Pisa, come si dice spesso qui, non è solo la torre: potrebbe attirare a sé un grande turismo culturale, se solo si creasse un percorso (e lo si pubblicizzasse) che mostri le altre meraviglie, come il museo di San Matteo, sull’arte medievale, tra l’altro uno dei più grandi del mondo, o il museo delle sinopie e dell’Opera del Duomo o come questi quattro gioielli, dei quali né la sovraintendenza, né il comune si vogliono accollare la riqualificazione, di cui parliamo in questo articolo.
Il primo di questi è la certosa di Calci, ex monastero certosino del trecento, che al suo interno ospita anche un museo di storia naturale dell’Università di Pisa. A testimonianza del suo potenziale sta il fatto che è il secondo luogo più visitato, dopo il Duomo.
Qui, però, il visitatore potrebbe incappare in qualche dispiacere: la porta dell’ingresso o alcune aree sono chiuse. Il motivo?
Il tetto sta crollando, in alcuni corridoi e stanze l’intonaco sta staccandosi, ed i fondi ministeriali (la certosa è di proprietà pubblica) non arrivano. E pensare che tutto questo si sarebbe potuto evitare se solo ci fosse stato un piano di interventi e controlli periodici, molto meno costosi di un intervento d’emergenza.
L’altro bene in disfacimento si trova in uno dei luoghi più belli e famosi della città: è la chiesa di Santo Stefano dei cavalieri, situata, appunto, in piazza dei Cavalieri, accanto alla scuola Normale.
Qui i problemi sono molti: vandali che sporcano, anche con i propri escrementi, il sagrato o altre parti dell’edificio, oppure ne imbrattano le pareti esterne con le bombolette.
Il problema più grave è, però, il tetto, che va rifatto.
I fondi necessari, nonostante sia di proprietà dello Stato, sono arrivati da un ente privato, ma i lavori non sono ancora iniziati perché la sovraintendenza non concede i permessi.
Il caro Vasari, padre di questa bellissima chiesa, starà sicuramente rivoltandosi nella tomba al pensiero del soffitto cassettonato che rischia di venir giù assieme all’intonaco delle pareti.
Passiamo ora, caro lettore, ad un caso ancor più anziano: nelle vicinanze della stazione Pisa-S. Rossore furono rinvenute, nel 1998, delle navi romane: da quella data ad oggi ne sono state diseppellite ben trenta.
Molti chiamano il sito “la Pompei del mare” e, devo dire, a ragione: rappresenta non solo un patrimonio storico-culturale immenso, ma anche un possibile business, se si pensa che nei paesi scandinavi, attorno alle navi vichinghe fanno nascere un circuito economico molto redditizio.
Laggiù, però, non hanno un Sovraintendente che cambia in continuazione, e con lui i vari progetti.
Il luogo per il museo sarebbe stato trovato già da tempo negli arsenali medicei sul Lungarno, dove Cosimo I nel XVI secolo faceva costruire la sua flotta ( quale posto più adatto?), come anche i fondi per la realizzazione dell’opera: lo stato ha difatti stanziato ben tredici milioni di euro, che per ora giacciono ancora inutilizzati ( e ci si lamenta che mancano i fondi..).
Ma il caso più eclatante è forse quello della chiesa di S. Paolo a ripa d’Arno.
Il “duomo vecchio”, come lo chiamano i pisani, riferendosi al periodo in cui, durante la costruzione del Duomo, l’Arcivescovo vi celebrava la messa, è inagibile dal gennaio 2012.
Potrebbe essere un grande polo di attrazione turistica, visto che al suo interno contiene anche degli affreschi di Buffalmacco, ma evidentemente non interessa.
Ma ripercorriamo la vicenda nel dettaglio, visto che qui abbiamo una storia molto interessante.
Tutto inizia nel novembre 2010, quando si hanno i primi cedimenti del tetto e, di conseguenza, le prime recinzioni. Vengono, lentamente avviati i controlli, e si scopre che la chiesa sta sprofondando a causa delle sue pareti che stanno ruotando verso l’Arno.
Ci sono voluti ben due anni per capire tutto questo. Due anni in cui la chiesa è rimasta ingabbiata come una gallina in un pollaio. Ora il lavori dovrebbero partire, ma occorrono due milioni di euro e il vescovado, proprietario del sito, non ne ha.
Al momento la diocesi è stata trasferita in S. Antonio, ma molti cittadini continuano a protestare per la riqualificazione del luogo. Uno di questi, lo scrittore pisano Sergio Costanzo, ha lanciato un’iniziativa molto originale e, per questo, molto efficace: si è fatto fotografare dentro le transenne, di fronte alla facciata, e ha postato la foto su una pagina facebook creata apposta per l’occasione, dove invita i pisani a fare altrettanto entro il 31 dicembre, per mettere le foto su di un albero di natale nel centro della città.
Ma il suo lavoro ha già dato, in parte, i suoi frutti: il 27 ottobre scorso è stato invitato al programma “alle falde del Kilimangiaro”, condotto da Licia Colò su Rai 3, che per l’occasione ha mandato in onda anche un servizio di Stefania Battistini, che ha intervistato anche Salvatore Settis, unitosi anche lui alla protesta.
Come si concluderà la vicenda spetta al tempo dircelo, intanto domenica primo dicembre si sono riuniti nella piazza adiacente alla chiesa un ulteriore gruppo di persone che, da bambini, giocavano sotto la protezione della bella facciata, per fare una foto di gruppo da postare sulla pagina Facebook.
Se un lettore avrà la pazienza di andare a vedere con i propri occhi potrà notare anche lui cosa l’incuria dell’uomo sta provocando: piante che crescono sul tetto e sulla chiesa, crepe sempre più grandi che percorrono le mura della chiesa ed un bel “Vale T.V.B”, scritto almeno quattro anni fa sulla fiancata che guarda il fiume