Prima a intervenire è Maria Scermino: subito si presenta la novità di questo nuovo movimento giovanile, “Io voglio restare”, movimento che ha posto come suo punto centrale di azione politica proprio quello dei problemi del welfare e del reddito, della precarietà e dell’insicurezza lavorativa per le nuove generazioni. Il punto sostanziale che emerge, durante le prime battute dell’iniziativa, è di fondamentale importanza: si inizia a organizzare una rete, all’interno dei territori nazionali, che vuole incidere sul dibattito pubblico e politico rispetto al problema delle realtà precarie che vivono nel nostro paese. Vengono dibattuti, dunque, dati reali sulle percentuali di lavoratori precari presenti sul territorio nazionale, dal momento che a far parte di questo nuovo progetto non sono soltanto i soliti “professori” che parlano e sentenziano dietro ad una cattedra. Il dibattito, dunque, inizia a prendere corpo e si indirizza, inevitabilmente, verso i problemi della precarizzazione del mondo universitario, del futuro di chi esce dalle università (se costoro riuscissero a proseguire gli studi nel corso del tempo e a continuare a pagare le tasse: le percentuali di abbandono degli studi universitari, in tal senso, crescono in modo pauroso giorno per giorno) e della progressiva dequalificazione delle figure professionali, che escono dal mondo della formazione.
Proprio Guido Cioni mette in evidenza un dato paradossale: a essere richiesti dalle imprese e, in generale, dal mercato del lavoro sono quelle figure professionali a basso profilo, cioè quelle meno professionalizzate, se non professionalizzate affatto. È un fatto che, oggi come oggi, hanno più speranza di trovare lavoro i laureati alle triennali piuttosto che i laureati specializzati. E arriviamo qui all’altra faccia della medaglia del problema della precarietà: non c’è solo privazione di diritti, dequalificazione delle figure professionali e conseguente legittimazione alla diminuzione dei salari (molto spesso provenienti dal lavoro nero non tutelato), ma esiste anche una totale privazione di quegli strumenti che dovrebbero fondare la ragion stessa d’essere del lavoro flessibile: appunto, welfare e reddito. A tal proposito, nota ormai è la proposta di legge di iniziativa popolare sull’istituire il così definito reddito minimo garantito, anche per chi non ha mai lavorato e si appresta a entrare nel mercato del lavoro. Ulteriore elemento importante di questa campagna è quello dell’istituire, a livello regionale, il così detto reddito minimo indiretto, cioè creare una serie di servizi, tra cui agevolazioni sui costi dei trasporti pubblici, agevolazione all’accesso alla cultura per cercare di rendere dignitosa la condizione del lavoratore precario, per sua definizione appunto flessibile e dunque “mobile” (sarebbe appunto interessante capire quando le reti di trasporto pubblico in Italia riusciranno a essere al passo con le necessità che impone il lavoro flessibile). Viene ricordato come tali campagne sul reddito indiretto stanno continuando a essere portate avanti da un’altra associazione che riunisce diversi soggetti politici che si riconoscono nella sinistra, sindacati, partiti come anche organizzazioni e movimenti studenteschi, dal nome “Declinazione Futura”. Si evince, dunque, una sempre maggiore proliferazione di organizzazione e strutturazione di soggetti politici e sociali che vogliono, appunto, restare nel proprio luogo di attività, che vogliono migliorarlo e ricominciare a imporre alle agende politiche temi come questi, oramai, cruciali per la vita del paese e degli individui.
E arriviamo così al tema più ampio del welfare in generale all’interno del sistema Italia. Roberta Fantozzi inizia così a svolgere un’attenta analisi su quella che è stata la condizione del mondo del lavoro in Italia negli ultimi anni, rintracciando le cause principali della precarizzazione del lavoro, dell’abbattimento dello stato sociale e dei redditi derivati dal lavoro dipendente, in scelte di natura prettamente politica: dalla scelta di non investire sulle grandi imprese e, dunque, sulla formazione e sull’avanzamento delle tecnologie alla non volontà di creare nuove forme di tutela per i lavoratori e per i loro diritti. Il caso emblematico esposto è proprio quello riguardante le vicende sull’articolo 18 e l’articolo 8, come anche la raccolta firme portata avanti dall’area di Sinistra del paese, riguardo tali questioni. E’ palese che con il governo Monti, le scelte politiche principali sono state quelle di smantellare lo stato sociale e ridurre i diritti dei lavoratori, andando a rendere arbitrarie tutte le condizioni di retribuzione, assunzione, licenziamento o reintegro. Ma non solo: la capolista al Senato di Rifondazione Comunista, per Rivoluzione Civile, sottolinea ancora il caso della riforma delle pensioni, dei tagli previsti alla Sanità pubblica, dei tagli all’Università e alla Istruzione, della scelta di non istituire una vera patrimoniale sui grandi patrimoni e incidere su una reale progressività della tassazione sui redditi. Ma non c’è solo critica: il reddito minimo garantito, come anche la ricostruzione di uno stato sociale efficace, sono punti imprescindibili da cui ripartire.
È ovvio che si sono portate avanti decisioni ben precise, da parte del governo Monti: scelte che vanno in modo chiaro verso un modello neoliberista della società. Ebbene, da quella iniziativa ne sono usciti tutti con un messaggio chiaro: il problema della costruzione di un’alternativa a questo modello di società, a questa visione del mondo, passa inevitabilmente, in primis, attraverso il problema della precarietà, del welfare, nei tempi della crisi economica. E poter pensare alla costruzione di un’alternativa alla realtà attuale significa poter agire insieme a tutti i soggetti che hanno voluto partecipare all’inizio di un percorso che continua con l’iniziativa in questione, ma che dovrà allargarsi a tutte quelle forze sociali e politiche che ne vorranno far parte. Ciò significa continuare, nella quotidianità, a lavorare per il cambiamento, per la costruzione di una Sinistra concreta e reale all’interno di questo paese: è arrivato il momento di scegliere da che parte stare.