A distanza ravvicinata rispetto a Morto Stalin se ne fa un altro l'Unione Sovietica si propone in una interpretazione cinematografica dei suoi meccanismi di potere, durante quella ormai attestata come la pagina più oscura della sua storia.
Il dittatore privo di tenerezza non fa sorridere. Debole, instabile, con un divano simile a quello di Freud: dialoga con l'amata (o solo desiderata, sicuramente maltrattata) Lidia Semionova.
Alla periferia della storia, in un ritiro di riposo, ma nel cuore delle debolezze umane di un cattivo.
Valery Danilov è il giovane artista convocato per glorificare la guida del socialismo reale: dovrà fare i conti con l'incertezza del presente e un passato tormentato.
Gli individui non si ritrovano schiacciati dal potere ma dalla volontà di un dittatore.
Oltre pretese, poca sostanza, in quest'opera utile solo per chi ama compiacersi di una realtà troppo marcia per essere compresa.
Peccato. Alcuni elementi rendono l'operazione interessante. Buona la prova degli attori, suggestiva la fotografia e la ricostruzione scenografica.
Intrigante, anche se schierata sul piano politico e dell'interpretazione storiografica, la lettura intima di un grande (crudele) protagonista del XX secolo.
Lo sviluppo è eccessivamente lento e le allusioni volano troppo alte.
Sembra di ritrovarsi in un salotto autoreferenziale.
Chi ha da capire, in realtà, aveva già capito. Cosa, in realtà, non è troppo chiaro...
Il trailer per i curiosi (il film non ha ancora un doppiaggio italiano): youtu.be/HnxqRZyPx0M
Immagine di copertina liberamente ripresa da www.hollywoodreporter.com