Lunedì, 20 Luglio 2015 00:00

Ignoranza presa a calci

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Di Francesca Gabbriellini e Andrea Incorvaia

Ignoranza presa a calci

Le immagine giunteci da Treviso e da Roma lasciano l’amaro in bocca, un misto di rabbia e incredulità. A nemmeno cent’anni dalla “notte dei cristalli” la serpe del fascismo, dell’odio e della violenza torna prepotente sulla scena. Pisa tre settimane fa ha ospitato per la decima edizione un torneo di calcio a 5 che va oltre il mero rotolare di un pallone. Il mundialito antirazzista, un classico ormai; il Mondiale Rebelde: evento importante organizzato al principio di ogni estate dal Progetto Rebeldia. Quest’edizione ha rappresentato un punto di arrivo ma allo stesso tempo un punto di partenza: dieci anni di esperienza, lotte al fianco di associazioni e comunità migranti condensati in un anno particolare, con l’emergenza umanitaria in pieno sviluppo e la necessità di dare risposte concrete che partano anche dallo sport. Il mundialito ha visto il solito splendido agonismo legato alla fantastica correttezza tenuta in campo dai partecipanti: un mix perfetto tra squadre “migranti” (Kurdistan, Senegal, Romania, Eritrea, Albania, Brasile, Marocco) e squadre composte da associazioni (Libera, Emergency, Arci ragazzi, Il nodo collettivo, Radio Roarr, Africa Insieme e così via). Per la cronaca da campo questa decima edizione ha visto il successo bissato della Romania, che in finale ha sconfitto il Kurdistan 8-6. Terza piazza per l’Arci ragazzi i quali hanno battuto nella finalina il Senegal e la simbolica “Coppa Terzo Tempo” che ha visto sfidarsi le squadre che meglio hanno interpretato lo spirito del Mondiale, dove a trionfare è stata la squadra di Africa Unita contro Contratto Sociale. 

L’incipit della manifestazione è stato a dir poco coinvolgente poiché ha visto il suo battesimo nella sfida inaugurale (e amichevole) tra la storica formazione del progetto Rebeldia; la Dinamo 633 e la squadra dei migranti provenienti dalla piana rosarnina; La Koa Bosco.
In questi tribolati giorni, che parlano di razzismo e odio abbiamo avuto la fortuna di intervistare questi fratelli e devo dire che raccontare l’esperienza vissuta ha dello straordinario; in primis perché l’intervista realizzata ai ragazzi dell’ ASD Koa Bosco ha un valore simbolico incredibile, in secondo luogo perché lancia un messaggio di solidarietà travalicante mari terre, bandiere e confini. Una delle realtà calcistiche più sorprendenti dell’ultimo anno, non solo per il valore sportivo e la forza che questi ragazzi hanno saputo dimostrare nella regular season, ma anche e soprattutto per il simbolo riconosciuto da tanti (il The Guardian ha realizzato un articolo ad hoc a tal proposito) come collettivo baluardo nella difficile ed impervia lotta al razzismo e all’ignoranza (termine su cui torneremo nell’intervista).

L’arrivo dei ragazzi di Rosarno, perché di giorno sono umilissimi braccianti agricoli della piana più famosa (ahimè non per positive notizie) d’Italia, mentre la domenica calcano i campi dilettantistici regionali, sfoderando una grinta e una voglia di divertirsi degna del leone, re della savana. Quest’anno non poteva aprirsi meglio il Mondiale Rebelde, storica manifestazione arrivata alla sua decima edizione. Torneo sinonimo di lotta al razzismo, alle disuguaglianze e al fascismo segno vivo di una comunità decisa a reagire a logiche spesso “disumane”.
Le risposte di Ibra e Co. Hanno lasciato un segno forte, l’idea concreta che effettivamente i sogni sono la stessa base della rivoluzione, e che lo sport è realmente un veicolo sociale potentissimo.

1) Ragazzi quando siete arrivati in Italia?

Siamo tutti arrivati in Italia tra il 2010 e il 2014, molti di noi sono riusciti ad arrivare nel vostro paese tramite il Decreto Flussi. Abbiamo esperienze variegate al nostro interno, molti di noi hanno girato la penisola: Brescia, Piacenza, Padova, Modena, Napoli, Catania, Palermo e cosi via da Nord a Sud. Ci siamo ricongiunti alle nostre famiglie per tenere viva la speranza di un futuro diverso. Solo lui (si riferiscono al ragazzo ghanese, ndr) è arrivato con i barconi seguendo ancora più di tutti il “viaggio della speranza” .

2) Cosa significa il nome della squadra?

Il nome della squadra è stato coniato da Don Roberto Meduri, si riferisce in pratica alla parrocchia dove egli officia le sue funzioni religiose, la chiesa di Sant’ Antonio da Padova, situata nella contrada Bosco di Rosarno. Il nome, nello specifico, vuol dire “Cavalieri dell’altare”.

3) Come e quando avete deciso di iscrivere la squadra?

Il progetto è nato con l’interessamento di tante persone le quali hanno voluto dare un segnale forte e diverso per una zona calda, interessata dalla rivolta “schiavistica” del 2012. Don Roberto e tante persone di buona volontà che hanno deciso di fiondarsi in questa bellissima avventura di fratellanza e solidarietà. La squadra è stata iscritta per la prima volta al campionato nazionale della Lega dilettanti di terza categoria, l’anno precedente questo appena passato. L’esordio ci ha visti arrivare praticamente sul podio, quest’anno siamo riusciti ad arrivare in fondo e a prenderci la promozione, una gioia incredibile.

4) La ribalta nazionale (e internazionale) è purtroppo arrivata all’inizio per un bruttissimo episodio di razzismo. Cosa pensate di tutto ciò?

L’episodio a cui fate riferimento è avvenuto nella partita con la Vigor Paravati: ci insultavano ci deridevano ci dicevano “andate a raccogliere arance invece di giocare a pallone”. Tutto questo però noi non lo chiamiamo razzismo sarebbe come dare importanza a questi dubbi personaggi, per noi questa degenerazione è solo sinonimo di ignoranza. Se a un personaggio del genere dai del razzista a momenti gli fai un favore, dar dell’ignorante ha invece un senso ben più forte oltre che essere un termine appropriato (ridono nel frattempo, ndr ).

5) Il valore dello sport secondo voi.

È sicuramente il dato più interessante perché il valore dello sport oggi può assolutamente essere veicolo di messaggi positivi e perché no, portare l’idea della necessità di un mondo più giusto. Lo sport ci ha permesso di incontrare, conoscere e condividere pensieri con molte persone ha arricchito ognuno di noi, un tesoro incredibile. Siamo poi rimasti affascinati dalla correttezza della finale di Champions gli sconfitti che abbracciano e consolano i vincitori, che bello!

Ringraziamo i ragazzi della Koa Bosco, le loro storie i loro racconti, i loro sorrisi una luce di speranza. Fratelli in cerca di futuro, un futuro che ci vede sulla stessa “barca” in balia delle onde è vero ma pronti a tenersi mano per mano affinché il nostro sogno, quello collettivo senza bandiere, razze e colori non affondi mai.

 Immagine tratta da www.pisanews.net

Ultima modifica il Domenica, 19 Luglio 2015 16:17
Beccai

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