“Gli Stati Uniti ed il Giappone chiedono ai Paesi interessati di evitare azioni che potrebbero accrescere le tensioni nel Mar Cinese Meridionale, tra esse la realizzazione di avamposti militari agendo in conformità con il diritto internazionale” si legge nel comunicato congiunto.
Durante la visita si sono poste le basi, dopo che il ritiro degli USA dal TPP ha seppellito il trattato, per un accordo bilaterale sul commercio che riduca alcuni dazi doganali (non è stato però precisato per quali prodotti).
Il giorno prima della visita del premier negli Stati Uniti il movimento contadino Nouminren aveva manifestato contro un eventuale accordo bilaterale di libero commercio tra i due Paesi (che proprio in campo agricolo causerebbe grandi difficoltà ai coltivatori diretti ed alla cooperative agricole del Sol Levante).
La visita è stata anche “salutata”, domenica mattina, dall'ennesimo test missilistico nordcoreano. “Gli Stati Uniti sono con il Giappone al 100%” ha voluto rimarcare Trump commentando l'episodio. Per parte sua la RPDC, tramite l'agenzia ufficiale KCNA, ha sostenuto che il proprio programma di conquista spaziale e difesa proseguirà e che ad alimentare la tensione nell'area sono i contrasti sino-americani nel Mar Cinese Meridionale, affermando quindi che le proprie politiche sono del tutto estranee allo sviluppo del sistema di difesa antimissilistico THAAD.
Nel comunicato congiunto Abe-Trump, per la prima volta in 42 anni (il precedente, nel 1975, era una dichiarazione congiunta Miki-Ford) è citata espressamente la possibilità di una difesa anche mediante la deterrenza nucleare. La possibilità è ovviamente prevista ufficialmente dal fatto che il Giappone, per una politica di Stato, è posto sotto l'ombrello nucleare statunitense dalla fine del secondo conflitto, ma bisogna ammettere che la scritta “nucleare” fa sempre una certa impressione e fa ballare il mondo sotto un continuo rischio di conflitto atomico.
Un “equilibrio del terrore”, per usare una desueta formula, in sedicesimi probabilmente ma trattandosi di armi atomiche le dimensioni sono poco indicative ed i rischi sempre grandi (e sul cambiamento innescato dalla comparsa dalle armi atomiche nella politica internazionale occorre dal ragione a Tito e torto a Vo Nguyen Giap).
Il missile, presumibilmente un medio raggio del tipo Masudan, è stato lanciato alle 7,55 ora locale da Banghyeon (Provincia di Nord Pyongan) ed avrebbe percorso 500 chilometri prima di schiantarsi nelle acque orientali del Paese a circa 350 chilometri dalla coste nordcoreane. Il raggio di questi missili si aggira intorno ai 3-4.000 chilometri, dunque potenzialmente in grado di colpire Guam.
“Non tolleriamo questo atto di chiara provocazione per la sicurezza tanto del Giappone quanto della regione” si legge nel comunicato rilasciato nell'immediatezza dei fatti dal Ministero della Difesa di Tokyo (chiuso con la frase ormai di rito circa la raccolta di “ulteriori dati e informazioni”).
Pronta anche la reazione dell'Onu: “un'ulteriore violazione portatrice di problemi” per il Consiglio di Sicurezza di numerose risoluzioni (la più recente la 2321 dello scorso anno). “I membri del Consiglio di Sicurezza deplorano tutte le attività missilistiche della Repubblica Popolare Democratica di Corea” si legge nel comunicato a firma del Presidente dell'organismo, l'ucraino Volodymyr Yelchenko, “deviando risorse per lo sviluppo di missili balistici quando i cittadini della RPDC hanno grandi bisogni ai quali non si dà risposta”. “I membri del Consiglio di Sicurezza sono concordi che lo stesso continui a monitorare strettamente la situazione e prenda ulteriori importanti misure in linea con le già espresse determinazioni dell'organismo” si legge ancora nel comunicato. Il ché, tradotto dal burocratese, vorrà dire ulteriori sanzioni che però, nei fatti, potranno essere messe in atto solamente dalla Cina, uno dei pochissimi Paesi ad avere relazioni economiche (anch'esse limitate) con la Corea del Nord. Il livello di sanzioni applicato da quasi tutti gli altri Stati è, infatti, sostanzialmente al massimo.
La leadership nordcoreana deve tornare “sul percorso della denuclearizzazione” per il Segretario Generale Antonio Guterres. Rappresentanti dei Ministeri della Difesa di Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud hanno intanto tenuto, lo scorso 14 febbraio, un meeting in videoconferenza per affrontare insieme eventuali contromisure ed analizzare la situazione.
Intanto al G20 dei ministri degli Esteri svoltosi a Bonn dal 16 al 18 febbraio, il ministro degli Esteri nipponico Fumio Kishida ha avuto un incontro con i colleghi Rex Tillerson (Stati Uniti) e Yun Byung-se (Repubblica di Corea). Nell'incontro i tre ministri hanno confermato di affrontare unitariamente la vicenda nordcoreana. “Gli Stati Uniti rimangono fermi nei propri impegni verso gli alleati anche sul fronte della deterrenza” ha affermato Tillerson nel comunicato congiunto rilasciato al termine dell'incontro.
Al ritorno in patria il premier nipponico è stato per altro aspramente criticato dall'opposizione per il tipo di relazione, vista come subalterna, che lo stesso ha intenzione di tenere con la nuova Amministrazione nordamericana. Abe è “sottomesso a Trump” per il Presidente del Partito Comunista Kazuo Shii.
