La tragedia di Parigi e la comunicazione monodirezionale

Che sia perché in assenza di un sistema di informazione degno di questo nome che tutti noi ci sentiamo in dover diffondere il proprio verbo personale? O forse perché semplicemente il buon Umberto Eco un po’ di ragione ce l’aveva pure lui? Resta comunque il fatto che da venerdì scorso, in seguito al massacro perpetuato a Parigi, in centinaia, forse in migliaia si sono sentiti in obbligo di far conoscere al mondo il loro pensiero.

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Lunedì, 12 Ottobre 2015 00:00

La tragedia del Medio Oriente a una svolta?

La tragedia del Medio Oriente a una svolta?

L’editoriale di martedì 6 ottobre sul Corriere della Sera a firma di Paolo Mieli svolge un ragionamento condivisibile salvo però tacere su un punto fondamentale. È inoltre un ragionamento simile, a volte in modo determinato a volte on cautela, a quello di una buona parte delle forze di governo e dei mass-media occidentali (altrimenti Mieli se ne starebbe stato tranquillo a scrivere d’altro). Si tratta di una critica molto netta alle posizioni di Obama verso la crisi mediorientale e in particolare verso il versante siriano di questa crisi. Se l’ISIS (Daesh, l’ISIL, lo Stato Islamico) merita, per ciò che è, ciò che fa e ciò che vuole realizzare, di essere paragonato al nazismo, allora, argomenta Mieli, gli Stati Uniti dovrebbero orientarsi a praticare la medesima linea che praticarono facendo guerra al nazismo: l’alleanza con la totalità delle forze antinaziste.

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Sono recentemente usciti due libri sulla lotta dei curdi di Kobanê contro lo Stato Islamico, che decisamente meritano di essere letti e fatti leggere.

Il primo, edito da Edizioni Alegre, titola Kobane, diario di una resistenza, ed è stato realizzato da “staffette di solidarietà”, composte da giovani legati alla rete Rojava calling di associazioni, collettivi, centri sociali e singoli individui, che si sono recate dall’ottobre del 2014 al marzo scorso in questa città. Il secondo libro, edito da Agenziax, titola Kobane dentro, è stato scritto dal giornalista freelance Ivan Grozny Compasso, che si è recato a Kobanê nel dicembre successivo. Ambedue i libri sono reperibili od ordinabili presso le sedi delle edizioni Feltrinelli.

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Il prezzo del potere - Erdogan, esercito, ISIS e fascisti turchi contro il PKK nella lotta per il governo del paese

Da un mese è caos totale in Kurdistan. Dopo l’attentato di Suruc in cui hanno perso la vita decine di giovani socialisti turchi, rivendicato dall’ISIS e con ogni probabilità favorito e agevolato dalla Turchia, e la rappresaglia del PKK - l’uccisione di due poliziotti apparentemente affiliati allo Stato Islamico nel sudest della Turchia - l’intera area si è ancora una volta trasformata in teatro di guerra.

Breve passo indietro: il Kurdistan irakeno è conteso fra le forze di difesa curde, tra cui i combattenti del PKK, e lo Stato Islamico. In quella regione, il PKK, la forza comunista e indipendentista fondata da Abdullah “Apo” Öcalan - ora rinchiuso, unico detenuto, su un’isola-prigione turca adibita a carcere di massima sicurezza - ha spesso e a ragione rivendicato di essere stato l’unica forza organizzata a resistere nei giorni della dirompente avanzata dell’ISIS, mentre esercito regolare irakeno e peshmerga governativi si ritiravano abbandonando nelle mani dello Stato Islamico tonnellate e tonnellate di costoso materiale bellico americano. Materiale bellico che l’ISIS riutilizzava scrupolosamente contro il PKK, unico a resistere anche se armato di vecchi kalashnikov, con zero o quasi supporto aereo da parte della coalizione internazionale e le frontiere alle spalle chiuse dall’esercito turco, che permetteva il passaggio all’ISIS ma lo impediva alla guerriglia curda, sabotandone coscientemente la resistenza.

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Venerdì, 21 Agosto 2015 00:00

Erdoĝan massacra i kurdi

Erdoĝan passa all’incendio dei villaggi curdi di montagna e al massacro della loro popolazione

Come già segnalato da Uikionlus tramite il suo mezzo informatico Sole Parev e ripreso dal Manifesto, l’aviazione e le forze speciali turche stanno procedendo a bombardamenti e rastrellamenti su vasta scala nel Curdistan turco, colpendo i villaggi di montagna, abitati da contadini e pastori, massacrando quanti, uomini donne e bambini, non riescono a fuggire, incendiando abitazioni, distruggendo bestiame e pozzi. Contemporaneamente le forze di polizia stanno arrestando su vasta scala sindaci, quadri e militanti delle organizzazioni curde legali. Niente di nuovo. Lo stato turco, cioè l’assassino Erdoĝan, addebita al PKK le 40 mila e oltre vittime della lunga guerra degli anni ottanta e novanta: ma si tratta nella quasi totalità di vittime curde delle forze armate e di polizia turche, alle quali vanno aggiunti 4 mila villaggi distrutti e 3 milioni di profughi cacciati dalle loro terre verso le grandi città turche. Una militante del PKK, si è appena appreso, uccisa in uno scontro con le forze speciali nella città di Garto è stata spogliata e fotografata, e la fotografia è stata diffusa.

