Il Giappone si mostra cauto sul prossimo vertice tra Stati Uniti e Corea del Nord. A suscitare preoccupazione è l'abbandono, almeno per il momento, da parte USA della locuzione “massima pressione” al fine di ottenere la denuclearizzazione della Penisola coreana. “Non voglio più usare questa affermazione” ha infatti sostenuto Donald Trump lo scorso 1 giugno incontrando l'inviato della RPDC Kim Yong Chol.
Il tema è stato, ovviamente, al centro anche dei lavori dell'Asia Security Summit di Singapore.
A sei anni dalla catastrofe che ha colpito la centrale nucleare di Fukushima il Sol Levante non ha ancora stabilito la fine che dovranno fare il milione di tonnellate di acqua radioattiva immagazzinate in 900 vasche presenti sul sito dell'ex impianto. Gli esperti suggeriscono un graduale rilascio di queste acque in mare in quanto i trattamenti subiti avrebbero rimosso tutti gli elementi pericolosi per la salute umana ad eccezione del trizio che sarebbe però presente in piccole quantità. Di contro una rottura delle vasche provocherebbe un rilascio incontrollato delle acque e dunque del materiale radioattivo in esse presente.
Il Giappone è “un alleato cruciale” per gli Stati Uniti, questa la rassicurazione giunta dal Presidente USA Donald Trump lo scorso 5 novembre in occasione del primo giorno della propria visita nel Sol Levante.
“Il Giappone è un partner prezioso ed un alleato cruciale per gli USA ed oggi lo ringraziamo per il benvenuto e per i decenni di splendida amicizia intercorsi tra le nostre nazioni” ha detto il massimo rappresentante nordamericano dalla base militare di Yakota, prima tappa del viaggio. “L'alleanza Giappone-Stati Uniti è alla base della pace e della prosperità nella regione dell'Asia del Pacifico così come all'interno della comunità internazionale” gli ha fatto eco il premier nipponico il giorno seguente.
Riguardo alla delicata questione nordcoreana Trump ha parlato di “venticinquenne anni di debolezza” e della “necessità di un nuovo approccio”. “Insieme ai nostri alleati, i nostri soldati sono pronti a difendere la nazione usando tutta la gamma delle nostre possibilità. Nessuno, non un dittatore od un regime od una nazione, deve sottovalutarci” ha sostenuto Trump arringando i propri militari.
Confermato, con termini e modalità mai così chiari, il fatto che il Giappone acquisterà armamenti dagli USA (“così come dovrebbe fare” secondo un poco diplomatico Trump) ed in particolare i caccia F-35A.
Consueta la difesa della propria politica da parte della Cina, nuovamente sollecitata dal premier Abe, nel corso della conferenza congiunta con l'omologo statunitense, a giocare “un maggior ruolo” nella vicenda nordcoreana. “Rimaniamo impegnati a promuovere la realizzazione della denuclearizzazione della Penisola coreana mantenendone la pace e la stabilità e facilitando la soluzione pacifica della questione coreana attraverso mezzi politici e diplomatici. Continueremo a farlo in futuro in quanto questo è il ruolo che compete alla Cina: un Paese responsabile, membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed un vicino della Penisola coreana. Speriamo che le altre parti interessate possano agire come la Cina e giochino veramente un ruolo responsabile compiendo sforzi costruttivi” è stata la risposta della Portavoce degli Esteri di Pechino Hua durante la conferenza stampa del 6 novembre.
Se comune è la linea (con diverse sfumature legate più che altro al momento) USA-Giappone sulla Corea del Nord il gelo è invece calato al summit di lunedì quando si è affrontato il tema del commercio internazionale. “Sono impegno ad ottenere una relazione commerciale che sia equa e libera” ha detto il Presidente USA alla conferenza congiunta aggiungendo che “cercheremo un equo accesso alle esportazioni americane in Giappone al fine di eliminare il nostro cronico deficit commerciale” in quanto il Giappone “ha vinto” nei rapporti commerciali bilaterali degli ultimi decenni. All'incontro con le maggiori aziende nipponiche Trump si è comunque retoricamente detto “ottimista circa la nostra futura partnership economica”.
Mentre il viaggio di Donald Trump è proseguito in Corea del Sud (per colloqui con l'omologo Moon Jae-in nonché per nuove dichiarazioni di forza circa la capacità militare statunitense) e poi in Cina (dove ha incontrato, senza che si siano prodotte grosse novità se non sul fronte di alcuni accordi commerciali, il Presidente Xi) il Sol Levante ha programmato nuove, ulteriori, sanzioni unilaterali verso la RPDC. Annunciato, infatti, dal Segretario Generale del Gabinetto Yoshihide Suga il congelamento degli asset di nove società e 26 persone fisiche. Le organizzazioni sono banche nordcoreane, alcune con sede in Cina, mentre gli individui colpiti dalla sanzione sono residenti in Cina, Russia e Libia.
