Ci si trova sempre a disagio di fronte al sistema politico regionale: nella nostra regione è mancata una vera contendibilità delle posizioni per troppo tempo, anche per lo scarso interesse che le singole componenti passate o presenti dell'indiscutibile egemonia di centrosinistra hanno mostrato per il contenderle; esiste un roccioso grado zero liberaldemocratico formatosi dai sedimenti politici accumulati nei decenni e trasformati dalla pressione ora delle disposizioni e degli orientamenti del governo nazionale ora degli interessi delle lobby e dei potentati regionali, non plus ultra.
Considerati i fattori di cui sopra non sorprende che questo periodo pre-elettorale stia mettendo ancora più a disagio molti di noi, come militanti ed elettori della sinistra. Nulla di meglio quindi dell'approfittare di questa testata per rivolgere ai soggetti che andranno a comporre il nascente listone di Toscana a Sinistra alcune brevi domande:
1. Complice la crisi, il senso comune dell'elettore italiano medio negli ultimi tempi è stato stabilmente conquistato dalla retorica anticasta e dalla polemica contro i cosiddetti costi della politica, abilmente fomentata e cavalcata da populisti duri e puri (Berlusconi e Grillo dopo di lui) e populisiti soft (il PD dei governi Letta e Renzi, il premier stesso). Come correlato istituzionale sul territorio ciò ha prodotto prima la cosiddetta abolizione delle Province, poi i deliranti progetti di accorpamento delle Regioni in macroaree e il pesante intervento della riforma costituzionale sul già bistrattato titolo V della Costituzione, che rischia di arrogare al Governo nazionale competenze cruciali in settori in cui, con mille contraddizioni, tra l'altro la Toscana rappresenta una relativa eccellenza. Nel caso la riforma venisse approvata così com'è al referendum confermativo, alle Regioni rimarrebbe poco più di una pur importante ordinaria amministrazione; con sullo sfondo il patto di stabilità interno. Sì, quindi, reputa che l'ampia autonomia goduta dalla nostra (e da tutte) le Regioni sia un bene da difendere o si trova concorde con la retorica di cui sopra, e quindi col disegno renziano? Nell'ipotesi di un'approvazione della riforma costituzionale all'ormai inevitabile referendum confermativo, cosa intende mettere in campo per contrastarne gli effetti, ovvero come intende muoversi nel nuovo assetto istituzionale?
2. Non si può pensare Toscana a sinistra senza – nel bene e nel male – pensare all'esperienza dell'Altra Europa con Tsipras. Tutti conosciamo i limiti di quell'esperienza, comprese le fratture causate dalla (legittima) decisione della Spinelli di non dimettersi come promesso in campagna elettorale. Ora, almeno in Toscana, le spaccature sembrano confinate al passato, almeno nelle intenzioni dei promotori. Ma possiamo, da elettori, sperare di non dover votare l'ennesima accozzaglia destinata a spaccarsi il giorno dopo le elezioni, nonostante l'eterogeneità della lista? E poi, da forza con ogni probabilità di opposizione, Sì si impegnerà a consolidarsi come forza radicalmente alternativa al Partito Democratico, o sogna ancora il dialogo con il partito di Renzi? Questa posizione è condivisa da tutti i componenti?
3. Considerando i dati della scorsa tornata di amministrative, per quanto indicativi, una cosa dovrebbe tormentare elettori, militanti e dirigenti delle forze a sinistra del PD: la progressiva perdita delle grandi città. I dati, con l'eccezione di Livorno e parzialmente di Empoli, sono disarmanti. A Firenze sotto al tutto sommato buon risultato di Tommaso Grassi sta il deludente 4% di SEL e l'1,4% del PRC; a Prato, dove tutta la sinistra s'è nuovamente alleata a sostegno del renzianissimo Biffoni va ancora peggio, SEL 2,5% E PRC+PdCI 1%, e parliamo di due delle città toscane più grandi in assoluto. Non che vada meglio nelle città medio-piccole: Pontedera SEL 2,6% PRC 2,9%; Scandicci SEL 2,5% PRC 1,8%. Guardando ai risultati dell'Altra Europa, più complessivi ma molto meno indicativi, risultati veramente buoni si hanno solo a Pisa, Livorno e Firenze; negli altri capoluoghi di provincia si viaggia intorno al 6-5% (Massa, Carrara, Pistoia, Lucca, Siena) o – con risultati veramente negativi – intorno al 3% (Prato, Arezzo, Grosseto). Il recente storico non fa quindi ben sperare, e complice un inizio di campagna elettorale tardivo e tutt'altro che entusiasmante sui facili ottimismi si addensano spesse nubi. Sì Toscana a sinistra sente la necessità di spiegarsi questo fenomeno, certamente non nuovo ma inquietante, al di là delle elaborazioni delle sue singole componenti? Oppure ha già un'elaborazione condivisa in merito? Come pensa di approcciarsi efficacemente alle città, specialmente alle grandi città? Alla base, sente la necessità di recuperarle?
Crediamo che tra le tante domande che la nostra parte politica dovrebbe porsi, queste di cui abbiamo fatto una breve rassegna siano veramente ineludibili. Ne va del successo elettorale (e non solo) e del futuro della Toscana.
Immagine ripresa liberamente da www.tommasofattori.it