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I curdi che quasi unici combattono in Medio Oriente contro l'ISIS sono per gli USA al tempo stesso alleati e terroristi

La citta curdo-siriana di Kobanê, attaccata improvvisamente nei giorni scorsi dai miliziani dell’ISIS, è stata liberata dalle milizie curde YPG e YPJ del PYD. Si è trattato da parte dell’ISIS, in tutta evidenza, di un’operazione diversiva, di alleggerimento della sua situazione diventata precaria nell’area centrale siriana da esso da tempo controllata e nella quale è la “capitale” siriana dell’ISIS Raqqa. Come sappiamo, nelle settimane scorse le milizie curde hanno conquistato l’area che divideva il cantone curdo-siriano di Kobanê dal cantone curdo-siriano orientale: in questo modo le milizie curde si sono garantite l’afflusso di armi e di rinforzi dal territorio curdo-iracheno di fatto indipendente, al tempo stesso hanno liberato quel tratto di frontiera con la Turchia attraverso il quale l’ISIS riceve rinforzi oppure manda a curarsi negli ospedali turchi i propri feriti. La sostanziale totalità dei rinforzi dall’Europa l’ISIS li riceveva attraverso la Turchia. Le forze dell’ISIS avevano la possibilità di andare avanti e indietro con la Turchia, di usarla per spostarsi da una parte all’altra della Siria, mentre la frontiera turca era bloccata quanto a possibilità che vi passassero rinforzi alle milizie curdo-siriane, inoltre avveniva che i curdi in fuga dall’ISIS dovessero accalcarsi sulla frontiera turca per settimane.

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Libia 2011: troppi ignavi, silenziosi o consenzienti mentre la Nato apriva la strada ai nazi-califfi.

Con atrocità e massacri, l’intero Medioriente e buona parte dell’Africa pagano per le guerre dei governanti occidentali e l'ignavia dei relativi popoli. In tanti dovrebbero mettersi in ginocchio.

Adesso che il nazismo dello Stato sedicente islamico dilaga in Libia e sgozza lavoratori migranti egiziani sulle spiagge mentre altri frutti delle guerre occidentali dirette o indirette continuano a morire in mare; adesso che il risultato della guerra Nato del 2011 si dispiega pienamente, adesso che- veramente da tempo - gli altri effetti sono in Siria, Iraq, Africa, ammetterà qualche colpa chi nel 2011 per sette lunghi mesi non fece nulla, tacque o peggio avallò le menzogne mena-guerra dei cosiddetti “ribelli” poi rivelatisi bande islamiste e razziste che ora confluiscono nel califfato nazista - nazista per le infernali azioni e l'equivalente pensiero?

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Venerdì, 23 Gennaio 2015 00:00

Marziani in guerra

Occidente

Tra i già numerosi mantra autorassicurativi in genere cretini che l’Occidente si è inventato dinanzi agli attacchi in casa propria da parte di militanti ISIS e al Qaeda ci sono ora l’alleanza con i governi islamici “moderati” e l’urgenza del compattamento con l’Occidente di tutte le realtà medio-orientali a esso legate, in modo da effettivamente riuscire a spuntarla in Siria e in Iraq, cioè nei teatri fondamentali di guerra. Ma a pochi giorni dalle stragi di Parigi si sono verificati pressoché contemporaneamente più fatti che attestano come l’Occidente continui a evitare con grande cura la constatazione della realtà effettiva delle cose, e come altrettanto accuratamente si stia dando la zappa sui piedi.

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Sabato, 08 Novembre 2014 00:00

Chi si ricorda della Libia?

Era il 2011. Berlusconi era preoccupato, ma non telefonò a Gheddafi, perché "non voleva disturbare nessuno". Le opposizioni di allora erano invece scandalizzate per il silenzio del governo sulle vicende libiche. Veltroni riteneva inaccettabile il silenzio sugli ormai "quasi cento morti". In Parlamento c'erano ancora Fini e Di Pietro. Anche i loro partiti, insieme all'UDC, chiedevano una netta presa di posizione contro il dittatore di Tripoli. Camusso e Rossandasostenneroquesta linea di indignazione.

Le Primavere Arabe facevano sognare il pubblico televisivo occidentale, cavalcando l'attivismo militante praticato su Facebook e Twitter. In fondo Gheddafi in Italia era visto da tutti come "amico di Berlusconi", così la realtà della Libia poco contava. Il dittatore doveva morire e la democrazia trionfare.

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Martedì, 21 Ottobre 2014 00:00

Ancora aggiornamenti da Kobané

Incredibile! Avevo appena chiuso un articolo sulle novità a cui sembra doversi il capovolgimento a favore dei miliziani curdi siriani del PYD della situazione militare a Kobanê e avevo appena azzardato che la situazione medio-orientale avrebbe riservato continue sorprese, che un paio di quelle assai grosse è arrivato.

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