Se il commercio con gli USA sembra marciare in una direzione che convenga soltanto ai nordamericani diverso è stato l'orientamento emerso dal summit ministeriale APEC di Da Nang (Vietnam) dello scorso otto novembre, conclusosi con una inaspettata dichiarazione congiunta. Ai lavori, preparatori rispetto ai colloqui intercorsi tra i capi di governo del 10 novembre, hanno partecipato per il Giappone il ministro dell'Economia, Industria e Commercio Hiroshige Seko ed il ministro degli Esteri Taro Kono.
“Grande allarme per la crescita del protezionismo” è stato espresso nel comunicato del Consiglio dell'organismo internazionale che ha inviato i ministri responsabili a “proseguire i loro sforzi per combatterlo in tutte le sue forme” sottolineando come “la natura dell'odierno protezionismo sia diversa dal passato. Mentre i dazi sono stati progressivamente abbassati stiamo oggi assistendo ad una crescita di ostacoli non tariffari che distorcono il commercio, diminuiscono la competizione e fanno crescere i prezzi per i consumatori”. “Incoraggiamo le diverse economie a compiere maggiori sforzi per avanzare in direzione della Dichiarazione di Lima sulla FTAAP (Free Trade Area of the Asia-Pacific) ed a sviluppare un programma di lavoro pluriennale per accrescere ulteriormente le capacità delle economie APEC per una discussione di qualità e globale su un accordo di libero commercio” si legge ancora nella dichiarazione riferendosi in questo passaggio ad un più ampio accordo (parallelo al TPP) che dovrà essere raggiunto tra le economie dell'area Asia-Pacifico.
Isolati gli USA il cui Presidente, presente al vertice del 10-11 novembre, con una excusatio non petita ha affermato che il proprio Paese “cerca amicizia e non ha sogni di dominio” e che gli Stati Uniti “faranno la loro parte” partecipando ai progetti infrastrutturali che interessano l'Asia meridionale.
“Oggi sono qui per offrire una rinnovata partnership con l'America e per lavorare insieme al fine di rafforzare i legami di amicizia e commercio tra tutte le nazioni dell'area promuovendo la nostra prosperità e sicurezza. Nell'ambito di questa partnership cerchiamo solidi rapporti commerciali incardinati sui principi di equità e reciprocità. Quando gli Stati Uniti, da ora in poi, prenderanno parte ad un rapporto commerciale con altri Paesi o altri popoli ci aspetteremo che i nostri partner seguano fedelmente le regole proprio come facciamo noi. Ci aspetteremo che i mercati siano aperti in misura uguale da entrambe le parti e che l'industria privata, non i governi, investa direttamente. Purtroppo, per troppo tempo ed in troppi posti, è accaduto il contrario. Per molti anni, gli Stati Uniti hanno sistematicamente aperto la propria economia fissando poche condizioni. Abbiamo abbassato o eliminato i dazi, ridotto le barriere commerciali e permesso agli stranieri di operare liberamente nel nostro Paese. Quando abbassammo le barriere di accesso al nostro mercato altri Paesi non ci hanno aperto i loro” ha sostenuto Trump nel proprio discorso.
L'incontro tra i capi di governo del 10 è stata anche l'occasione per uno scambio di vedute tra Shinzo Abe ed il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin che si rallegrato per il dialogo politico “diventato più vivo” e per la crescita dei legami economici tra i due Paesi “anche se rimangono delle questioni che necessitano di maggior attenzione” e qui il riferimento, anche se non esplicito, riguarda la vicenda delle Curili meridionali verso le quali il Giappone non ha, per ora, intenzione di abbandonare la propria - del tutto retorica - rivendicazione territoriale.
Riunione per il premier nipponico anche con il Presidente vietnamita Tran Dai Quang al quale sono stati promessi nuovi finanziamenti per progetti di sviluppo (siglati al termine dell'incontro accordi per un valore totale di 5 miliardi di dollari) e con il quale si è nuovamente affrontato il tema della sicurezza della navigazione e la contrarietà alle operazioni condotte dalla Cina nel Mar Cinese Merdionale (area nella quale il Giappone sostiene le rivendicazione territoriali vietnamite in contrapposizione a quelle di Pechino).
