Lunedì, 28 Gennaio 2013 00:00

Quel voto utile antidemocratico #2

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Permettetemi di soffermarmi un attimo su questo punto che noi stessi troppo spesso trascuriamo: e invece si tratta di riuscire a fare oggi una battaglia ideale e politica fra le masse simile, per ampiezza a profondità, a quella che i comunisti (e qualcuno di loro è oggi qui presente) seppero condurre vittoriosamente nel 1953 contro la “Legge truffa” tentata dalla DC. Diciamocelo subito: la “Legge truffa” è rose e fiori rispetto alle leggi elettorali che sono in vigore oggi: e si tratta di un punto davvero cruciale per la democrazia, cioè di decidere se il parlamento è “specchio del paese” – come diceva Togliatti –, cioè è il luogo in cui si può manifestare politicamente il conflitto fra le classi, oppure al contrario se il parlamento è un luogo in cui, a causa di leggi elettorali costruite apposta, le masse popolari non possono mai accedere nella loro autonomia politica, e debbono solo limitarsi a scegliere il meno peggio fra i loro padroni e nemici.

Dunque la differenza è davvero sostanziale: si nega il diritto alla rappresentanza autonoma della classe nelle istituzioni con la stessa protervia reazionaria con cui si nega ai lavoratori e alle lavoratrici di votare i loro contratti di lavoro e di scegliere liberamente le loro rappresentanze sindacali. E il tono usato dai compagni del PD per imporre la cosiddetta desistenza o il cosiddetto voto utile è lo stesso tono che usa Marchionne cogli operai FIAT e con la FIOM.

I toni in politica contano, e parlano a volte più delle parole. Pensate a quanto disprezzo e quanto genuino odio di classe c’è in un solo sguardo di Marchionne della Fornero o di Monti, e quanto quelle facce parlano di politica, se solo noi vogliamo guardarle e capirle. Ebbene, nella recente polemica sul cosiddetto “voto utile” è emerso da parte di esponenti del PD (io penso a Letta “nipote” ospite di Bruno Vespa, ma anche a Franceschini o a Bersani) lo stesso tono, il tono sdegnoso e un po’ seccato con cui un padrone si riferisce ai suoi servi e sottoposti quando questi non obbediscono prontamente agli ordini.

Riflettiamoci un momento su questa richiesta del voto utile, che allieterà (è il caso di dirlo) la nostra campagna elettorale. Ma dove mai si è visto un partito che pretende che gli altri non si presentino alle elezioni, così da consentirgli di poter prendere più voti e di vincere? La cosiddetta desistenza è sempre frutto di un accordo politico, cioè essa deve essere in qualche modo sempre reciproca. Qui non si propone invece nessun patto politico e nessuna reciprocità, anzi – si noti bene! - non si chiede neppure, ufficialmente e alla luce del sole, di far convergere gratis i voti di Rivoluzione Civile, perché una tale richiesta rivolta ai comunisti e alla sinistra democratica scandalizzerebbe alcuni settori borghesi e centristi a cui il PD guarda, e forse farebbe inarcare con un moto di schifo il sopracciglio di Luca, detto Luchino, Cordero di Montezemolo o del cardinal Bertone: non sia mai!

No, quello che ci si chiede è semplicemente di sparire, di votare disciplinatamente per il PD, e in silenzio, senza disturbare, da bravi servi ubbidienti, solo perché riconosciamo finalmente la ontologica superiorità del PD, di Vendola (e di Monti e di Casini). Si è mai vista una pretesa simile in politica, non solo in Italia ma in tutto il mondo?

E allora mi permetto una modesta proposta: perchè Bersani con chiede a Monti di fare lui una bella desistenza per farlo vincere? Non scherzo affatto, è la situazione politica che viviamo che è grottesca, anche se non è affatto divertente: mi permetto di ricordare che il PD, SEL, il PSI e il compagno Tabacci hanno sottoscritto una “Carta di intenti” in cui si impegnano solennemente a fare il Governo, anzi un Governo di legislatura!, con Monti e con Casini. Proprio ieri il PD ha peraltro ribadito che questa alleanza con Monti la farà anche se avesse la maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento.

Cito tesualmente da quella “Carta di intenti” (che potete tutti trovare ancora facilmente in “La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l’Europa (...)” – ci si riferisce qui anche all’impegno di rispettare tutti i patti sottoscritti da Berlusconi e da Monti con l’Europa, cioè il folle “fiscal compact” che ci impegna a stangate finanzarie da 40 miliardi l’anno per i prossimi venti anni –; e la “Carta di intenti” del PD e di SEL così prosegue: “Qui vive la ragione più profonda che ci spinge a cercare un terreno di collaborazione con il centro liberale. I democratici e i progressisti si impegnano a promuovere un accordo di legislatura con queste forze.”

Leggiamola questa “Carta di intenti”. Leggiamola e facciamola leggere, per vedere che cosa c’è e che cosa non c’è in quel programma di Governo del PD e di SEL: non c’è la priorità della pace, non c’è l’impegno a reistaurare l’art. 18, non c’è l’impegno far pagare l’IMU al Vaticano, non c’è la patrimoniale, e così via.

Immagine tratta da informarmy.com

Raul Mordenti

Professore ordinario di "Critica Letteraria" all'Università di Roma Tor Vergata. Militante del '68, del '77, dei movimenti e di Democrazia Proletaria, ha partecipato alla fondazione del PRC. Attualmente è membro dell'Esecutivo romano della Federazione della Sinistra.

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