratta è una piccola frazione al confine tra le provincie di Lucca e Pisa, nonché al limite settentrionale del territorio del Comune di San Giuliano Terme. È uno di quei paesini che ti scorrono davanti velocemente quando non hai abbastanza tempo per fermarti e osservarli meglio. Eppure se qualcuno lo facesse, rimarrebbe sorpreso nel vedere le imponenti mura di quella costruzione che domina sul paesino tanto conteso nel corso dei secoli tra Lucca, Pisa e Firenze: la Rocca di Ripafratta.
Da qualche anno a questa parte Pisa è soggetta a riqualificazioni del suo spazio: gran parte del centro è stato ripavimentato, sono state restaurate le mura, risistemate le aiuole del centro, il Palazzo Blu ha iniziato a fare delle mostre annuali con pittori conosciuti dal grande pubblico.
Ma queste sono solo opere di facciata: difatti i vari restauri comprendono solo quella zona della città più frequentata dai pisani e dai turisti. Ciò è dovuto ad una visione del patrimonio storico-culturale incentrato esclusivamente sul Duomo e la torre, che attira un turismo di massa estremamente deleterio e non così proficuo dal punto di vista economico, perché la maggioranza dei turisti non si ferma neanche a dormire, ma parte subito per Firenze dopo aver visitato la piazza dei miracoli.
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