Nella Dichiarazione finale del vertice (dal pomposo titolo “Creando un nuovo dinamismo, promuovendo un futuro condiviso”) al netto delle parole di rito circa la crescita sostenibile (in linea con l'Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030) e sulle riforme strutturali (cui sarà dedicato un vertice apposito nel 2018) si è riaffermata la necessità di “rimuovere i sussidi distorcenti il mercato” nonché pratiche discriminatorie che ostacolino mutui vantaggi al fine di giungere alla Free Trade Area of Asia-Pacific (FTAAP).
Un punto specifico del documento è stato dedicato alla necessità di approfondire i legami tra i diversi mercati nel settore alimentare aiutando tanto le economie esportatrici quanto quelle importatrici ad adattarsi alla volabilità dei prezzi nonché a promuovere investimenti nelle infrastrutture rurali e nella logistica dell'agroindustria.
Per una rapida conclusione del trattato di libero commercio per l'area del Pacifico, anche senza gli USA, si è detta la Direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde intervistata dal quotidiano Asahi Shimbun. “Siamo particolarmente incoraggiati dalla leadership del Giappone sulla questione del TPP: segnale dell'impegno del governo giapponese al multilateralismo" ha affermato Lagarde dando pieno appoggio agli sforzi di Tokyo contro il protezionismo.
Proprio a Da Nang i rappresentanti degli 11 Paesi rimasti sottoscrittori del TPP dopo l'uscita dall'accordo degli USA (essi sono Australia, Canada, Messico, Brunei, Cile, Giappone, Malaysia, Nuova Zelanda, Perù, Vietnam e Singapore) hanno convenuto lo scorso giovedì (per poi ribadirlo sabato) di proseguire verso una rapida conclusione che porti alla definizione di un trattato del tutto simile a quello approvato ad Atlanta. L'uscita degli Stati Uniti dopo anni di trattative (trascinatesi tra mille difficoltà dal 2013 al 2015) ha però portato nuove rimostranze da parte di alcuni Paesi. Oltre alla Nuova Zelanda anche il Canada aveva espresso la volontà di ridiscutere l'accordo: “non entreremo in una trattativa che non faccia raggiungere i massimi vantaggi per il Canada ed i canadesi” ha dichiarato il Primo Ministro di Ottawa Justin Trudeau.
Al netto delle nuove prese di posizione proprio a Da Nang i ministri responsabili della materia hanno deciso di proseguire, senza più provare a coinvolgere gli USA, sulla strada di un TPP ad 11.
“Abbiamo raggiunto un importante risultato sull'Accordo Globale e Progressivo del TPP” ha affermato l'undici novembre al termine dell'ultimo, forse decisivo, incontro Tran Tuan Anh, ministro di Industria e Commercio del Vietnam e copresidente della riunione insieme al ministro incaricato delle trattative per il Sol Levante Toshimitsu Motegi.
Sempre in ambito economico cattive notizie per Nissan che dopo lo scandalo sulle ispezioni ai propri manufatti si è vista costretta a tagliare le aspettative annuali di profitto del 6%.
Problemi anche per Kobe Steel che lo scorso venerdì ha fornito alla stampa nuove notizie circa le falsificazioni che hanno riguardato parte della propria produzione degli scorsi anni. “Mi scuso profondamente con i nostri clienti ed azionisti per tutti questi problemi” ha commentato il CEO della società Hiroya Kawasaki.
Di oltre 33 miliardi di dollari sarebbe invece, secondo quanto apparso sulla stampa internazionale, la richiesta avanzata dai creditori del produttore di componentistica per auto Takata. La società, in bancarotta, è stata rilevata da Key Safety Systems, parte del gruppo cinese Ningbo Joyson Electronic, dopo che i numerosi richiami di air bag hanno portato l'azienda nipponica al collasso.
Sul fronte delle servitù militari il 6 novembre sono cominciati i lavori per la costruzione di nuove piattaforme in mare nel sito di Henoko (Nago) destinati alla nuova base militare che avrà sede nella Prefettura di Okinawa sostiuendo quella di Ginowan. Le due nuove propaggini misureranno quando completate 210 e 270 metri.
In politica è stata vinta da Yuichiro Tamaki la corsa alla copresidenza di Kibo no To che vedeva il deputato confrontarsi con il collega Hiroshi Ogushi. A scegliere chi affiancherà la Governatrice di Tokyo Yuriko Koike alla guida dal partito è stata l'assemblea dei 53 parlamentari iscritti. La maggiore distanza tra i due candidati è rappresentata dall'atteggiamento da tenere verso l'eventuale modifica dell'articolo 9 della Costituzione (quello che garantisce il carattere pacifista del Sol Levante) nonché verso le norme belliciste approvate dal PLD nel 2015. Ogushi si è mostrato contrario alle politiche portate avanti dai conservatori mentre Tamaki ha una linea sostanzialmente coincidente con quella della maggioranza.
