Domenica, 12 Maggio 2013 00:00

Gli anticapitalisti a Bologna, Vendola a Roma: nel mezzo la sinistra

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C’era una volta Rifondazione Comunista. Dopo più di 20 anni è ancora in piedi un’organizzazione denominata PRC, ma il contesto è completamente mutato e parte degli iscritti (rimasti) ha partecipato a due appuntamenti molto diversi che si sono svolti l’11 maggio. 

A Bologna, in un affollato Cinema Galliera (posti in piedi, lo spazio non è enorme), si svolge l’assemblea di lancio “per un movimento politico anticapitalista e libertario” (si chiamerà Ross@). Ad aprirlo è una lettera di saluto del regista Ken Loach, già vicino alle realtà italiane di Sinistra Critica e dell’USB. L’introduzione è di Giorgio Cremaschi. Tra gli interventi e il pubblico non manca la varietà (“50 sfumature di rosso”): esponenti delle minoranze Cgil e del sindacalismo di base, dirigenti di Rifondazione (fra cui Amato, Forenza, Piobbichi), Sinistra Critica (parla l’ex senatore Turigliatto), qualche ex di SEL (Musacchio) e trova spazio, nonostante l’intervento fosse stato eliminato per problemi di tempo, anche il Movimento Popolare di Liberazione (Leonardo Mazzei). Il vero protagonista, citato e richiamato ripetutamente, è il movimento No Tav (alla presidenza e tra gli interventi c’è Nicoletta Dosio).

Il discorso di lancio di Cremaschi parte da un minuto di silenzio per ricordare le vittime degli incidenti sui luoghi di lavoro, con il richiamo al recente disastro di Genova e una citazione della Luxemburg: “il primo gesto rivoluzionario è chiamare le cose con il loro nome. Noi vogliamo tornare a parlare di guerra tra il capitalismo, che è il nostro nemico, e i lavoratori, che sono la nostra forza”.

Lo scopo è quello di creare un “movimento anticapitalista e libertario” che permetta di rompere “con la logica del meno peggio, che porta sempre al peggio”, per rendere attuale il socialismo del XXI secolo, riprendendo la “marcia del superamento del capitalismo, con la capacità di innovarsi, perché il mondo è cambiato e il capitalismo è entrato nel DNA delle persone”. L’esposizione del sindacalista Fiom è legata a un documento in cui si elencano 7 punti di programma su cui costruire l’iniziativa politica, che verrà integrato in alcuni passaggi alla fine dell’assemblea, e affiancato da un ordine del giorno proposto dalle femministe in sala (fra cui Barbarossa).

La dimensione europea torna ripetutamente, anche se si preferisce rimandare la discussione su quali siano "le soluzioni alternative a questa Unione Europea: ci porremo il problema lira-euro, ma non abbiamo ancora il ministero delle finanze e non ha senso giocare come si fa con i soldatini, quando il Palazzo d’Inverno non è ancora preso”. 

Si invita al recupero di uno schematismo forte tra pubblico e privato, evitando terze vie di cooperativismo, visto anche la fine che hanno fatto queste forme di organizzazione del lavoro (sembra essere una distinzione da alcuni movimenti che puntano molto sul concetto di beni comuni e sulle nuove forme di partecipazione). 

Si confrontano pareri diversi su quale tipo di rapporto intrattenere con il Movimento 5 Stelle. C’è chi richiama all’umiltà e al rispetto dell’importante risultato elettorale che ha raggiunto Grillo, ma le recenti esternazioni del comico genovese sullo ius soli spingono Cremaschi ad affermare la centralità dei valori: “sono stato tra quelli più aperti e disponibili al dialogo con il 5 Stelle”, ma è ora di finirla “con chi si richiama alla vecchia formula né di destra né di sinistra della Democrazia Cristiana”. Oltretutto “quella dello ius soli è una discriminante morale, non solo politica”. 

Il percorso si propone di ricostruire un movimento tra le macerie della sinistra radicale, “che ha iniziato a infrangere i sogni nel 2006, votando le missioni militari di Prodi”.

All’appello si aderisce da singoli, è un impegno e una promessa che ognuno degli aderenti dovrà portare avanti senza rinunciare alle proprie organizzazioni di appartenenza, ma con una forte coerenza e con comportamenti rigorosi. Costruire una casa comune degli anticapitalisti, tenendo presente il motto di San Paolo: “non voglio sapere da dove vieni, ma voglio sapere rigorosamente dove vai”. 

Non è facile far venire meno gli scontri che molti dei presenti hanno vissuto all’interno delle faide della sinistra italiana. Qualche accenno di differenza emerge soprattutto sul tema della guerra in Siria, alcuni interventi si dichiarano interessati al percorso ma non aderenti al documento (è il caso di Città Futura, area di Rifondazione, e del già citato MPL).

Gli applausi più sentiti sono per la presa di distanza dalla manifestazione di SEL a Roma: “occorre chiudere definitivamente con il centrosinistra”, al quale "occorre essere alternativi". Si marca quindi la differenza da piazza Apostoli, che poche ore dopo sentirà le parole del comizio di Vendola, che doveva essere un appuntamento di riaggregazione della sinistra ma sembra più una manifestazione di partito, con qualche intervento di “ospiti noti” (tra cui Stefano Rodotà e Gad Lerner). Tra le parole del presidente della regione Puglia c'è anche "il valore della difesa di un centrosinistra che a Roma si esprime con Marino [presente in piazza] e non certo con il governo Letta".

Ancora una volta, anche se si enuncia la centralità dei contenuti in entrambe le "piazze", la sinistra pare vivere subalterna all’erede (organizzativo) del PCI, che resta il PD, con i suoi rapporti di forza all’interno della Cgil. Sembra che tutto ciò che si muove sia incapace di uscire dal solco delle vecchie discussioni e divisioni. Non è un caso che molti dei protagonisti degli appuntamenti di Bologna e Roma fossero dirigenti di quella stessa Rifondazione Comunista che era stata capace di tenere insieme le esperienze di lotta con l’aspirazione di governare. L’11 maggio la necessità di rappresentanza istituzionale e la necessità di autonomia progettuale paiono aver preso due strade tra loro quasi opposte. Ciò che sta nel mezzo sembra essere paralizzato, gli elettori e i militanti meno convinti di quel che resta della sinistra o scelgono una squadra per cui tifare, o si ritrovano a pensare di lasciar perdere.

Partire da zero, organizzando la discussione sui contenuti e sul progetto da lanciare, per poi porsi il problema dei rapporti con gli altri, sembra essere una condizione necessaria. Per farlo occorre forse un ricambio di pezzi di gruppi dirigenti un tempo uniti, ma che oggi rischiano di portare a dire, fra pochi anni, “c’era una volta la sinistra italiana”.

Immagine tratta da www.fotocommunity.it

Ultima modifica il Domenica, 12 Maggio 2013 01:52
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

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