Si tratta prima di tutto di due diari. Essi narrano la realtà della resistenza del popolo e delle milizie di Kobanê. Kobane, diario di una resistenza mostra, come sta scritto in seconda di copertina, “l’esistenza di una terza via tra il fascismo islamico e l’imperialismo occidentale” islamofobico, inoltre documenta il funzionamento di questa via e cioè dell’esperimento di un sistema di autogoverno che mette in discussione lo stato nazione come prospettiva necessaria alla libertà di una popolazione e che si basa su una democrazia partecipata e un’economia solidale. In calce a questo libro sono lo scritto di Abdullah Öcalan A tutto il nostro popolo e la Carta del contratto sociale del Rojava, cioè del territorio curdo-siriano liberato. kobane dentro, a sua volta, documenta la guerra di difesa di Kobanê assediata da parte di milizie male armate composte da donne e da uomini; inoltre questo diario indica il rapporto organico tra le milizie combattenti e il popolo del Rojava come parte del suo sistema democratico. Contro ogni idea di una forza armata orientata a guerre di aggressione, queste milizie sono dunque milizie orientate alla difesa della popolazione curda e delle altre realtà etniche della Siria. In calce a questo libro c’è una lunga “carrellata” di fotografie e, ancora, la Carta del contratto sociale del Rojava.
Si impara, leggendo questi libri, di cosa siano capaci di immaginare e di creare i popoli in lotta contro poteri criminali e bande di assassini. Questi libri sono così anche una proposta importante di lotta ai giovani, alle donne, ai lavoratori di casa nostra, posti in difficoltà estrema dinanzi agli attacchi più che trentennali del neoliberismo di governo al complesso delle condizioni di vita popolari e alla democrazia conquistata dal 1943 al 1945 dagli analoghi italiani delle milizie del Rojava, i partigiani. Una proposta di lotta, certo non ricalcata sulle forme a cui sono stati costretti i curdi siriani (e, oggi, i curdi di Turchia), ma sostanzialmente significativa anche per noi negli obiettivi di fondo: la proposta cioè di una forma di democrazia partecipata e orientata al socialismo, non resa ambigua da voltagabbana socialdemocratici o da nostalgici del “socialismo reale”; la proposta di una forma di distribuzione della ricchezza creata dal lavoro capace, persino nella situazione estrema di Kobanê, di non privilegiare e di non abbandonare nessuno.