Per quanto concerne lo scandalo del Kake Educational è arrivata la dura presa di posizione del Partito Costituzionale Democratico dopo che un tavolo consultivo del Ministero dell'Istruzione ha raccomandato l'autorizzazione all'apertura di una Facoltà di Veterinaria a Imabari (Prefettura di Ehime).
L'istituzione scolastica privata aveva ottenuto un primo via libera che diede luogo a lunghe polemiche per il fatto che la stessa è guidata da un amico del premier (Kotaro Kake) ed ha beneficiato delle normative circa le zone economiche speciali approvate proprio dal governo Abe.
“E' inaccettabile che questa decisione sia stata presa senza che la pubblica opinione possa comprendere i fatti. Vogliamo che sia rimessa in discussione” ha affermato lo scorso 10 novembre il Segretario Generale del PCD Tetsuro Fukuyama.
(con informazioni di apec.org; kremlin.ru; whitehouse.gov; fmprc.gov.cn; xinhuanet.com; vietnamnews.vn; asahi.com; japantimes.co.jp; the-japan-news.com)
Netta conferma dei liberal-democratici (33,28%, oltre 18.500.000 voti): è questo il dato che emerge cristallino dalle elezioni anticipate per il rinnovo della Camera dei Rappresentanti convocate dal premier Abe proprio per ottenere una nuova legittimazione. Dei 465 seggi rinnovati - dieci in meno rispetto alla scorsa volta in virtù di una controversa riforma dei collegi elettorali - la coalizione PLD-Nuovo Komeito ne ha riottenuti 313 (ne aveva 318 nella Camera uscente) superando, sia pur di poco, la maggioranza dei due terzi necessaria in entrambe le Camere per poter iniziare un processo di revisione costituzionale i cui confini non sono però ancora chiari.
Ferma restando la volontà dei conservatori (del PLD molto più che del Nuovo Komeito) di intervenire sull'articolo 9 della Carta, quello che assicura il carattere pacifista del Sol Levante, commentando il risultato elettorale Abe è sembrato nuovamente titubante (oltre alla maggioranza qualificata occorre che la modifica costituzionale sia poi approvata con referendum popolare) ed ha rimarcato la necessità di coinvolgere parte dell'opposizione. “Anche se abbiamo ottenuto la maggioranza dei due terzi è necessario creare un consenso che vada oltre i partiti di governo” ha sostenuto il premier il giorno dopo il voto.
Chiusura di Abe al dialogo con la Corea del Nord ed alla ripresa dei colloqui a sei: “il dialogo viene usato per prendere tempo al fine di sviluppare tecnologie nucleari” ha sostenuto domenica scorsa il premier nel corso di un dibattito televisivo cui hanno partecipato i presidenti degli altri sei principali partiti.
Per quanto concerne la modifica dell'articolo 9 della Costituzione l'intenzione dei conservatori sarebbe quella di inserire il controllo civile sulle forze armate nonché un comma che le dichiari legali (in virtù degli accordi postbellici la creazione delle FA è stata infatti una forzatura).
Della vicenda si discute oramai dal 2012 e parallelamente la destra ha nei fatti aggirato il carattere pacifista espresso dal nono articolo della Carta mediante il pacchetto di modifiche legislative approvato nel 2015.
Nel campo dell'opposizione è stata definita l'alleanza per le elezioni del prossimo 22 ottobre tra il Partito Comunista, la nuova formazione guidata da Yukio Edano e cioè il Partito Costituzionale Democratico ed il Partito Socialdemocratico guidato da Tadatomo Yoshida. Principale terreno di scontro con la maggioranza è proprio l'eventuale modifica dell'articolo 9.
Settimana aperta con il viaggio di Shinzo Abe negli Stati Uniti. Lunedì il premier nipponico è partito per New York per partecipare all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ma anche per discutere con gli Stati Uniti circa i rapporti economici bilaterali in vista della visita di Trump nel Sol Levante Giappone prevista per novembre. Al centro dell'attenzione mondiale nell'ambito dei lavori ONU il discorso violentissimo tenuto da Donald Trump apprezzato solamente da Israele (il ministro della Difesa giapponese Onodera, interrogato sul tema, si è rifiutato di commentare) ed al quale ha risposto con altrettanta durezza, lo scorso 21 settembre, il Presidente nordcoreano Kim Jong Un con un comunicato.
