Lunedì, 01 Aprile 2013 00:00

Gli errori di Rivoluzione Civile (e di Rifondazione)

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Anzitutto, credo di deludere dicendo che a me la scelta di presentarci con Rivoluzione Civile (=RC) parve assolutamente giusta, anzi inevitabile, e non sarei leale se oggi (come molti fanno) dicessi che la nostra sconfitta dipende da quella scelta. Anzi ti dico subito che non mi sembrerebbe una bella idea buttare con l’acqua sporca anche il bambino, cioè liberarci affrettatamente di una possibile alleanza dando la colpa al povero Ingroia della nostra sconfitta.

L’estremismo o l’agire secondo l’istinto (due cose che sono spesso la stessa cosa) sono dei lussi che in questa fase i comunisti non possono permettersi.

Data la legge elettorale (un punto assolutamente fondamentale questo) era del tutto evidente che l’unica possibilità di superare lo sbarramento era presentarsi alle elezioni in alleanza con altre forze, e il confine che RC proponeva per l’alleanza era quello giusto: unire tutti quelli che si erano opposti, e intendevano opporsi, al Governo Monti-Napolitano-PD-PdL e che, dunque, aspiravano a costruire un polo autonomo rispetto a PD-SEL-Tabacci già impegnati all’allenza con Monti.

Tanto per citare il nome a tutti noi più inviso: Di Pietro aveva avuto almeno in merito di opporsi del tutto da solo a Monti, pagando per questa sua scelta dei prezzi durissimi.

Ricordo inoltre e faccio notare che (e fino all’ultimo!) la proposta alternativa all’alleanza di RC era nella FdS quella di entrare anche noi dentro il calderone di Bersani. Peraltro vale la pena ricordare che anche quella proposta della destra della FdS (e non solo di Salvi e Patta...) là dove è stata praticata (in Lombardia, dove ci siamo presentati senza nome e senza simbolo dentro l’alleanza per Ambrosoli) ha avuto risultati ancora più disastrosi che RC.

Altre proposte sul tappeto non ce ne erano: presentarsi da soli come FdS (ma a quel punto anzi come Rifondazione soltanto, o forse come un suo pezzo residuo) non fu proposto da nessuno o quasi, perché era evidente a tutti che da soli non avremmo raggiunto nemmeno l’1% dei voti.

Dunque RC era una scelta tattica del tutto obbligata nell’immediato; e però era anche una scelta aperta a una futura strategia di medio-lungo periodo, cioè costruire anche in Italia un polo politico contro le politiche delle banche della Confindustria della BCE, come esiste in Grecia, in Francia, in Spagna, in Portogallo etc., e più o meno ovunque tranne che in Italia. Faccio notare che in quasi tutti questi casi tale polo anti-liberista e anticapitalista non si definisce e non è “comunista”, anche se i comunisti ne sono sempre l’anima; e anche in Italia non è la prima volta che alle elezioni i comunisti scelgono di non presentarsi col proprio simbolo (pensa al ’48 e al Fronte Popolare con simbolo Garibaldi!).

Dunque non credo che si possa risolvere il gigantesco problema politico che abbiamo oggi di fronte dicendo che sarebbe bastato presentarsi con la nostra falce e martello. A conferma: una falce e martello sulla scheda c’era, e Ferrando ha avuto più o meno gli stessi passaggi televisivinostri: ha raccolto lo 0,4 dei voti, più o meno quanto Casa Pound.

Dentro questa scelta di RC (che, ripeto, ritenevo e ritengo giusta) ci sono stati errori di conduzione della campagna elettorale? La risposta è certamente sì, e gravissimi. Ne elenco qui di seguito solo quattro.

