Sinistra Per… di Pisa, Link Siena e Studenti di Sinistra di Firenze per mesi hanno lavorato al Manifesto per il diritto allo studio (sul sito tutte le informazioni): un progetto ambizioso che, avendo dovuto farei conti con i continui cambiamenti di rotta del governo, dal decreto Sblocca Italia al Jobs Act, mette in luce come la gestione degli ultimi anni del welfare e dei servizi dedicati agli studenti toscani vada a svuotare, di fatto, un diritto inderogabile come quello allo studio.
Possiamo affrontare la questione da più punti di vista, partendo da più particolari, per giungere poi sempre alla stessa conclusione: è in atto l’applicazione di un progetto che, partito oramai molti anni fa, da una parte vuole arrivare alla completa liberalizzazione del patrimonio pubblico, favorendo il consequenziale restringimento dei diritti, tra i quali quello allo studio.
Possiamo parlare di finanziamento “generale” al diritto allo studio, andando a vedere come con il Decreto Sblocca Italia e i vincoli imposti dal Patto di Stabilità rischino di condurci ad una situazione nella quale gli unici fondi per il finanziamento del diritto allo studio universitario siano i fondi regionali. Fondi regionali che, sempre per le politiche di austerity imposte dal governo centrale e che per la necessità di pareggio di bilancio, andranno sempre più assottigliandosi. È esattamente quello che è successo in Toscana dove di fatto l’ARDSU ha tagliato fondi regionali per un totale di 500 milioni di euro impedendo gli esonero dal Patto di Stabilità.
Possiamo parlare, nello specifico, di diritto all’abitare: in Toscana, che pure è considerato un modello virtuoso, molti sono gli studenti che, pur essendo vincitori di borse di studio, di fatto restano scoperti. Questo perché la destinazione di immobili e l’utilizzo di questi per fini pubblici sono concetti oramai del tutto estranei alle pratiche politiche di questa Giunta. Per costruire e ristrutturare alloggi servono investimenti e un’ottica di medio periodo, arrendersi ad una situazione che vede, come ad esempio nel caso pisano, l’80% dei borsisti senza alloggio e cercare di “tamponare” con contributi di circa 160 euro a studenti che, oltre a non essere minimamente sufficienti, distorcono completamente il mercato immobiliare a favore dei proprietari, non comporta gli stessi "problemi".
Possiamo parlare di un trasporto pubblico che fa acqua da tutte le parti. Mentre si decide di spendere milioni di euro nel progetto dell’Alta Velocità fiorentina, il trasporto regionale resta anni luce indietro, caratterizzato da treni vecchi, in perenne ritardo e con frequenze imbarazzanti. A questo si aggiunge, ad esempio a Firenze, un trasporto pubblico cittadino che, risentendo pesantemente della privatizzazione di Ataf, non permette agli studenti di spostarsi in orario di lezione tra le varie sedi dislocate sul territorio fiorentino.
Possiamo parlare di ristorazione e di come la gestione diretta delle mense universitarie stia diventando in Toscana cosa più unica che rara. Oltre a non esserci spazi adeguati, spesso le sedi sono sprovviste di mense. Dove le sedi ci sono, succede che il servizio venga appaltato (con notevoli conseguenze anche sulle condizioni di lavoro dei dipendenti). Anche l’applicazione della fasciazione ISEE per l’accesso al servizio di mensa, decisione sulla quale l’Agenzia Regionale per il Diritto allo Studio non ha aperto neppure un minimo spiraglio di dialogo a fronte delle controproposte concrete fatte, si nasconde dietro una falsa parvenza di equità puntando in realtà ad un risparmio complessivo dovuto alla sostanziale richiesta da parte degli studenti.
Il punto quindi, da qualunque prospettiva si decida di analizzare la cosa, è sempre lo stesso: il governo regionale toscano, sulla scia delle direttive imposte a livello nazionale, sta di fatto portando alla distruzione del modello virtuoso della Regione. I fondi destinati a coprire le borse di studio magari resteranno anche invariati, ma parallelamente si sta distruggendo tutta quella rete di servizi che garantivano un accesso trasversale ed universalistico all’istruzione universitaria. Anche il PD di Rossi, che fino al rimpasto di giunta del 2014 era considerato “di sinistra”, in Toscana si è adagiato sulla logica del “dover far tornare i conti”: qualunque ragionamento politico e sistemico, che cerchi di dare soluzioni che siano qualcosa di più che specchietti per le allodole, viene rifuggito in nome del “non ci sono soldi, non possiamo farci niente”. E il tutto viene, con molta facilità, data quella che è la media del servizio di informazione, nascosto dietro una mielosa esaltazione della meritocrazia, panacea di tutti i mali, che permetterà di fare una vera selezione, mandando avanti solo quelli veramente in gamba e manderà gli altri a lavorare (tanto ora c’è anche il Jobs Act, n.d.r.).
La vera sfida da lanciare, anche in occasione delle elezioni regionali, è quella di riportare a livello di dibattito pubblico il tema del diritto allo studio, inteso però veramente come diritto universale da garantire attraverso servizi ed investimenti e come punto dirimente da cui dipende il futuro di questo Paese. Non solo una questione di conti che devono tornare ma è una questione politica, nel senso più nobile e profondo del termine. Proprio per questo il Manifesto per il Diritto allo Studio merita la maggiore diffusione possibile.