Il nemico più pericoloso dello spirito costituzionale viene chiaramente identificato da Giacché nel governo tecnocratico del grande capitale europeo e non è certamente cosa di poco conto. In particolare, l'analisi dell'imperialismo europeo a guida tedesca non perde mai di lucidità. Da questo punto di vista Giacché non si limita a destrutturare la narrazione democratica della sinistra europeista, ma va ben oltre.
Infatti, in nuce vi ritroviamo un'analisi delle spinte egemoniche all’interno dell’ordine liberista internazionale. È da qui che emerge come la creazione dell'intero impianto attuale dell'Unione Europea non sia altro che un meccanismo funzionale all'affermazione sui mercati internazionali del nuovo polo politico-economico. Le politiche mercantilistiche basate sulla compressione salariale e la creazione della moneta unica come meccanismo rivolto a bloccare il riequilibrio della bilancia commerciale tra i paesi europei diventano l'“interpretazione corretta della «forte competizione», che costituisce uno dei valori chiave dei trattati europei”. Di conseguenza la centralità dei medesimi trattati diviene fondamentale per spiegare a cascata tutta una serie di problematiche: “sono proprio i trattati europei, a rendere possibile e a incentivare una competizione tra sistemi economici nazionali fondata sulla compressione di diritti e salari. E sono ancora i trattati ad attribuire alla stabilità dei prezzi, ma in verità alla lotta all'inflazione, un'importanza addirittura sovraordinata a tutti gli altri obiettivi, col duplice risultato di considerare accettabili e anzi “fisiologiche” percentuali di disoccupazione a due cifre in molti paesi dell'Unione e di spingere l'Europa sull'orlo della deflazione”1.
In conclusione, l'obiettivo centrale di Giacché, centrato in pieno, è far emergere l'incompatibilità di fondo tra i suddetti trattati che hanno sorretto e sostenuto l'Unione Europea e la nostra Costituzione. Un'incompatibilità tanto più pericolosa perché riscontrabile sin nei principi stessi, i quali portano ad una contrapposizione inevitabile tra un modello di “capitalismo interventista” a cui si ispira la nostra Costituzione, in cui lo Stato si impegna a garantire ai suoi cittadini il diritto al lavoro e un’impostazione liberista che tende invece a vincolare gli Stati membri a politiche di delega al settore privato e quindi di smantellamento dei diritti positivi.
Una volta indirizzati su una strada di questo genere anche norme apertamente incostituzionali, come il nuovo articolo 81, diventano possibili, come diventano concepibili e realizzabili altri grimaldelli per scardinare le parti scomode dell'impianto costituzionale; il tutto in funzione della restrizione dei margini di manovra sociale dello Stato che è quanto richiede la filosofia politica di fondo oggi egemone. Ciò che resta dello spirito della nostra Costituzione l'aveva infondo già riassunto con semplicità il comandante Fra' Diavolo, a cui è dedicato il saggio, quando ormai 94enne e a pochi mesi dalla morte consegnò all'autore una copia della Costituzione non ancora emendata col nuovo articolo 81.
1 V. Giacchè, Costituzione italiana contro trattati europei: Il conflitto inevitabile, Imprimatur edizioni, 2015, p. 39