La sede era una delle più prestigiose a Firenze: la Badia Fiesolana che ospita l'Istituto dell'Università Europea è un edificio magnifico circondato dalle verdi colline fiorentine. In netto contrasto con l'ufficialità e la suggestione trasmessa dalla locazione, la partecipazione e la familiarità dei molti ragazzi accorsi all'evento "Can Europe Change? Les Economistes Atterrés at EUI" organizzato dal Collettivo Prezzemolo in collaborazione con Sbilanciamoci!. La presenza di tanti ragazzi e la loro partecipazione sono di per sé una chiara indicazione di quello che dovrebbe essere l'approccio alle tematiche europee: non quello odorante di populismo che caratterizza la strumentalizzazione dei media bensì quello impregnato della consapevolezza che il tema discusso influenza direttamente la nostra vita quotidiana e le possibilità che abbiamo di cambiare lo stato delle cose.
Su il Sole 24 Ore del 6 gennaio sono state pubblicate due pagine dedicate alle privatizzazioni. Lasciando a persone più competenti i commenti ci limitiamo qui a riportare una serie di citazioni, tentando un collegamento tra i vari passaggi.
Si parte dal nostro paese.
«Tra il 1992 e il 2000 l'Italia ha realizzato privatizzazioni con un incasso complessivo di circa 100 miliardi di euro. Un programma monstre che ha portato il paese in vetta alla classifica degli Stati europei più attivi nelle dimissioni, al secondo posto dopo la Gran Bretagna».
1) Domenico Moro, economista, membro della direzione nazionale del PdCI, autore di numerosi saggi come “Club Bilderberg. Gli uomini che comandano il mondo” e il “Nuovo compendio del “Capitale” di Karl Marx”. Partiamo dall'inizio e, quindi, proprio dall'attualità di quelle intuizioni che furono del barbuto di Treviri: che cos'è questa crisi?
Abbiamo a che fare con una crisi non congiunturale bensì del modo di produzione capitalistico, manifestatasi nel 2007/2008 in forma finanziaria e successivamente nella forma dei debiti sovrani, ma che sostanzialmente deriva da una sovraccumulazione di capitale, dalla caduta del saggio di profitto e dalla necessità del capitale di spostarsi su un piano speculativo (come ad esempio i derivati legati prima al mercato immobiliare e poi al debito pubblico).
L'Italia è uscita da poco dalla “procedura d'inflazione” per “deficit eccessivo” (superiore al 3%) in cambio dell'impegno di tenere il deficit sotto a questa percentuale. Tuttavia quest'impegno equivale a non avere i mezzi finanziari per politiche economiche e di bilancio che favoriscano la ripresa, e con essa l'occupazione, inoltre per fare fronte alle urgenze a livello di cassa integrazione, di diritto degli esodati ad andare in pensione, di denari che debbono andare ai comuni e alle imprese creditrici dello stato, di abolizione di un po' di quelle tasse che gravano sui redditi bassi e sull'attività produttiva, ecc.
Nel Giappone per Costituzione “pacifista” le Forze di Autodifesa hanno prodotto gas tossici (tra essi il sarin) in assoluto segreto ed in aree densamente popolate (la produzione di questi gas è avvenuta presso una struttura sita in un quartiere residenziale di Saitama), a segnalarlo il periodico comunista Akahata dopo che il caso era scoppiato già in maggio a seguito dell'intervista rilasciata dall'ex direttore della struttura al settimanale Shukan Kinyobi.
Il grido sorto nel cuore dell'occidente quando nel settembre 2011 a Wall Street i manifestanti si accingevano a lanciare il movimento di occupazione delle piazze è oggi confermato dal Sole 24 Ore stesso: il debito pubblico è un debito privato. Il 99% l'aveva detto all'1%: “il debito è vostro”.
Il 2010 è stato l'anno di svolta di questa crisi proprio perché lungi dall'innescarsi una ripresa dell'economia mondiale si è verificata la più tremenda offensiva di classe da oltre un secolo. I governi hanno travasato l'enorme debito privato nei conti pubblici, facendo diventare la crisi delle banche una
Di seguito la seconda parte – dedicata al contesto europeo – del documento redatto nell'estate 2012 come sintesi degli interventi ospitati nel corso di circa due anni dalla rivista online La Prospettiva, per promuovere un confronto costruttivo fra le diverse anime della sinistra sui temi della crisi e delle politiche economiche e del lavoro.
PER UN'EUROPA DEI POPOLI E DEI DIRITTI
Dalle vicende degli ultimi due anni è emerso con sempre maggiore evidenza come la costruzione stessa di questa Europa, che oggi ha assunto un enorme peso politico ed economico, si presenti di per sé come ademocratica.
In questo senso occorre porre il tema del conflitto contro la “tecnica”. Quella “tecnica” presentata come neutrale (there is no alternative, avrebbe detto Margaret Tatcher) ma che risponde in realtà ai rapporti di forza esistenti, oggi tutti a favore di quei dogmi neoliberisti che sono causa stessa dell’esplosione della crisi.
Foto ripresa liberamente da LetteraPolitica.it
Come è tornato così sembra mestamente andarsene. Berlusconi questa volta pare proprio al capolinea, schiacciato dal fuoco di fila di attori politici ed istituzionali sovranazionali che ormai da più di un anno non solo dettano l'agenda politica italiana, ma ne impongono i protagonisti. I sondaggi in caduta libera, il disfacimento del suo blocco sociale e l'implosione del PDL sembrano ormai configurare la fine della sua egemonia politica sulle destre e sul paese. L'Europa ha scelto Monti.
La sconfitta del Cavaliere, dopo un disordinato e breve rientro sulla scena politica, segna la definitiva affermazione del nuovo ordine tecnocratico europeo sulle macerie di una destra italiana da sempre populista e qualche volta apertamente conflittuale rispetto alla retorica europeista declinata all'austriaca, certo non a protezione degli interessi del lavoro o delle fasce più deboli di popolazione, piuttosto per preservare gli interessi immediati del suo blocco sociale.
Berlusconi non ha mai nascosto di non amare l'austerity, troppo poco funzionale al suo modello di potere impastato di demagogia e corruzione. I suoi governi, tranne quando in occasione del primo approfittò del lascito di Ciampi in termini di riduzione della spesa, si sono contraddistinti per una gestione populista delle finanze pubbliche, non finalizzata a piani di rilancio dell'economia o all'espansione del welfare, ma al taglio delle tasse, ai condoni e al mantenimento di un sistema clientelare e corrotto.
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