“Le minacce militari, sia quelle verbali che le azioni, non hanno aiutato a risolvere la situazione” ha sottolineato da Pechino - in risposta alle dichiarazioni di Mattis circa le “opzioni tutte sul tavolo” ma la risposta vale anche per Trump - il Portavoce degli Esteri Lu Kang nella conferenza stampa del 19 settembre. Dura anche la critica del ministro degli Esteri russo Lavrov.
“Dobbiamo fare in modo che la Corea del Nord abbandoni tutti i propri programmi nucleari e missilistici in maniera completa, verificabile ed irreversibile: ciò che è necessario non è il dialogo ma le pressioni” ha dichiarato Abe il 20 settembre nel proprio intervento all'Assemblea.
È ancora “guerra delle statue” tra Corea del Sud e Giappone. Due nuovi monumenti raffiguranti i lavoratori arruolati per esigenze belliche dai giapponesi durante il secondo conflitto sono stati posizionati a Seul, presso la stazione di Yongsan e a Incheon.
Tra il 1939 ed il 1945 furono circa 700.000 i coreani costretti a lavorare per l'industria bellica del Sol Levante. Nel 1965 il governo di Tokyo decise di concedere delle compensazioni economiche e numerose cause sono state intraprese dagli ex deportati contro le imprese che materialmente li impiegarono.
I superstiti hanno diritto a far causa al Giappone per ottenere dei risarcimenti ha ribadito il Presidente della RdC Moon Jae In che ha ricordato che la Corte Suprema sudcoreana già nel 2012 diede il via libera a cause individuali verso Nippon Steel e Mitsubishi Heavy Industries.
Settimana aperta dalle tensioni tra Corea del Nord e Stati Uniti. Domenica due bombardieri strategici USA hanno effettuato un sorvolo lungo il confine tra le due Coree come risposta all'ultimo test missilistico nordcoreano.
Il Presidente USA per altro continua a premere la Cina contro ogni rispetto delle regole scritte e non scritte della diplomazia: “loro non fanno NULLA (maiuscolo nell'originale ndr) per noi riguardo la Corea del Nord, parlano e basta. Non consentiremo ciò continui a lungo. La Cina dovrebbe facilmente risolvere questo problema” ha “twittato” domenica scorsa Donald Trump.
Posizione ribadita il giorno seguente in un colloquio telefonico con il premier nipponico Abe. “Giappone e Stati Uniti hanno compiuto degli sforzi per risolvere pacificamente la questione ma la Corea del Nord ha calpestato questi sforzi. La comunità internazionale e con essa Cina e Russia debbono considerare seriamente questo fatto innegabile ed aumentare le pressioni” ha sostenuto il capo dell'esecutivo di Tokyo al termine della telefonata.
A gettare nuova benzina sul fuoco ci ha pensato il generale McMaster, Consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, che sabato scorso ha dichiarato che "tutte le opzioni", anche la guerra preventiva, sono sul tavolo.
La dichiarazione, in sé non nuova, smentisce quanto affermato ("non operiamo per un cambio di regime") alcuni mesi fa da Rex Tillerson nel Consiglio di Sicurezza ONU.
Dura sconfitta per il Partito Liberal-Democratico ma progressisti ancora in affanno: è questo il dato che emerge dalle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Metropolitana di Tokyo tenutesi lo scorso 2 luglio. Conferma il proprio momento di grazia la Governatrice Yuriko Koike che ottiene 49 eletti con la propria lista Tomin “First” no Kai (traducibile in italiano con “Associazione edochiani prima”, con la parola “first” in inglese nel nome originale del raggruppamento) cui si sommano sei eletti ufficialmente indipendenti ma che entreranno nel medesimo gruppo consiliare.
Koike nella precedente assemblea - che è eletta, nel sistema ipermaggioritario nipponico, ad anni sfasati rispetto al Governatore - poteva contare su una manciata di consiglieri usciti dal PLD e sui 22 che erano espressione del Nuovo Komeito.
Il G7 di Taormina si è concluso con una scontata condanna del programma missilistico nordcoreano che ha subito ricevuto come risposta l'ennesimo test da parte delle forze armate di Kim Jong Un. Lunedì scorso, alle 5,40 ora di Tokyo, secondo quanto riferito dallo Stato Maggiore sudcoreano e dal Ministero della Difesa giapponese, la Corea del Nord avrebbe effettuato un lancio di un missile balistico (uno Scud secondo la stampa internazionale) dalla città costiera di Wonsan. Il missile avrebbe percorso circa 400 chilometri prima di cadere nel Mar del Giappone (e in ZEE di Tokyo).
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