“Trump è un leader che divide le società” ha affermato, durante il question time della Commissione Bilancio della Camera bassa, il deputato ed ex ministro degli Esteri Seiji Maehara del Partito Democratico. “E' una decisione sensata da parte del primo ministro quella di avere uno stretto rapporto con un presidente con così tanti avversari e che potrebbe portare ad un giudizio severo della comunità globale verso il popolo giapponese?” ha retoricamente chiesto Maehara.
“Non abbiamo altra scelta che costruire una solida relazione con Trump e mostrarla al mondo” ha sostenuto Abe nella propria risposta, riaffermando che, come già detto ad Obama nel 2013 rispetto alla Siria, il Giappone non fornirà assistenza logistica agli Stati Uniti né in Iraq né in Siria.
Il 15 febbraio, rispondendo all'interrogazione parlamentare del liberal-democratico Nishida, Abe ha anche difeso la possibilità, o meglio la certezza che il Giappone accresca gli acquisti di materiale bellico prodotto negli USA. Acquisti “vitali per la nostra difesa” secondo il leader liberal-democratico e che “daranno un contributo all'economia statunitense e a creare posti di lavoro”... negli Stati Uniti naturalmente.
Sul fronte delle relazioni russo-nipponiche, il Sol Levante ha protestato con Mosca per l'attribuzione da questa fatta del nome a tre scogli disabitati nell'area rivendicata da Tokyo. “Si tratta di una decisione estremamente deplorevole perché non concorda con la nostra posizione nazionale” ha affermato il Segretario Generale del Gabinetto, Yoshihide Suga, durante la conferenza stampa del 14 febbraio.
A stretto giro è arrivata la risposta del Portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov per il quale “le isole Curili sono territorio russo e dare un nome rientra tra i nostri diritti sovrani”.
In ambito nucleare, TEPCO ha ammesso che la centrale di Kashiwazaki-Kariwa (Prefettura di Niigata) potrebbe non essere in grado di resistere a potenti eventi sismici. La notizia è emersa al termine di un confronto tra la società e l'Autorità Regolatrice per il Nucleare presso la quale la società ha avanzato la richiesta di riattivazione dei reattori 6 e 7. A Fukushima, frattanto, è stato abbandonato il secondo robot realizzato al fine di ottenere immagini dal reattore numero 2.
In tema economico, dopo l'annullamento della pubblicazione dei risultati finanziari del gruppo - e dopo perdite stimate in oltre tre miliardi di euro per il prossimo esercizio finanziario (cui si sommeranno svalutazioni valutabili intorno i sei miliardi di euro per le attività della controllata Westinghouse - si è dimesso il presidente di Shigenori Shiga.
Frattanto, lo scorso 11 febbraio, il periodico comunista Akahata ha riportato come la multinazionale Apple avrebbe avuto un risparmio fiscale (derivante da tecniche definite elusive) nel Sol Levante per 200 miliardi di yen nel 2015. Akahata ha calcolato come la media di tasse pagate dalla società in Giappone sia stata intorno al 5% negli anni 2000 crescendo fino a 6,2% nel 2015 (contro il 20-30% di tassazione subita dalle aziende nazionali). Il colosso Softbank, frattanto, ha acquisto per 3,3 miliardi di dollari il Fortress Investment Group (con base a New York). L'amministratore del colosso nipponico, Masayoshi Son, sembra sempre più impegnato nella propria promessa fatta al Presidente Trump di creare 50.000 posti di lavoro negli Stati Uniti.
Nel contempo, i dati dettagliati dell'Ufficio Statistiche, resi noti il 17 febbraio, sull'andamento del 2016 hanno mostrato come la media delle spese, rispetto al 2015, per le famiglie con due o più componenti sia calata dell'1,8% in termini nominali e dell'1,7% in termini reali (attestandosi ad una media mensile di 282.188 yen).
Nelle famiglie con redditi da lavoro gli introiti medi mensili sono stati di 526.973 yen (in crescita rispettivamente dello 0,2% e dello 0,3%) mentre i consumi hanno raggiunto la cifra di 309.591 yen (giù rispettivamente dell'1,8% e dell'1,7%). I cali più consistenti hanno riguardato le spese per la casa (-7,4% sul totale delle famiglie con due o più membri) e vestiti (-6%) mentre in aumento (rispettivamente dello 0,9% e dell'1,3%) sono state le spese mediche e per l'istruzione.
Le statistiche sulla forza lavoro mostrano una crescita di 10.000 unità (per un totale di 110.570.000) della popolazione con più di 15 anni; una forza lavora totale di 66.390.000 unità (+500.000 sul 2015) di cui 64.310.000 con un impiego (+640.000) ed un calo di 160.000 tra i lavoratori in proprio (5.270.000 al 2016) mentre in crescita di 880.000 il numero dei lavoratori dipendenti (per un totale di 57.200.000). In calo il numero di disoccupati (-140.000 nel 2016) che sono stati lo scorso anno 2.080.000. Fuori dalla forza lavoro (con un consistente calo di 490.000 unità) nel 2016 sono state 44.180.000 persone. In crescita il numero di lavoratori a tempo indeterminato ed a tempo pieno (+510.000 per un totale di 33.550.000) ma anche dei precari e tra i lavoratori a tempo parziale (20.160.000 per un +360.000, tra essi lavoratori part-time e sia part-time sono la grande maggioranza mentre i lavoratori interinali, sia pure in crescita hanno raggiunto la cifra di 1.330.000). Tra i disoccupati il calo ha riguardato tutte le fasce di non impiego (il numero più consistente è comunque tra coloro che lo sono da più di tre mesi: 1.1310.000 mentre 760.000 lo sono da più di un anno).
(con informazioni di Japan Press Weekly 8 – 14 febb. 2017; un.org; whitehouse.gov; mod.gov.cn; japan.kantei.go.jp; stat.go.jp; kcna.kp; asahi.com; the-japan-news.com)