Ebbene, un ampio bagaglio culturale, storico e politico che offriva coordinate teoriche e pratiche per orientarsi nel mondo a partire dalla nozione di “umanità” è quello che la sinistra – italiana e non – ha di fatto ereditato nel corso degli anni. Lo abbiamo visto in Grecia nel momento in cui, in nome della giustizia sociale, uno dei punti principali del programma di Syriza era proprio quello di far fronte a una crisi “umanitaria”, crisi determinata da un preciso modello di sviluppo, da precise scelte ideologiche. La battaglia è stata persa, sembrerebbe. Sul piano politico, sicuramente. Ma ciò che la Grecia ha attraversato negli ultimi anni non potrà di certo essere cancellato dalla memoria e dall'esperienza collettiva: forme di mutualismo, economia solidale, nuovi modi di concepire il ruolo della società sono stati fattori che hanno testimoniato la volontà di affermare nuove visioni del mondo. Una volontà che riemerge di fronte al bisogno di procedere verso un società più giusta, più soddisfacente, in cui si possa non solo sopravvivere ma tornare a sperare. Il ruolo della sinistra greca è stato, di certo, essenziale: quelle forme di resistenza ad un modello socio-economico ben preciso hanno potuto superare la loro forma framentaria e fluida e trovare un punto di riferimento entro un partito non tradizionale, che almeno inizialmente ha saputo trasformarle in forze politiche operanti. E questo attraverso un rapporto costantemente biunivoco, di legittimazione reciproca, tra le fasce della popolazione più deboli e le classi dirigenti della sinistra ellenica. Forse questo rapporto si è dissolto? Non sembrerebbe, ancora. Le scelte di Tsipras sono state strategicamente rilevanti, in tal senso. Per prima, quella di rimettere alla scelta degli elettori greci il ruolo di governo di Syriza dopo gli accordi con l'UE.
Cosa sta accadendo, nella nostra penisola, al contrario? Non potremmo capire granchè senza una contestualizzazione storica. Il periodo in cui i movimenti italiani, grosso modo, sembravano poter davvero avere un ruolo non di secondo piano entro i meccanismi di potere esistenti – quei movimenti che riuscirono a conservare una dimensione non frammentaria come quella attuale – sembrano essere stati neutralizzati, a distanza di una ventina d'anni. Gli albori e gli sviluppi del berlusconismo non devono essere dimenticati: quello, in buona sostanza, un momento storico in cui la sinistra italiana – quanto volontariamente, in alcuni casi? - sembra essersi progressivamente allontanata dalle questioni reali del paese, fagocitata da quelle stesse logiche che il berlusconismo ha avallato e fatto proliferare (modi di concepire la realtà, scelte politiche che hanno ampliato il divario tra ricchi evasori e poveri contribuenti, per dirne una). D'altronde lo stesso Berlusconi ha dichiarato, recentemente, che Matteo Renzi – con la sua nuova Legge di Stabilità – non ha fatto altro che “copiarlo”. Non possiamo non citare allora, per rimanere in tema, l'abolizione dell'IMU su tutte le prime case a dispetto di una politica di progressività fiscale (che presuppone il concetto di società “più giusta”, per l'appunto, almeno per come una certa parte politica ne dovrebbe intendere il significato).
Non si pensi che forme di mutualismo, solidarietà economica, forme sociali ed economiche alternative all'esistente non siano presenti anche nel nostro paese: centri occupati, autogestiti, luoghi associativi, dove quotidianamente attività di sostegno, di produzione e di dialogo cercano di difendere la sopravvivenza e la dignità di lavoratori, di precari, di disoccupati. In un momento in cui la politica stessa sembra perdere il suo significato, ricostruirne il senso sembra non poter prescindere da tali esperienze reali. Di certo ancora frammentate, ma che sembrano superare di gran lunga le stesse capacità aggragative, ormai esaurite, di una classe dirigente “di sinistra” ormai non più credibile. Si tenga presente che il fenomeno “Grillo”, in tal senso, ha rappresentato l'esito inevitabile sia del berlusconismo sia della neutralizzazione di movimenti radicali e radicati a sinistra. Potremmo ancora chiederci: l'effetto “Grecia”, in senso negativo dopo gli accordi dell'estate scorsa con L'UE, ha frenato la formazione di un nuovo “soggetto” politico italiano, alternativo e di sinistra? Sicuramente gli entusiasmi sono stati smorzati. Ma fino a quando non si tornerà a ricercare chi sono i “nostri”, entro ogni luogo, ogni territorio, ogni situazione emergenziale non si potrà pretendere che una nuova “Cosa Rossa” italiana possa prendere velocità. Così tanta velocità da poter essere addirittura frenata da eventi o fattori astrattamente vicini, ma realisticamente sempre più distanti dalla vita quotidiana di ognuno.