  1. 1 - Anzitutto RC si è presentata (o piuttosto è stata presentata) come concentrata sul solo problema della legalità, debbo dire nonostante il Programma (che era assai buono, e largamente influenzato da noi) e anche nonostante gli sforzi di Ingroia di parlare del Programma (ma lo inchiodavano sempre a giustificare il fatto di …essere magistrato: a questo è stato dedicato il 90% dei pochi minuti concessi a RC in televisione). Sul Programma di RC si poteva e si doveva fare molto di più: se Berlusconi era “quello della restituzione dell’IMU” noi dovevamo essere “quelli dell’aumento delle pensioni”, “quelli del salario sociale”, “quelli dell’art.18”, “quelli del No agli F35”, e così via, cioè le nostre proposte di Programma dovevano caratterizzarci (e non solo la simpatica faccia di Ingroia)
  2. 2 - In secondo luogo il modo in cui si è arrivati alle candidature (che, non dimentichiamolo, con il “porcellum” equivalgono alla nomina a parlamentare) è stato quanto di meno democratico esista al mondo: questo ci ha fatto perdere molti consensi. Penso che dovesse essere valorizzato il fatto che il primo/la prima dopo Ingroia fosse ovunque espressione dei movimenti (la Cucchi, la Stramaccioni, l’operaio De Luca a Pomigliano, l’altro compagno in Sardegna, il sindaco No-Tav in Val di Susa, La Torre in Sicilia etc.); ma andava anche spiegato chiaramente al popolo che RC era un patto elettorale fra Ingroia, “arancioni” di De Magistris, Di Pietro, PRC, PdCI e Verdi (noi dunque contavamo solo un sesto e forse meno!); questo patto invece è stato nascosto per “pudore”, col bel risultato che molti compagni non sapevano neppure che Rifondazione stesse dentro RC, e lo stesso è successo anche per altre forze di RC meno strutturate (penso ai Verdi) facendoci perdere voti preziosi. Noi abbiamo polemizzato giustamente con le ridicole “parlamentarie” del PD-SEL e con quelle ancora più ridicole di Grillo, ma noi siamo riusciti a fare ancora di peggio (non era facile!). Qualcosa si poteva e doveva fare nonostante la situazione difficile e la fretta: personalmente avanzai anche, a suo tempo, sia alla FdS sia a “Cambiare si può” una proposta di procedura per la scelta dal basso dei/lle candidati/e (era una cosa del tutto possibile che avrebbe occupato non più di una settimana): non ebbi mai nessuna risposta da parte di nessuno. Se anche se gli altri contraenti di RC avevano scelto i loro candidati con una bella riunione intorno a un tavolino romano, almeno i/le nostri/e dovevano essere scelti dal basso, in modo democratico e partecipato. Ma come nel 2006 e nel 2008 il “porcellum” fu ben gradito alla Segreteria di Rifondazione di allora per poter nominare i nostri (o suoi) parlamentari, così anche questa volta al gruppo dirigente del nostro Partito non sembrò vero utilizzare questa situazione per candidare a parlamentari i suoi dirigenti nazionali, naturalmente ben lottizzati fra le correnti. Proprio questo era il vero senso del ferreo patto intercorrentizio, questa la vera sostanza del patto-Cencelli che ha paralizzato per anni il nostro Partito facendoci perdere anni decisivi per la costruzione del Partito-sociale. Io penso che questo tema della democrazia “di base” (per quanto usato strumentalmente dal PD e soprattutto da Grillo) sia un tema fondamentalissimo per noi comunisti oltre che sentitissimo per i nostri potenziali elettori, e che essersi dimostrati coi fatti i meno democratici di tutti sia stato pagato assai duramente da RC, con la perdita di alcuni punti percentuali di voti scappati per questo motivo da noi verso Grillo. Questa è stata dunque l’ultima polpetta avvelenata che la micidiale struttura delle correnti e il loro patto ha regalato al Partito. Che sia almeno l’ultima!
  3. 3 - In terzo luogo hanno certamente pesato inesperienze e ingenuità di ogni genere, che non vale la pena di richiamare qui (basti citare la “chiusura” il giovedì dentro un locale e a dieci kilometri da Roma, con Grillo il venerdì a piazza San Giovanni…: quanti voti si sono spostati quella sera?).
  4. 4 - In quarto luogo errori gravissimi sono stati di certo commessi sul terreno della comunicazione, aggravando così la decisione ferrea dei media di cancellarci del tutto. Cito un solo caso per tutti perché è quello per cui personalmente mi sono incazzato e ho protestato di più (e anche in questo caso non ho ricevuto nessuna risposta): la decisione di non stampare le 10.000 copie del numero speciale per le elezioni di “Liberaroma”, numero già scritto e già impaginato, perché una settimana era troppo poco per distribuirlo (sic!) e per risparmiare …900 euro, cioè meno di quanto sia costato un qualsiasi volantino elettorale personale (e quei 900 euro di “LR” sarebbero rientrati ampiamente con un minimo di diffusione militante). Mi è stato anche detto (ci sarebbe da ridere se non fosse parte di una tragedia) che i compagni potevano stamparselo da soli in pdf e poi distribuire da soli le copie così stampate. Confessiamocelo: un Partito che ragiona così merita davvero di sparire.

Eppure tutte queste ragioni restano alla superficie e noi non possiamo accontentarci di queste spiegazioni, o di altre altrettanto superficiali anche se verissime (come la tenaglia fra il criminale appello al “voto utile” di Bersani-Vendola e la protesta grillina pompata in ogni modo dai media). C’è evidentemente qualcosa di più profondo: se in piena crisi capitalistica un paese vota al 25% per Grillo, se Berlusconi sfiora la vittoria e riconquista alla grande la Lombardia dopo il merdaio che è successo lì e, soprattutto, se l’insieme di tutte le forze antiliberiste ottiene poco più del 2% dei voti c’è qualcosa di più profondo che occorre capire.

Io credo che uno dei nostri errori che riguardano il profondo sia stato questo: credere che la cosiddetta “società civile” sia migliore della cosiddetta “società politica”, cioè che i cittadini, le masse popolari, siano per loro natura se non comunisti almeno onesti e interessati al bene comune, e dunque che se essi votano a destra lo fanno perché “si sbagliano”. Non è così. La sistematica disinformazione e il sistematico rincoglionimento berlusconiano (che pure è molto importante) non spiegano movimenti così duraturi e massicci nell’elettorato. Ogni popolo alla fine ha i partiti che si merita e i Governi che si merita

 

Ultima modifica il Lunedì, 01 Aprile 2013 00:49
Raul Mordenti

Professore ordinario di "Critica Letteraria" all'Università di Roma Tor Vergata. Militante del '68, del '77, dei movimenti e di Democrazia Proletaria, ha partecipato alla fondazione del PRC. Attualmente è membro dell'Esecutivo romano della Federazione della Sinistra.

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